NECROPOLI LONGOBARDE IN ITALIA
Indirizzi della ricerca e nuovi dati - SECONDA PARTE
Atti del Convegno Internazionale
26 - 28 settembre 2011 Castello del Buonconsiglio, Trento
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO CASTELLO DEL BUONCONSIGLIO
MONUMENTI E COLLEZIONI PROVINCIALI 2014
Lo scavo delle sepolture
di Ponte nelle Alpi, località Reveane (BL )
L’attuale centro abitato di Reveane è localizzato alle pendici sud-occidentali del Monte Dolada, a una quota media di circa 450 metri s.l.m., in posizione lievemente rilevata rispetto al fondovalle solcato dal canale Cellina.
Il luogo, caratterizzato da una esposizione privilegiata dal punto di vista ambientale, attualmente e contraddistinto da un impatto edilizio limitato a edifici decentrati, o talvolta raggruppati in agglomerati di modesta entità, ai quali si interpongono vaste radure prative, suddivise in appezzamenti caratterizzati da sviluppi planimetrici stretti e allungati in senso est-ovest e nord-ovest/sud-est, paralleli all’andamento della valle. Si tratta di chiari indizi dell’adattamento del tessuto antropico ai terrazzi di origine glaciale, particolarmente evidenti proprio a partire dal tratto della strada comunale che costituisce il limite sud dell’area indagata. Occupa uno di questi terrazzi il sito emerso nell’autunno del 2004, in seguito al ritrovamento fortuito di una sepoltura di epoca longobarda (tomba 1), e parzialmente indagato l’anno successivo con uno scavo in estensione(49).
L’intervento e stato effettuato all’interno di un’area a pianta rettangolare con dimensioni pari a 12 x 9 m estendendo lo scavo della tomba 1 verso nord e verso est. Nell’estremità sud dell’area indagata, al di sotto dell’attuale orizzonte di suolo e degli apporti di epoca contemporanea, vennero alla luce tre sepolture a inumazione allineate lungo un asse nord-ovest/sud-est, mentre la parte centro-settentrionale era occupata da un edificio a pianta rettangolare denominato struttura A.
Le sepolture 1, 2 e 3 risultavano conservate, anche se non integralmente, tra l’intacco per la realizzazione di opere di sottoservizi a nord e lo scasso per la messa in opera del muro di contenimento della strada a sud (fig. 4).
Gli inumati della tomba 1 e della tomba 2 erano stati deposti all’interno di casse litiche realizzate in scaglie irregolari di arenaria, infisse verticalmente senza utilizzo di legante. Nella tomba 1 alcune lastre di arenaria disposte in orizzontale, peraltro estremamente frammentarie, testimoniano la presenza di una copertura. La tomba 3 consisteva in una fossa terragna, delimitata da scaglie di arenaria e ciottoli, caratterizzati dalla pezzatura di dimensioni complessivamente inferiori rispetto a quella utilizzata nelle altre sepolture.
La più importante delle sepolture, per stato di conservazione e qualità del corredo, è la tomba 1 (fig. 5). Della cassa litica restavano soltanto i lati sud-est e nord-ovest, rispettivamente ai piedi e presso il capo dell’ inumato. Quest’ultimo giaceva in posizione supina con gli arti superiori paralleli al corpo e gli arti inferiori distesi e paralleli; il palmo della mano sinistra era rivolto verso l’alto mentre quello destro era appoggiato all’anca. Il capo, a sua volta, era reclinato verso sinistra con la mandibola ancora parzialmente in connessione
fig. 16 Belluno. Palazzo Fulcis.
Calice in vetro dalla tomba 1
(Foto Claudio Mella, SBAV).
La deposizione è avvenuta con ogni probabilità in uno spazio vuoto, come si può desumere dallo scivolamento delle teste dei femori verso l’esterno, dall’appiattimento delle anche e dalla posizione delle rotule. Il riempimento terragno risultava essere infatti l’esito dell’infiltrazione di terreno tra le fessure della cassa litica e della copertura anch’ essa realizzata in scaglie di arenaria. Sulla base dell’ esame autoptico eseguito sul campo, e stato possibile riferire i resti scheletrici a un soggetto maschile avente un’età compresa tra i 25 e i 30 anni (50). Il corredo era costituito dallo scramasax, rinvenuto al di sopra della parte superiore degli arti inferiori, in assetto quasi perpendicolare ai femori, dal coltello, posto al di sotto dello scramasax e direttamente a contatto con questo, e dalla cintura in bronzo a cinque pezzi.
Gli elementi della cintura erano dislocati all’esterno dell’anca sinistra, tra i due femori, all’esterno del femore destro, mentre la fibbia è stata rinvenuta al di sotto del coltello. La posizione dei reperti indica che al momento della deposizione il corredo non era indossato dall’inumato ma deposto al di sopra del soggetto, poco sotto il bacino, con una successiva dislocazione post-deposizionale degli elementi di dimensioni minori (parti della cintura) conseguente alla decomposizione dell’inumato.
Estremamente residuale è apparsa la tomba 2, della quale rimanevano in assetto anatomico soltanto frammenti dell’omero e dell’avambraccio destri e delle coste destre senza alcun elemento di corredo; in base alle analisi antropometriche il soggetto si confermava come un individuo di età infantile con età alla morte compresa tra gli 8 e i 10 anni.
