La documentazione
archeologica
La documentazione archeologica finora rinvenuta alla base del deposito archeologico è costituita nella quasi totalità da frammenti ceramici pertinenti a vasellame domestico d’impasto mediamente grossolano; assai scarsi sono i resti di pasto costituiti da faune che presentano un elevato grado di frammentazione e pertanto di difficile determinazione circa le specie di appartenenza. Inoltre il consistente deposito di carbone e cenere, formatosi a seguito dell’utilizzo del riparo da parte dei carbonai agli inizi del Novecento, avrebbe inquinato il deposito per quanto riguarda gli aspetti paleobotanici sottraendoci la possibilità di ricostruire, nei diversi periodi, l’ambiente antico circostante il riparo stesso. Tuttavia l’abbondante materiale ceramico, seppure rinvenuto con un elevato grado di frammentazione, ci consente di stabilire con esattezza i diversi momenti cronologici nei quali l’uomo antico fu spinto a utilizzare come ricovero il Riparo del Colaz e di indicarne le motivazioni della sua frequentazione stagionale per periodi così lunghi. A tale scopo si prenderà in considerazione il vasellame ceramico sia sotto il profilo cronologico sia dal punto di vista tipologico e funzionale.
La più antica frequentazione del riparo da parte dell’uomo abbraccia i secoli della tarda età del Bronzo (XII-XI sec. a.C.) ed è rappresentata principalmente da olle, cioè da forme ceramiche utilizzate di norma per lo stoccaggio e la cottura delle derrate alimentari. Seppure in numero molto limitato sono rappresentate pure le scodelle che potevano assolvere alla funzione sia di coperchi sia di vasi per il consumo dei cibi (fig. 6).
Fig.6 Reperti recuperati nel 2004 al Riparo Colaz:
pareti di olle e coperchi (disegni di Valentina Cocco)
L’elevata quantità di frammenti ceramici riferibili a tale periodo si diluisce pertanto in un ampio excursus cronologico, mentre la selezione delle forme ceramiche alquanto ristretta (olle e scodelle) rispetto alle tipologie attestate di norma negli abitati permanenti, ci consente di ipotizzare un uso che potrebbe essere connesso anche con la lavorazione del latte.
Il vasellame della seconda età del Ferro è presente nel deposito archeologico in minore quantità: ciò può essere imputato sia a una frequentazione di più breve periodo rispetto alle età precedenti sia al parziale asporto del deposito già in antico. Tale documentazione è costituita da olle e da alcuni coperchi, vale a dire da vasellame con caratteristiche funzionali compatibili con la bollitura di derrate alimentari liquide quali il latte.
Le
testimonianze archeologiche delle età successive (età basso-medievale e
moderna) sono alquanto scarse e con un grado di frammentazione così elevato da
non consentire alcuna determinazione tipologica.
I risultati delle indagini archeologiche condotte nel Riparo del Colaz, interfacciate ai dati storici derivanti da uno studio demoetnoantropologico del territorio montano posto sulla destra idrografica del torrente Cordevole tra i centri di Agordo e Sedico, consentono di individuare una zona a elevata vocazione silvo-pastorale fin dalla lontana preistoria. I dati archeologici del Riparo del Colaz, interfacciati con quelli provenienti dagli altri ripari dei Monti del Sole, anche se i depositi archeologici di
questi ultimi sono stati indagati per il momento solo superficialmente, consentono di individuare le prime forme di transumanza e di alpeggio alle soglie dell’Agordino della fine del II millennio a.C. La frequentazione di territori posti alle quote montane medio-alte dovette avere carattere stagionale, anche se di lungo periodo, ed avvenire ad opera di gruppi umani già stanziati in modo permanente negli abitati di fondo-valle e nei siti collinari del Bellunese.
La
seconda occupazione del Riparo del Colaz, anche se di breve durata a valutare
dalla consistenza delle testimonianze archeologiche, corrisponde a una fase
avanzata della seconda età del Ferro, verosimilmente tra V e IV secolo a.C.,
vale a dire a una fase di massima espansione della Cultura dei Veneti antichi.
Anche in questo caso dovette trattarsi di una frequentazione stagionale del
riparo e del territorio montano dell’Agordino più in generale per lo
sfruttamento delle risorse a fini silvo-pastorali. In entrambi i periodi (tarda
età del Bronzo e seconda età del
Ferro) il Riparo del Colaz fu adattato
ad abitazione temporanea per il gruppo umano che vi soggiornava durante la
stagione propizia, verosimilmente tra la tarda primavera e l’estate. Con
un termine moderno potremmo definire
tale abitazione “maiolera o
mandriz ”.
L’asprezza
dei luoghi, con una vegetazione
tuttora alquanto scarsa, non dovette costituire un ostacolo allo sfruttamento
delle risorse naturali da parte dell’uomo
antico dal momento che anche gli arbusti, al pari del pascolo,
potevano venire sfruttati dai capi di bestiame,
che possiamo assai verosimilmente ritenere costituiti da capro-ovini
piuttosto che da bovini.
Dalla
documentazione archeologica proveniente da siti coevi in
zone di montagna (in particolare dal Trentino) è noto che l’uomo
dell’età del Bronzo e della successiva età del Ferro conosceva
le tecniche di lavorazione del latte e ne consumava i suoi prodotti.
L’elevata
selezione delle forme ceramiche rinvenute al Riparo del Colaz, costituite
principalmente da olle e da coperchi, vale a dire da recipienti idonei alla
conservazione e all’ebollizione sul focolare di derrate alimentari liquide,
costituisce un indicatore da non trascurare. Come documentano i dati
archeologici la funzione prevalente del
riparo quale ricovero per pastori dovette persistere anche nelle successive età
medievale-rinascimentale e moderna. Si tratta di periodi caratterizzati da un
diffuso pastoralismo che veniva praticato fino
alle quote montane medio-alte ed era
connesso per lo più a momenti di difficoltà economiche per
crisi climatiche, eventi bellici oppure
per notevole incremento demografico, fattori che determinavano uno sfruttamento
particolarmente intenso del territorio.
Elodia Bianchin Citton