Relazione del 1785

Nicolò Zanchi

Magistrato dè Deputati sopra le Minere

-Anno 1785-

 

 

 

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ZANCHI TERZA PARTE

 

 

Presentazione della ‘RELAZIONE ZANCHI’:

 

           Viene di seguito posta a disposizione del lettore una relazione di Nicolò Zanchi, Sopraintendente a tutte le miniere della Repubblica di Venezia, che proviene dalla biblioteca del Museo Correr di Venezia. Lo scritto riguarda eventi accaduti, e interventi da attuarsi, in Valle Imperina. La relazione, stesa nel 1785, si compone di tre parti; dalla lettura risulta palese che tra la prima e le altre parti passa un certo lasso di tempo.

              In linea di massima, le abbreviazioni sono state sciolte per intero, salvo alcune sigle riportate col punto di domanda; sono state lasciate le maiuscole anche per le parole comuni; la scrittura  rispecchia l'ortografia della metà del settecento nel Veneto.

Analizzando sommariamente la relazione, in essa lo Zanchi mostra una convinta difesa degli interessi della Repubblica Veneta dimostrando un appassionato coinvolgimento personale nella gestione della Miniera agordina, sia per rimediare ai disastri naturali che alla cattiva gestione dell'impresa.

Nella prima parte, l'autore informa il Serenisssimo Principe e i Massimi, et Eccellentissimi Signori Capi dell’Eccelso Consiglio di Dieci del dissesto avvenuto poco tempo prima nel sito minerario, avvisa degli interventi-tampone già realizzati, richiede urgentemente finanziamenti per ulteriori opere necessarie quali rivestire l'alveo e le rive del torrente, aprire un fosso di ripiena e altro.

Nella seconda parte, la più estesa, allo scopo di perorare interventi finanziari e di indirizzo della miniera di Valle Imperina, propone ai destinatari della relazione un interessante sunto della storia del Sito Minerario a dimostrazione della sua importanza economica per la Repubblica Veneta. Non risparmia nemmeno valutazioni negative sia sul reggimento che sui progetti attuati in passato e propone nuove impostazioni di conduzione e opere essenziali per un più fruttifero utilizzo dei fondi pubblici; cerca di rendere più accettabile l'esborso richiesto citando il più redditizio metodo di arrostimento e fusione del minerale estratto, metodo da lui stesso proposto in una precedente relazione.

Nella terza parte, riprende l'argomento del già sperimentato nuovo metodo di fusione (attuato su di un dodicesimo del minerale estratto in un anno) e, con una capillare analisi, ne dimostra il vantaggio economico. Invita caldamente ad un sopralluogo i Deputati alle Minere per trattare con cognizione di causa argomenti urgenti quali le vertenze aperte con la famiglia Crotta, lo stato dei sotterranei, l'aggiornamento delle leggi minerarie, la verifica dei nuovi metodi fusori, le nuove fabbriche da erigere e l'esame dei boschi necessari alla Miniera, cioè una serie di interventi a tutto campo.

Si tratta di una relazione, ricca di suggestioni, che permette di osservare uno spaccato dei rapporti esistenti tra un devoto funzionario e il centro del potere veneziano; tra l’altro mette in mostra quanto ossequiosamente dovevano essere proposte le richieste e quanto fosse lenta la risposta se non addirittura ignorata, nonostante l'urgenza prospettata: risulta evidente da parte del potere centrale un comportamento misto di gestione paternalistica, propria della classe nobiliare e aristocratica, e di arcaico sfruttamento, portato a livelli di povertà assoluta fino alla noncuranza per la vita dei minatori. 

La posizione dello Zanchi, tecnico capace e imprenditore dal taglio moderno, sembra ambivalente ma non lo è poiché da una parte vede l'efficienza quale condizione necessaria da raggiungere, e a tale scopo, oltre che rimediare ai danni strutturali occorsi allo stabilimento, ricorda di aver già proposto l'abolizione della insolidazione cioè di sciogliere la corporazione medievale dei canòpi, comprendente i cavadori, i battipali, i saiberi, i cernidori, gli smilceri e altri, e di attuare una modernizzazione dell'organizzazione del lavoro che renda più dipendente, controllata e produttiva la manodopera impiegata, e dall'altra incita con veemenza il Serenisssimo Principe e i Massimi, et Eccellentissimi Signori Capi dell’Eccelso Consiglio di Dieci a obbligare i recalcitranti nobili, proprietari privati delle altre miniere di Valle Imperina, che esercitano l'attività in modo irrazionale e di solo meschino oggetto delle utilità del presente, ad accollarsi i costi dei necessari interventi in proporzione alla loro parte di proprietà, fatto non molto congeniale alla mentalità dei nobili veneziani; giunge persino a suggerire  la statalizzazione delle gallerie private di eduzione delle acque, in quanto necessarie alla Pubblica Minera.

Dalla relazione risulta insomma una vigorosa figura di moderno imprenditore di Stato, intensamente appassionato al proprio lavoro, poco compreso da un potere centrale che non sta al passo con i tempi; per Nicolò Zanchi impiegare capitali per sperimentare e attuare nuovi metodi produttivi, dare sicurezza ai minatori, rifornirli degli strumenti necessari per un lavoro efficiente e contemporaneamente togliere loro l'antica dignità della corporazione di appartenenza rendendoli solo efficaci ingranaggi di un processo lavorativo, fa un tutt'uno con l'interesse della Repubblica: il dire dello Zanchi costituisce un esemplare annuncio della fine dell'organizzazione medievale del lavoro e dell'inizio dell'organizzazione moderna e razionale dell'impresa capitalistica.

E infatti i tempi stanno mutando in tutta Europa, la Rivoluzione Francese avverrà dopo soli quattro anni: la Serenissima Repubblica è giunta alla fine della sua storia, durerà ancora una decina d'anni, è durata un millennio.                                                                                                                        

                                                                                                                        Gabriele Fogliata

 

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