La tomba 3 si differenziava nettamente dalla tomba 1 per le caratteristiche della struttura funeraria. L’individuo era infatti adagiato in una fossa terragna delimitata da elementi litici di dimensioni complessivamente inferiori rispetto a quelli utilizzati nelle altre sepolture. Il capo risultava lievemente reclinato verso sinistra, il braccio sinistro era disteso lungo il fianco, mentre il braccio destro aveva l’omero parallelo al busto e l’avambraccio era ripiegato sul bacino. Gli arti inferiori erano distesi con le ossa dei piedi in posizione quasi verticale in appoggio alla parete della fossa. L’inumato e stato rinvenuto in assetto anatomico, benché con le ossa caratterizzate da un mediocre stato di conservazione, in particolare dell’area pelvica, a causa dello schiacciamento provocato dalle componenti litiche del riempimento.
La sepoltura, pertinente a un individuo di circa 15 anni di età, di sesso non determinabile a causa del cattivo stato di conservazione delle ossa, aveva un solo elemento di corredo rappresentato da un coltello in ferro deposto dietro la schiena tra la I e la II vertebra lombare.
Problematica è la relazione tra la necropoli e l’edificio sopra menzionato a causa della presenza di sottoservizi che compromettono una lettura stratigrafica unitaria del deposito e dell’esiguità degli elementi datanti acquisiti con l’indagine della struttura A (fig. 4). Detta struttura A consisteva in un corpo di fabbrica caratterizzato dalla pianta rettangolare, con andamento nord-ovest/sud-est, suddiviso internamente in due vani, denominati vano 1 e vano 2, rispettivamente a ovest e a est (fig. 4). Dell’edificio restavano compresi all’interno dei limiti di scavo la parte centro-occidentale con il vano 1, dotato di un ingresso riconoscibile nel lato sud, e il prospetto nord-ovest; mancava invece il muro perimetrale sud-est, posto oltre il limite di scavo, mentre la parte sud del vano 2 era stata, a sua volta, completamente asportata. Oltre all’impianto originario (fase 1), quanto indagato consente di riconoscere un riadattamento (fase 2), il degrado e la destrutturazione dell’intero edificio (fase 3) e una frequentazione successiva ai crolli degli alzati, riscontrata nell’area del vano 2 e attestata soprattutto dalla realizzazione di una vasca detta “struttura B” (fase 4). La vasca, a pianta quadrata, era stata realizzata in intacco sui depositi di crollo e sistemata proprio al centro del vano 2. Costruita con lastre di arenaria poste in verticale presentava ciascun lato pari a 1,20 m e 0,30 m di profondità, mentre il fondo era strutturato in lastre di arenaria e in ciottoli. Caratteristico e risultato anche il riempimento, ben selezionato, composto da clasti litici pluricentimetrici e parzialmente coperto da lastre di arenaria.
Come già accennato, rimane problematica l’ attribuzione cronologica dell’edificio nelle sue differenti fasi. A tale proposito risulta soltanto indiziario il rinvenimento di una moneta romana nel calpestio esterno all’edificio, considerata la diffusa presenza di rinvenimenti numerari di epoca romana anche in contesti medievali(51). Unica relazione tra la struttura A e le sepolture e la coincidenza di tipo topografico: le sepolture sono infatti dislocate proprio di fronte all’edificio, mentre nei saggi eseguiti a nord-ovest e a sud-est dell’area in esame non sono emersi altri contesti funerari(52).
(D.P.)
fig.18 Belluno. Palazzo Fulcis.
Croce aurea dalla tomba 2 prima e dopo il restauro
fig. 17 Croce aurea dalla tomba 1 prima e dopo il restauro.
(Foto Sara Emanuele, SBAV).
Gli elementi di cintura della tomba 1 di Reveane di Ponte nelle Alpi.
Alcune osservazioni sulla tecnica.
L’esame degli elementi in bronzo della cintura della tomba 1 di Reveane, condotto in occasione del restauro, ha fornito l’opportunità per alcune osservazioni di carattere tecnologico. Particolarmente significativi sono i dati emersi dallo studio dei trattamenti di qualificazione superficiale delle placche e della fibbia, integrati successivamente da analisi strumentali finalizzate alla verifica di quanto ipotizzato tramite l’osservazione autoptica.
In corrispondenza delle parti a vista di tutti gli elementi: superficie punzonata delle placche, fibbia e borchie – compresa la fascia corrispondente allo spessore delle placche – si conservano ampie zone di una “patina” di colore argenteo, in parte obliterata prima della pulitura da uno strato sottile di sali di rame che aderiva alle superfici ricoprendole in parte(53), mentre non sono stati riscontrati fenomeni di solfurazione. Constatata la fragilità di tale “patina”, in fase di restauro si e optato per una pulitura di tipo chimico in grado di dissolvere gradualmente i sali di rame ed evitare le microabrasioni che l’azione meccanica di una pulitura a bisturi avrebbe inevitabilmente comportato(54).
