GENESI DEI GIACIMENTI MINERARI DOLOMITICI

- prima parte della conferenza del 31 gennaio 2004 -

Un tema così complesso come la genesi dei giacimenti in area dolomitica, di cui l’inquadramento geologico non è ancora completamente chiarito, richiederebbe spazi e approfondimenti che in queste poche righe non possono trovare adeguata illustrazione.

Difficile compito quindi quello di riassumere, nel modo più semplice possibile, concetti che, anche a persone che già conoscono almeno superficialmente il tema trattato, risultano particolarmente ostici e che riguardano la genesi dei giacimenti ed il contesto geologico che caratterizza questi ultimi.

L’area di interesse è complessivamente quella “dolomitica”, mentre il periodo interessato è quello compreso tra l’Anisico e il Carnico (Trias medio-superiore) e quindi in un periodo compreso tra 240 e 220 milioni di anni fa circa.

Le mineralizzazioni trattate sono principalmente quelle a Piombo e Zinco e in misura minore quelle a Ferro e Rame.

Per un primo approccio occorre esplicitare alcuni termini che hanno un preciso significato dal punto di vista giacimentologico:

Giacimento minerale: porzione di crosta terrestre dove uno o alcuni minerali si trovano concentrati con particolare abbondanza.

Giacimento minerario: concentrazione naturale, industrialmente sfruttabile, di sostanze minerali utili. Un giacimento minerale può quindi divenire minerario, o viceversa, in relazione a fattori, essenzialmente umani, capaci di influire sulla sua coltivabilità. Non tutti i minerali contenenti un determinato elemento possono definirsi minerali utili; ad es. la pirite contiene moltissimo ferro ma non è un minerale utile per tale elemento! (addirittura dannosa per la presenza di zolfo).

Il tenore minimo coltivabile indica la più bassa percentuale possibile di quell’elemento affinché il recupero industriale diventi economico. Tale percentuale dipende da fattori geologici, giacimentologici, tecnici ed economici: è quindi variabile nel tempo.

La formazione di un giacimento minerario deriva da una serie di processi tali da formare, nel loro complesso, una prima pre-concentrazione a cui seguono, di norma, dei fenomeni che consentono la genesi del giacimento così come è osservabile attualmente; tra questi ultimi ricordiamo: i fenomeni carsici, le rimobilizzazioni metamorfiche, i fenomeni tettonici ed infine le reazioni e gli scambi di tipo chimico.

In ambito dolomitico hanno sempre dimostrato particolare evidenza le concentrazioni di minerali metallici, generate da fenomeni di migrazione e cattura di ioni metallici, soprattutto in zone così dette di “transizione” tra le antiche scogliere dolomitiche ed i bacini marini ove si sedimentavano invece depositi di tipo terrigeno.

Queste particolari aree, che fin dall’antichità venivano considerate come zone “fertili” dal punto di vista minerario, vedono in area dolomitica una nutrita serie di concentrazioni di solfuri metallici, la totalità delle quali non attualmente coltivabili.

Le spiegazioni di tipo chimico in merito a questo fenomeno hanno da tempo abbandonato le teorie di tipo “vulcanico”, che interpretavano tali giacimenti come originatisi da deposizioni idrotermali, per passare a interpretazioni di tipo “sedimentario”, almeno per la deposizione finale del giacimento. Si tratta quindi di concentrazioni di minerali legate alla sedimentazione in ambiente “freddo” e poste in prossimità del margine tra piattaforma carbonatica e bacino marino aperto.

In queste aree ristrette potevano frequentemente presentarsi condizioni “anossiche” cioè prive di ossigeno dove, a causa della putrefazione di organismi animali o vegetali, si formavano delle particolari concentrazioni di zolfo per l’azione di specifici batteri detti “solfo-riduttori”.

L’incontro tra soluzioni ricche di ioni metallici e di ioni di zolfo liberi causava come effetto immediato la formazione di solfuri metallici che, non potendo rimanere in soluzione acquosa, precipitavano in loco, e quindi in corrispondenza del margine della piattaforma carbonatica.

Durante il Trias medio (235-220 Milioni di anni fa) tali condizioni si sono verificate in quasi tutta l’area dolomitica dove, grazie alla presenza di ioni metallici provenienti da alcune aree emerse a sud, si è avuta la particolare condizione di un continuo apporto di soluzioni ricche di metalli.

Le formazioni di scogliera che si sono succedute in area dolomitica nel Trias medio e che quindi possono presentare concentrazioni minerali in corrispondenza dei rispettivi margini sono, dalla più recente alla più antica:

Dolomia Cassiana superiore

Dolomia Cassiana Inferiore;

Dolomia dello Sciliar

Formazione di Contrin;

Dolomia del Serla superiore;

Numerose sono le possibilità di osservare queste formazioni in affioramento nell’area dolomitica, così come numerosi sono i casi in cui a tali formazioni si affiancano a sedimenti di bacino marino in eteropia di facies (rocce diverse ma di età uguale affiancate, non per motivi tettonici, in affioramento).

Nelle immagini seguenti portiamo l’esempio soltanto di due dei numerosi casi riscontrabili in area dolomitica; il primo riguarda la famosa zona del Col Piombin nei pressi del Passo Giau .

In questo caso si assiste alla presenza di rocce carbonatiche di scogliera, rappresentate dalla Dolomia dello Sciliar, affiancate da potenti depositi vulcanici, che nel caso specifico sono stati in parte dislocati da fenomeni tettonici; l’immagine evidenzia questo contatto ed è stata ripresa dalla sommità del Col Piombin ove sono frequenti gli affioramenti a solfuro di Piombo proprio a evidenziare la situazione descritta nei paragrafi precedenti.

Un secondo caso abbastanza famoso è rappresentato dal contatto molto evidente e studiato, sempre tra Dolomia dello Sciliar e formazioni di bacino, della valle di San Lucano dove, in corrispondenza della valle di Gardes, si assiste al netto contatto tra le due diverse formazioni.

Anche in questo caso vi sono alcuni modesti adunamenti minerari di solfuri, di cui è stata anche tentata l’estrazione in tempi storici, ma che testimoniano ancora la “fertilità” di queste aree di contatto.

In effetti la tormentata paleogeografia dell’area dolomitica nel Trias medio ha fatto sì che fossero numerose le “trappole” dove gli ioni metallici potessero fermarsi impedendo così, di fatto, la formazione di uno o più adunamenti di più grossa entità e quindi coltivabili con maggiore profitto nei nostri tempi.

Nella zona agordina sono numerosi gli affioramenti di solfuri metallici a concentrazioni anche elevate; però solamente in uno o due casi si è di fronte ad ammassi complessivi, anche se modesti, di minerale utile.

La esiguità dei giacimenti presenti non esclude ovviamente che in tempi storici, o preistorici, siano stati considerati di altra rilevanza e valenza economica dagli uomini che in quegli anni frequentavano le nostre montagne.

Maurizio Olivotto

 

                                                                                         

 

Situazione geologica nei pressi del Col Piombin

 

 

 

 

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