IL RIPARO DEL COLAZ: UN SITO ARCHEOLOGICO A LUNGA FREQUENTAZIONE

 

Localizzazione e geomorfologia generale del sito  
La Val del Mus vista dalla Val Vescovà (Fig. 5)

 Il Riparo del Colaz si trova nel comune di Sedico, ad una altitudine di circa 800 m s.l.m., sul fianco sinistro di una stretta vallecola fluviale incassata tra i rilievi del Colaz e del Col Much (Fig. 5).

Il substrato roccioso entro il quale si apre il riparo è costituito dalla Dolomia Principale, formazione di età triassica formatasi in ambiente di piattaforma carbonatica, ed interessata da profondi processi di dolomitizzazione. Tale litologia, insieme alle caratteristiche tettonico-strutturali, determina l’assetto geomorfologico della regione. Infatti i rilievi sono caratterizzati da alte pareti verticali di chiara origine tettonica, e sono intervallati da corsi d’acqua a carattere torrentizio generalmente impostati su linee di frattura. L’incisione valliva prospiciente il riparo rispetta completamente  tale  assetto essendo caratterizzata da fianchi verticali e da un andamento determinato dal sistema di faglie e fratture.             

L’area del riparo si trova su un terrazzo strutturale in roccia, immediatamente a valle della  curva verso destra di un torrente, nel punto in cui esso, uscendo dalla forra, aumenta la pendenza per confluire nella sottostante Valle del Mus. I depositi posti alla base del riparo non sono però stati erosi dall’azione del torrente, perché ubicati  a una quota più alta rispetto al letto fluviale; inoltre una sporgenza in roccia proprio in corrispondenza della curva ha impedito al torrente di esondare in questo punto, preservando quindi i depositi geoarcheologici dall’azione erosiva dell’acqua negli episodi di piena. Infatti il deposito posto alla base del riparo è completamente asciutto, polverulento, quasi del tutto privo di colonizzazione vegetale: tali evidenze indicano l’assenza pressoché totale di umidità o di venute d’acqua. L’area del riparo resta asciutta perfino durante le precipitazioni: l’aggetto sporge di soli quattro metri circa rispetto alla parete interna del riparo, ma la morfologia della parete rocciosa soprastante impedisce all’acqua di scorrere al suo interno.

Inoltre il riparo è esposto a sud-ovest, più soggetto quindi all’azione dei raggi solari. Sulla parete interna non si notano concrezioni attive o altri indizi che facciano pensare ad uno stillicidio di origine carsica; sono presenti soltanto concrezioni fossili molto piccole (circa 5 mm). Le fratture della roccia sono generalmente chiuse, a denotare un sistema tettonico compressivo; le poche aperte sono completamente asciutte, se si eccettua quella nell’angolo sud del riparo, solo leggermente umida. Sulla superficie del deposito sono inoltre  risultate del tutto assenti le conchette di stillicidio.

La marcata aridità del riparo si può dunque spiegare con l’insieme di tali fattori, i quali determinano le caratteristiche di incoerenza e scarsa compattezza del deposito archeologico. Infatti la porzione superficiale del deposito del riparo è costituita da un sottile strato di placchette angolari di roccia, staccatesi dalle pareti a causa del termoclastismo che si verifica durante la stagione invernale: l’esposizione a Sud del riparo determina alte escursioni termiche per cui l’umidità tra le fessure della roccia, congelando, aumenta di volume e determina il distacco delle placchette. Sono riconoscibili sulle pareti alcune delle superfici di distacco.

L’insieme dei dati presentati costituisce una condizione ambientale ottimale per la conservazione del deposito originale. In realtà esso risulta compromesso nel suo assetto   da un movimento franoso con scivolamento verso il basso, perciò il deposito archeologico  risulta conservato solo nell’area a ridosso della parete interna del riparo. E’ tra l’altro visibile una rottura di pendenza sulla superficie del deposito, presumibilmente coincidente con la superficie di distacco del corpo franato.

Giulio Di Anastasio

n°16