Tutte le superfici che recano il rivestimento argenteo, a eccezione delle teste di borchia e della placca denominata “el. 3”, appaiono inoltre interessate da numerosi segni sottili e obliqui caratterizzati dal medesimo orientamento e particolarmente evidenti sulla placca della fibbia e sul puntale (fig. 19b e 19c). Un esame al microscopio stereoscopico ha consentito di escludere trattarsi di tracce d’uso(55), pur presenti, o di segni lasciati da un intervento necessario per regolarizzare la superficie di getto; tali evidenze sarebbero invece da ricondurre alle fasi di applicazione e rifinitura del sottile rivestimento sulle placche e sulla fibbia della cintura.
In previsione di approfondimenti analitici lo strato evidenziato e stato interpretato genericamente come “argentato o stagnato”; le successive analisi, rilevando la presenza esclusiva dello stagno nel rivestimento argenteo, hanno confermato l’ipotesi della stagnatura(56).
Uno dei due metodi più utilizzati nell’antichità per stagnare le superfici in bronzo prevedeva che l’oggetto accuratamente lucidato, sgrassato e privato di ogni traccia di ossidazione venisse scaldato e cosparso di frammenti di stagno o, in alternativa, coperto da una lamina molto sottile dello stesso metallo.
Quando lo stagno raggiungeva il punto di fusione(57) la superficie doveva essere spazzolata o strofinata per favorire la formazione di un rivestimento uniforme; a seguito di questa operazione rimanevano comunque alcuni segni e striature in corrispondenza delle zone con presenza di metallo in eccesso e per rendere lucido l’oggetto, che risultava argenteo nel colore ma di aspetto opaco, era necessaria una successiva polimentazione(58). Un altro metodo prevedeva l’immersione del bronzo in un bagno di stagno fuso, mentre un terzo consisteva nella stagnatura ad amalgama di mercurio(59).
Delle diverse tecniche menzionate si ritiene che gli elementi della cintura della tomba 1 di Reveane siano stati stagnati con il primo metodo: l’applicazione dello stagno a zone risparmiate – l’area attorno allo scudetto dell’ardiglione sulla fibbia e il retro delle placche sono intenzionalmente privi di stagnatura (fig. 19a, 19d) –, unitamente alla presenza di caratteristici segni orientati e di una “colatura” di stagno sul retro del puntale, supporterebbero tale ipotesi; va rilevato, inoltre, come non sia stata riscontrata alcuna traccia di mercurio durante le analisi(60).
Nell’applicazione “a risparmio” e nell’uso dello stagno in sostituzione dell’argento è possibile individuare una scelta precisa volta a ottenere un risultato ottimale – la finitura preziosa e d’effetto dei pezzi che ornano la cintura – con un evidente risparmio sulla quantità e sulla “qualità” del metallo impiegato; le superfici stagnate presentano inoltre caratteristiche di durevolezza e resistenza alla corrosione superiori all’argento.
Concludono l’esame degli aspetti tecnologici ancora due osservazioni. La prima riguarda la presenza di un intervento di restauro in antico, probabilmente conseguente all’uso dell’oggetto: sul retro della placca denominata “el. 3” è ancora visibile attorno a uno dei quattro ribattini un piccolo rinforzo di forma subcircolare ottenuto ritagliando una sottile lamina in lega di rame poi sovrapposta a quella già esistente. Sulla medesima placca, lungo uno dei lati, e inoltre presente un difetto di fusione sottoforma di cavità nel metallo successivamente non riparata con altro metallo, anche se non si può escludere l’originario riempimento della lacuna con uno stucco a base di materiale deperibile (fig. 19d). (S.E.)
Fig. 19. Reveane di Ponte nelle Alpi. Tomba 1:
a) a) retro della fibbia;
b) particolare della fibbia in cui sono evidenti sia l’applicazione a zone risparmiate della stagnatura sia la presenza di caratteristici segni obliqui orientati;
c) il puntale decorato a punzone con tracce di stagnatura;
d) il retro della placca con la riparazione della lamina e il difetto di fusione
(Foto Sara Emanuele, SBAV).
La necropoli di Palazzo Fulcis. Lo scavo.
L’indagine stratigrafica condotta all’interno dell’ androne di palazzo Fulcis(61) a Belluno ha permesso l’ individuazione di un’area funeraria che testimonia l’importanza della città anche durante l’epoca longobarda (fig. 7).
Nella porzione di necropoli interessata dalle indagini sono state individuate otto sepolture(62), tutte orientate in senso est-ovest, con il capo ad ovest, disposte su due file parallele e longitudinali(63).
L’allineamento più occidentale della necropoli era costituito dalle tombe 5, 6, 7 e 8 mentre quello più orientale da quelle 1, 2 e 3. La tomba 4, individuata in prossimità della porta carraia, parrebbe appartenere invece ad un ulteriore allineamento che doveva svilupparsi ancora più ad oriente. Questa sepoltura si distingue dalle altre anche per l’ orientamento leggermente differente, nord-est/sud-ovest, forse in rispetto della prossimità con l’antico asse vario corrispondente all’attuale via Roma.
I lavori per la costruzione di palazzo Fulcis(64) (XVIII secolo) avevano causato la distruzione delle superfici relative alla fase di necropoli. Si e notato che la profondità (conservata) delle fosse tombali aumentava gradualmente verso nord, allontanandosi dall’antica direttrice stradale. Ciò segnala una manomissione del profilo originario del terreno, attribuibile a sbancamenti di epoca rinascimentale.
Interventi più recenti per l’alloggiamento di condutture e canalizzazioni (XX secolo) avevano quasi completamente distrutto la tomba 3 e gravemente danneggiato le tombe 2 e 8, intaccando anche le tombe 1, 5, 6, 7.
Il ristretto ambito di scavo, fiancheggiato sui due lati da muri portanti, ha ostacolato e limitato l’indagine. E stato possibile esplorare integralmente solo due delle sepolture, a causa di insormontabili difficoltà tecniche.
Le tombe sufficientemente conservate ed indagate sono tutte attribuibili ad individui adulti di differente età, sia maschi sia femmine. La tomba 4 e risultata violata in antico.
Caratteristica comune a buona parte delle inumazioni era un’importante strutturazione della fossa che accoglieva le spoglie del defunto – generalmente già racchiuso in una bara lignea – tanto da costituire, talora, una vera e propria camera sepolcrale o addirittura casa funeraria(65). Le caratteristiche del terreno e delle essenze impiegate hanno consentito la conservazione in traccia delle componenti lignee, trasformatesi per carbonificazione in polvere nerastra.
Nella maggior parte dei casi l’involucro esterno della tomba era realizzato in materiale durevole, mediante l’impiego sia di grandi ciottoli sia di lastroni di arenaria, oppure in muratura.
I defunti erano sepolti completamente abbigliati, come attestano i ricchi ornamenti riferibili alle cinture ed altri oggetti, alcuni dei quali dovevano essere cuciti o appesi agli abiti. Gli uomini inoltre portavano l’ armamento caratteristico del corredo maschile di tradizione merovingia e in particolare longobarda.
Pur riconducibile alla stessa tipologia, ciascuna tomba appariva differente. Vale perciò la pena passarle brevemente in rassegna, descrivendole per filare di appartenenza da est verso ovest e, all’interno di questi, da sud verso nord, allontanandosi cioè dalla strada che doveva delimitare la necropoli verso sud.
Del presunto filare più orientale rimaneva la sola tomba 4, caratterizzata, come detto, da un orientamento leggermente diverso. Di questa sepoltura violata in antico si e potuta mettere in luce solo una limitata porzione. La fossa quadrangolare era munita lungo il perimetro da lastre di calcare infisse in verticale e da ciottoloni.
La tomba più meridionale del successivo filare, tomba 3, era stata quasi completamente distrutta da scassi del secolo scorso. Dal poco che si e potuto osservare non si possono desumere le caratteristiche di un’eventuale strutturazione della fossa. I livelli di polvere di legno carbonificato facevano pensare alla presenza di una cassa.
Poco più a nord, la tomba 2 era stata seriamente danneggiata dai lavori di epoca moderna. Questa tomba maschile era racchiusa all’interno di un cassone in muratura, privo del fondo, costruito con conci di arenaria e ciottoloni disposti su tre corsi e legati da malta (m 2,00 x 1,50 x h 0,55). L’originaria presenza di una copertura della struttura sepolcrale, probabilmente rimossa in età rinascimentale, era desumibile dalle modalità di formazione del riempimento(66). Il defunto era collocato all’ interno di una cassa lignea più piccola (circa m 1,90 x 0,60; h non det.). Coerentemente con le notevoli caratteristiche del contenitore tombale, il corredo, parte del quale e stato recuperato nel terreno rimaneggiato, comprendeva l’armamento, composto da spada e lancia, le finiture metalliche ageminate della cintura e della bandoliera indossate ed una crocetta aurea con decorazioni del tutto singolari, rinvenuta presso l’ omero destro.
La tomba 1 presentava anch’essa caratteristiche di grande rilevanza (fig.11). La struttura tombale, priva di fondo, era realizzata con grandi lastre di arenaria collocate in verticale ai lati della fossa, a protezione della cassa lignea che conteneva le spoglie. La defunta, una donna adulta(67), era stata sepolta con un ricco abbigliamento impreziosito da oltre 70 elementi tra decorazioni dell’abito e della persona, tra cui un anello aureo con castone e una crocetta in lamina d’oro con decorazioni ad intrecci zoomorfi, oltre ad un calice in vetro e a un pettine in osso. Anche in questo caso le caratteristiche morfologiche e composizionali del riempimento indiziavano l’originaria presenza di una copertura, ora mancante, che doveva sigillare il contenitore litico.
Più a nord non e stato possibile esplorare un’ampia fossa che si estendeva al di sotto dell’edificio, che apparteneva probabilmente a un’ulteriore sepoltura di questo filare.
La tomba più meridionale del filare seguente, tomba 8, rimaneva anch’essa quasi per intero al di sotto dell’edificio ed è stata perciò osservata solo in sezione. La consueta traccia nerastra indicava che doveva essere provvista di una cassa lignea, mentre non si è riconosciuta alcuna evidenza di particolare strutturazione della fossa.
La successiva tomba 7(68) è stata invece indagata per intero (fig. 8). La strutturazione durevole era sostituita in questo caso da un rivestimento ligneo dotato di fondo e coperchio, le cui dimensioni (circa m 2,10 x 0,90, h => 1,00) denotano l’assemblaggio all’interno della fossa di una camera sepolcrale. Il defunto, maschio e adulto, vi era stato deposto direttamente all’interno, accompagnato dal caratteristico armamento, composto dai resti dello scudo – impugnatura ed umbone – deposto ai piedi insieme ad un pettine; da quelli della lancia, collocata al fianco e di cui restava la cuspide foliata e parte dell’immanicatura; dalla spatha, appesa alla cintola e ormai priva degli elementi del fornimento. All’estremità del fodero sono state rinvenute una serie di vertebre animali in successione. Dell’abbigliamento militare restavano anche le guarnizioni relative alla cintura e alla bandoliera di sospensione della spatha.
Poco oltre era la sepoltura di una donna anziana, tomba 6. La cassa lignea contenente le spoglie, la cui traccia nerastra era ben riconoscibile, era collocata in una grande fossa dotata di una strutturazione laterale composita in grandi spezzoni di lastre di arenaria, posti in verticale, e di ciottoloni. Questi elementi lapidei erano collocati lungo i lati maggiori della parte più stretta e profonda della fossa (m 2,30 x 1,00, h 0,70), distinta dalla più ampia imboccatura da una risega. Le caratteristiche e le dinamiche formative dei riempimenti(69) e la discontinuità del rivestimento laterale, assente sui lati corti, facevano pensare a una strutturazione mista con l’impiego di assi di legno, materiale di cui si doveva comporre anche il coperchio, probabilmente appoggiato alla risega della fossa. L’assenza di tracce residue di materiale organico potrebbe essere spiegata con l’impiego di essenze poco resistenti alla decomposizione.
A dispetto dell’importante strutturazione della tomba, il corredo della defunta era piuttosto modesto: indossava una collanina di piccole perline colorate di pasta vitrea e una fibbia in ferro all’altezza del ventre. Tra la coscia e il ginocchio sinistri si concentravano alcuni altri manufatti in ferro, forse riconducibili alle guarnizioni di una borsetta contenente un coltellino ed una moneta in bronzo.
L’ultima sepoltura della fila, tomba 5, si trovava in gran parte al di fuori dell’areale disponibile per l’indagine ed è stata perciò esplorata solo in parte. Notevole appariva la strutturazione della fossa: la parte più profonda, anche qui marcata da una risega rispetto alla più ampia imboccatura, era rivestita da una muratura a secco realizzata con spezzoni di lastre di arenaria e grandi ciottoli sovrapposti su tre corsi, per un’altezza di circa m 0,60. Un coperchio ligneo, questo invece ancora identificabile dalle tracce di legno carbonificato conservatesi nel riempimento, sigillava la sepoltura. Non vi era traccia di analoga strutturazione del fondo, né di una cassa lignea per contenere le spoglie, che tuttavia potrebbe non essersi conservata. Il defunto, un maschio adulto, era sepolto con tutto l’armamento di cui restava l’umbone dello scudo ai piedi dell’inumato, la cuspide della lancia poco sopra la spalla sinistra e una lunga spatha vicino al fianco destro. Sul petto era appoggiato un pettine in osso. Come sembra attestare la posizione rispetto all’epistrofeo, il capo del defunto doveva essere adagiato su un cuscino funerario in materiale deperibile.
(S.M., P.M., P.P.)
Su concessione
della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto
NOTE ...
1 Nel presente contributo viene considerata quella parte della provincia di Belluno che dalla zona a est dell’area feltrina si estende fino al comprensorio cadorino.
2 La zona dei ritrovamenti e situata ai margini della SS 51 bis nel centro del paese. Per i ritrovamenti pregressi: Cav, I 1988 n. 32.1, p. 66.
3 Le sepolture, in cattivo stato di conservazione, erano a fossa terragna delimitata sul fondo da pietre e ciottoli. Gli scheletri si presentavano in posizione supina, con testa a ovest. Lo scavo e stato effettuato nel 2003 dalla ditta Davide Pacitti, sotto la direzione scientifica di chi scrive.
4 Si tratta di una tipologia di pettine, a doppia fila di denti, molto comune e di lunga durata, costituito da elementi lamellari dentati, più larghi da un lato e più sottili dall’altro, tenuti insieme da listelli laterali fissati da chiodini di ferro.
5 Nella zona, nota con il toponimo “Pian di Pocol”, a seguito di ritrovamenti fortuiti, nel 2003 sono stati praticati alcuni sondaggi che hanno portato alla luce tracce di sedime afferente, con ogni probabilità, a una necropoli in uso, sulla base dei materiali recuperati, sin dalla prima età imperiale.
6 IG 299928. Tamis 1961, p. 21; Brozzi 1990c, p. 453, X 143.
7 Possenti, Rigoni 1997, pp. 549-551.
8 IG 299927. Lungh. cm 7,5; Ciurletti 1997, pp. 437-439.
9 Per il tracciato viario, cfr. De Bon 1938, pp. 50-52.
10 La sepoltura, venuta alla luce, nel 2009, a seguito delle indagini condotte sul campo dalla ditta D. Pacitti per conto della soprintendenza competente, era a fossa terragna delimitata da scaglie litiche con orientamento in senso nord-sud, e presentava il capo disposto a nord. Della tomba si conservavano l’allineamento di scaglie sul lato ovest e parzialmente sul lato nord nonché un elemento litico di copertura della deposizione posto orizzontalmente nell’estremità sud. A movimenti post-deposizionali e da riferire il parziale cedimento della delimitazione in sassi del lato ovest verso l’interno della deposizione, venendo cosi a ricoprire il coltello a serramanico posto lungo il fianco destro dell’inumato. Malgrado il cattivo stato di conservazione dello scheletro, soprattutto all’altezza dell’area pelvica, l’esame autoptico dei resti, effettuato sul campo dal dott. A. Canci, ha assegnato la morte dell’individuo, di cui non e stato possibile determinare il sesso, ad un’eta compresa tra gli 11 e i 13 anni. Gangemi, Pacitti 2012, pp. 17-22.
11 Il manufatto, caratterizzato dal tipico codolo desinente a ricciolo, presenta un fodero metallico, fissato alla lama mediante un perno, mentre due anelli, inseriti nel codolo, sono pertinenti a una catena per la sospensione alla cintura. Lungh. cm 22,03; diam. anello cm 3. In merito alla tipologia del coltello e alla sua diffusione cfr. Giovannini 1989, pp.35-36 tav. I,3; Concina 1997, pp. 578-579, con bibliografia di rimando.
12 I materiali, provenienti dalle indagini condotte in via Vecellio, sono esposti, in deposito temporaneo, nelle vetrine del Museo Civico di Palazzo Corte Metto, ad Auronzo di Cadore.
13 I materiali provengono dallo scavo effettuato nell’area del cortile del Seminario di Belluno. La US 81, contenente un frammento di parete di un’anfora tipo Late Roman 1 (VI-VII secolo d.C.) sigillava i livelli di frequentazione di età tardo antica-altomedievale, consentendo un più circoscritto inquadramento cronologico. Fontanive 2003, pp. 22-26.
14 Si tratta di vecchi recuperi provenienti dalle località Fies e Stean attualmente conservati presso il Museo della
Magnifica Comunità di Pieve di Cadore.
15 Si fa riferimento ai resti del sistema di costruzioni (Rigoni 1987), situate in posizione strategica a controllo delle vie di comunicazione verso il Trentino, il Veneto centro-orientale e il Friuli, su cui permangono tuttavia molti punti da chiarire che solo la ricerca sul campo potrà colmare.
16 POSSENTI 2001, pp. 133-152, con bibliografia precedente.
17 Per lo scavo, eseguito nel fondo del sig. Luciano Molaschi, che ha prontamente segnalato i ritrovamenti all’assistente tecnico della Soprintendenza competente, E. Padovan, v. infra Pacitti.
18 Le operazioni di restauro dei materiali sono state eseguite, presso il Laboratorio di Restauro della Soprintendenza per i Beni archeologici del Veneto, da S. Emanuele.
19 IG 309310. Lo scramasax presenta un tagliente ricurvo in alto all’altezza della punta e dorso leggermente rastremato nella parte terminale. Lungh. max: cm 32; largh. max cm 3. Lungh. codolo: cm 5,5; largh. cm 2. Per gli aspetti relativi alla cronologia degli scramasax: Possenti 2011, p. 51, con bibliografia precedente.
20 IG 309311. Lama: lungh. cm 11,7; largh. cm 2,5. Codolo: lungh. cm 5,5; largh max. cm 2,0.
21 IG 309305. Lungh. della placca compresi i passanti: cm 8. La fibbia misura cm 4,8 x 3,2. Borchie emisferiche di dimensioni diverse (da cm 1,2 a 0,8). Sullo scudetto figura un perno non ribattuto che funge da elemento di aggancio dell’ardiglione all’anello della fibbia che presenta sulla parte centrale della zona anteriore una depressione per l’alloggiamento della testa dell’ardiglione. Giostra 2004.
22 v. Hessen 1983; Brozzi 1990a, 1990b, p. 456, X 147, X 148.
23 IG 309306 Lungh. cm 3,6; largh. max cm 1,8.
24 IG 309309 La placca misura cm 3,9 x cm 2,8. Diam. delle borchie cm 2. Sul retro, estremità ribattute delle borchie bloccano due fettucce rettangolari nel senso della lunghezza, di cui una restaurata in antico, a rinforzo del fissaggio del cuoio.
25 IG 309307 Lungh. cm 2,8; largh. cm 1,5. Le estremità delle borchiette, ribattute sul retro, fissano due fettucce rettangolari nel senso della larghezza per il rinforzo del fissaggio del cuoio. Sul campo sono presenti tre fori di cui uno rimaneggiato per adattamenti funzionali a probabili sospensioni.
26 IG 309308. Largh cm 3,2; lungh. cm 2,8. Sul retro i ribattini sono integrati da laminette bronzee ritagliate.
27 Cfr. infra S. Emanuele.
28 Cfr. infra S. Masier, P. Michelini, P. Paganotto.
29 Cfr. supra, nota n. 9.
30 Abbiamo notizie relative al rinvenimento di una fibbia da cintura risalente al VI secolo e del corredo di una sepoltura femminile, con oggetti di pregio, databile tra la fine del VI e gli inizi del VII secolo. Non e certa invece la
provenienza da questa città di tre crocette auree conservate al British Museum di Londra. A riguardo, cfr. La Rocca 1989, p. 157 e pp. 165-166, con rimandi bibliografici.
31 Le indagini archeologiche preventive sono state occasionate da lavori di ristrutturazione dell’antico edificio di proprietà della Fondazione Cariverona che ha provveduto peraltro al restauro dei reperti (ditta Kriterion di Bologna),alla documentazione grafica (V. Cocco) e alla inventariazione dei medesimi (E. Possenti), nonché allo studio antropologico (E. Fiorin) e alle analisi archeobiologiche (M. Rottoli). In questa sede, rispetto a quanto reso noto nel corso del Convegno, si terra conto tuttavia, sia pure in maniera non esaustiva e soprattutto non certo specialistica, di alcuni dati acquisiti a seguito di dette operazioni.
32 Per i confronti con il carattere “privilegiato” di questo tipo di sepoltura cfr. La Rocca 1989, pp. 154-155.
33 Le spade erano posizionate nelle sepolture come segue. Nella tomba 2, danneggiata, la porzione inferiore del manufatto era conservata presso gli arti inferiori al lato destro del defunto, insieme ad altri manufatti in ferro pertinenti al sistema di sospensione delle armi. Nella tomba 5 la spada era allineata a destra dello scheletro dal fianco alla gamba, mentre nella tomba 7 risultava posizionata obliquamente dall’omero sinistro alla tibia destra. In particolare, attraverso le radiografie, e sembrato di riconoscere tracce di damaschinatura sulle spade delle tombe 2 e 7.
34 Per quanto riguarda la collocazione delle lance, se si esclude la cuspide del manufatto pertinente alla tomba 2 rinvenuta in giacitura secondaria a seguito degli interventi di scasso, nella tomba 5 la cuspide era appoggiata accanto alla spalla sinistra mentre nella tomba 7 era disposta, in posizione d’uso, a destra all’altezza della testa.
35 Gli umboni di scudo, con relative imbracciature, sono stati rinvenuti rispettivamente poco al di sotto del ginocchio destro nella tomba 5 e sulle due tibie, unitamente a un pettine, nella tomba 7.
36 L’attestazione di questa tipologia, che si colloca tra la fine del VI e l’inizio del VII secolo d.C., costituisce un importante indizio post quem riguardo alla cronologia dell’impianto dell’area cimiteriale.
37 Per i motivi decorativi del puntale principale: Giostra 2000, pp. 91-96, tav. 112,8; Giostra 2004, pp. 114-115, fig. 101, l. Per la decorazione sulla placchetta: Giostra 2000, pp. 91-96, fig. 34,8.
38 Il filare unico di denti e tenuto insieme dalle assicelle dell’impugnatura e da chiodini di ferro. Per la tipologia: De Marchi, Possenti 1998, in particolare pp. 204-205 con rimandi bibliografici.
39 Le monete sono state esaminate da M. Asolati.
40 Del corredo restava solo una perlina in pasta vitrea blu unitamente ad alcuni resti scheletrici pertinenti alla calotta cranica e alle costole.
41 Nonostante l’accurata strutturazione della tomba, costruita con grandi lastre di arenaria infisse verticalmente e ciottoli, gli elementi di corredo erano costituiti semplicemente da un coltello in ferro, da una fibbia, dalle summenzionate monete forate di età tardo-antica e da numerose perline, di tradizione romana, in pasta vitrea blu e verde, oltre a un vago a goccia viola, rinvenute al di sotto del cranio e tra le costole e quindi pertinenti forse a una collana.
42 Nascimbene 1999, pp. 109-121, figg. 23-24.
43 Per le pissidi in bronzo cfr. Ahumada Silva 2010, p. 54, tav. 15.14; Rupp 2005, p. 112, . tav. 106, 13.44 Cfr. Giostra 2011, pp. 25-28, fig. 11. Il dato bibliografico e stato fornito alla scrivente dalla restauratrice S. Emanuele(Laboratorio di Restauro SBAV) che qui si ringrazia. 45 IG 352506. L’iconografia trova confronti con un esemplare in prasio da Calvatone (CR): Magni 1998, p. 578, fig. V.239.L’intaglio e accostabile ad esemplari aquileiesi (cfr. Officina dei Prasii: Sena Chiesa 1966, pp. 54-55).
46 IG 352443. Per la descrizione del manufatto e bibliografia di rimando si veda Larese c.s.
47 La tomba e stata danneggiata da interventi moderni risalenti agli anni Ottanta del secolo scorso, che potrebbero aver comportato la dispersione di altri elementi del corredo.
48 Per gli aspetti connessi al significato e alla funzione delle croci presso i Longobardi: Giostra 2004, pp. 64-65; eadem 2010, pp. 129-140.
49 Allo scavo, purtroppo interrotto a causa della carenza di finanziamenti, e alla relativa documentazione hanno partecipato: D. Battiston, S. Costantini, P. Forlin, E. Ramon. Le indagini sono state finanziate dal Comune di Ponte nelle Alpi e dalla Regione Veneto
50 L’analisi antropologia e stata eseguita da A. Canci.
51 Per una disamina sui ritrovamenti di monete romane in contesti medievali cfr. Saccocci 1997, pp. 385-401.
52 In merito alle problematiche relative al modello insediativo abitato - necropoli cfr. Panto, Pejrani Baricco 2001, pp. 17-54; Pejrani Baricco 2004b, pp. 17-51; Micheletto 2003; Busing-Kolbe, Busing 2002.
53 L’esame autoptico ha evidenziato la presenza di malachite con scarse tracce di azzurrite (carbonati basici di rame).
54 E stata utilizzata una soluzione di EDTA trisodico applicata mediante supportante per limitare la penetrazione negli strati sottostanti; le zone prive di rivestimento e quelle progressivamente disossidate sono state schermate dall’azione dell’agente complessate con una sottile stesura di resina acrilica.
55 Le tracce d’uso sono caratterizzate da “segni” e graffi con profondità diverse e orientamenti caotici. Le placche sono state realizzate mediante la tecnica della fusione piena in matrice.
56 E stata sottoposta ad analisi SEM-EDS la placca denominata “el. 3”. Le analisi, che non hanno richiesto il prelievo di campioni, sono state eseguite presso il Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova grazie alla cortese disponibilità del prof. Gianmario Molin.
57 Lo stagno fonde a 232° C.
58 Sulla base di un esame solo autoptico, e in assenza di un riscontro analitico, e probabile che oggetti in bronzo con rivestimenti dall’aspetto argenteo vengano talvolta descritti genericamente come “argentati” quando in realtà potrebbero essere stagnati.
59 Questa tecnica si presta ad essere applicata su oggetti realizzati con una lega molto ricca di rame, e quindi a basso tenore di stagno. Per una descrizione dei diversi metodi di stagnatura: Meeks 1993.
60 Devoto 1994. L’Autore ipotizza per alcuni reperti dei corredi di Nocera Umbra e di Castel Trosino un metodo di stagnatura a caldo con amalgama di mercurio di cui, mediante analisi, sarebbero state rilevate tracce nel rivestimento.
61 Lo scavo archeologico e stato condotto da P.ET.R.A. soc. coop. di Padova sotto la Direzione Scientifica di G. Gangemi della Soprintendenza per i Beni archeologici del Veneto e finanziati dalla Fondazione CARIVERONA. Oltre agli scriventi hanno preso parte alle indagini A. Angelini, R. Giacomello, C. Baracco.
62 Sono state individuate altre due grandi fosse, una quasi completamente distrutta da lavori moderni, l’altra che non e stato possibile indagare in quanto sottostante l’edificio, probabilmente attribuibili ad altrettante ulteriori sepolture. La distribuzione delle tombe inoltre induce a credere che l’unico piccolo settore dell’androne rimasto inesplorato possa celare un’altra tomba.
63 Per confronti sull’uso di organizzare a file le sepolture nei cimiteri nel corso dell’altomedioevo, sia in Italia sia oltralpe, si veda quanto ricordato infra, nota 64.
64 L’attuale impianto dell’edificio e il risultato di interventi edilizi che si sono succeduti a partire dal XVI secolo, il più importante dei quali risale al 1776 quando il palazzo prese l’attuale aspetto a seguito dell’unione di tre corpi di fabbrica relativi a stabili di proprietà della famiglia Fulcis.
65 Si veda, ad esempio, quanto accennato al proposito per Civezzano (TN) e contesti d’oltralpe da S. Lusuardi Siena (1994), ma anche i confronti con i più recenti rinvenimenti in territorio piemontese ben riassunti in Pejrani Baricco (2007) nel Catalogo della mostra I Longobardi: dalla caduta dell’impero all’alba dell’Italia, curato da Brogiolo, Chavarria Arnau. Nello stesso volume, fondamentali per ulteriori confronti, non solo per la tipologia tombale ma anche per la tradizione germanica dei cimiteri a file o per usi e costumi funerari ed oggetti di corredo, i contributi di Paroli, Possenti, De Marchi e Barbiera, utilissimi anche per l’aggiornamento della vasta bibliografia generata dalla lunga tradizione di studi sui diversi rinvenimenti funerari di età longobarda
66 Si trattava di un deposito con caratteristiche da formazione lenta e graduale, con scheletro minuto, filtrato attraverso pertugi apertisi tra una probabile lastra/lastre di copertura e il bordo delle murature laterali.
67 Il recupero dei resti umani, le considerazioni antropologiche di campo, la prima determinazione del sesso e dell’età degli individui e le osservazioni tafonomiche si devono a R. Giacomello.
68 Tra la tomba 8 e la tomba 7 e rimasto un settore che non e stato possibile esplorare e che, come accennato, probabilmente contiene un’ulteriore sepoltura, come si può ipotizzare in base alla distanza regolare tra le tombe.
69 Come nel caso di altre sepolture era evidente un processo di riempimento lento e graduale, seguito da un accelerazione determinata dal collasso del coperchio ligneo.
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