etnoarcheologia
delle antiche
pratiche pastorali
in provincia di belluno
Come primo articolo riportiamo uno studio pubblicato sul quarto numero della rivista Frammenti relativo alla ricerca effettuata negli anni scorsi da Piergiorgio Cesco Frare e Gabriele Fogliata e riguardante la presenza di antichi recinti pastorali sul territorio della Provincia di Belluno. Finanziatori del numero della rivista sono stati il PNDB e il parco Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo.
Successivamente presentiamo lo sviluppo di questo studio, concretizzato nella campagna di saggi di natura archeologica che verrà effettuata sul sito pastorale della Busa delle Vette Feltrine nel mese di luglio 2014 e che vede come sponsor principale il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi
PARTE PRIMA
PREMESSA
A chi frequenta le nostre montagne sarà capitato di osservare, disseminate sugli alti pascoli, strutture di pietre a secco di varie fogge e grandezze, dalle più semplici di forma quadrangolare, chiaramente resti di un piccolo abituro, alle più complesse rappresentate da recinti circolari o poligonali, di assai maggiori dimensioni e di più difficile interpretazione. Già da molti anni chi scrive osservava e annotava queste strutture per il loro manifesto interesse etnografico spesso accompagnato da risvolti linguistici e toponomastici. Ma la notizia dei primi straordinari risultati delle ricerche archeologiche condotte su strutture analoghe in Francia, la cui eco sta suscitando un crescente interesse per l’ argomento in tutto l’arco alpino, ci rivelò l’ importanza di queste vestigia anche per lo studio del processo diacronico del popolamento delle nostre montagne. Decidemmo così di dare un criterio sistematico alla rilevazione dei siti e delle singole opere di pietre a secco, allo scopo di elaborarne un primo inventario su base provinciale, che potesse costituire un punto di partenza per future più approfondite ricerche da parte di soggetti interessati, non solo all’archeologia, ma anche alle scienze dell’ambiente. Infatti, i risultati di questo genere d’ indagini, necessariamente pluridisciplinari come l’ esperienza francese insegna, investono più campi della conoscenza del territorio in esame, di modo che le necessarie analisi paleobotaniche, archeozoologiche, palinologiche e antracologiche, da un lato possono dare all‘ archeologo indicazioni circa i tempi e i modi dell’ antropizzazione delle alte quote e dall’altro, agli studiosi di scienze naturali, preziose informazioni di carattere ambientale circa l’ evoluzione del clima e della vegetazione.
Alla ricerca sul terreno abbiamo affiancato la consultazione di testimoni, che potessero indicare altre strutture a noi ancora ignote, ma soprattutto offrire una spiegazione sull’ impiego delle stesse.
Sotto quest’ultimo aspetto crediamo di aver acquisito, almeno in parte, una serie di informazioni utili in chiave etnoarcheologica.
Una sintesi dei dati raccolti in questa sede e di una loro prima possibile interpretazione sarà data nella seconda parte di questo lavoro.
I criteri da noi adottati nella ricerca e nella rilevazione degli oggetti dell’ indagine si sono in parte ispirati all’esperienza francese e i risultati da noi qui esposti hanno carattere assolutamente empirico. Ci sono stati tuttavia di grande utilità i contatti con i ricercatori delle Università di Padova e di Trento, autori di varie pubblicazioni, con i quali si è stabilita una proficua collaborazione con scambi d’ idee ed esperienze sul comune terreno di ricerca, nell’intento di mettere in atto tutte le sinergie possibili. Tutto ciò che emergerà da una coordinata ricerca futura sulle strutture, di cui ci stiamo occupando, potrà auspicabilmente gettare nuova luce sull’antico processo di conquista dell’ alta montagna tratteggiato in un contributo di Carlo Mondini dal titolo “Le origini della pastorizia in provincia di Belluno”.
LE RICERCHE SUL TERRITORIO
Va premesso che la nostra attenzione si è appuntata in via principale su quei complessi di strutture in cui sia sicuramente presente l’elemento “recinto” ad attestare con certezza l’origine pastorale dell’ impianto. Infatti, le capanne isolate e simili possono, in teoria, aver assolto una diversa funzione: di presidio militare, di controllo sanitario, di prospezione mineraria, di fienagione ecc. Anche tali tipi di resti, di certo non meno importanti, sono stati oggetto di rilevazione, ma in questa relazione preliminare si è scelto di non darne conto anche per non appesantire l’archivio dei dati esposti. Dunque in questa sezione il termine “strutture” è usato per indicare precipuamente i recinti accompagnati o no da manufatti complementari come capanne e altro.
I Siti
Altitudine.
In generale, le strutture indagate sono inserite nella fascia della prateria alpina cioè negli alti pascoli della nostra Provincia. Questa fascia varia da zona a zona in relazione alla geomorfologia del territorio e al clima. Per esempio, nella zona dolomitica vera e propria le strutture sono disseminate a una quota media di 2100 m giacché poco sopra il terreno comincia a essere interessato dalle colate detritiche; invece nei gruppi dove, vuoi per composizione delle rocce vuoi per conformazione del suolo (Padón, Cresta Carnica ecc.) i prati-pascoli raggiungono altitudini superiori, anche le quote delle strutture salgono di qualche centinaio di metri. In Alpago e nelle Prealpi trevigiano - bellu-nesi, dove i limiti altimetrici della vegetazione sono più bassi, anche le strutture si adeguano, attestandosi attorno ai 1250-1650 m.
Aggiungiamo però che alcune di queste strutture si trovano anche a quote di collina e di fondo valle (MAPPA 1). Naturalmente a queste quote la loro rilevazione è resa molto difficile dalla copertura boschiva che ha invaso negli ultimi tempi i pascoli bassi.
Distribuzione.
Se si osserva la cartina del quadro d’unione dei siti, si noteranno alcune concentrazioni di simboli (Comèlico, Agordino, Alpago e Prealpi orientali) e ampie aree vuote o quasi (valle dell’Ansiei, Cadore centrale, valle del Boite, sinistra idrografica dell’alta valle Piave, Val Belluna). Se questa mancanza può dipendere in parte dalla carenza di sopralluoghi, possiamo tuttavia affermare che alcune zone sembrano effettivamente prive di strutture, il che potrà indurre a considerazioni relative alle dinamiche di frequentazione delle alte quote. Per completezza aggiungiamo che non abbiamo indicato alcuni siti, di cui ci è nota l’esistenza ma che non abbiamo ancora potuto rilevare di persona: Montanèl (m 2300, Domegge), Digola (m 1650, Sappada), Gardesana (m 1930, Forno diZoldo), val Montesela (m 2250, Cortina d’ Ampezzo), Piazza del Diavolo (m 1965, Feltre), Cimónega (m 1630, Cesiomaggiore). Casi a parte poi costituiscono i siti di Col Cassetta (m 839, Sedico), Mas (m 500 c.a, Sedico), la cui complessità e/o difficoltà di rilevazione ne rendono difficile la lettura e l’ interpretazione.
Le strutture.
Ubicazione.
Molte strutture, in particolare quelle di aspetto più vetusto, sono situate alla base di colate detritiche per la comodità di approvvigionamento della materia prima (leggi blocchi di pietra). Un buon numero di esse è situato in prossimità di sorgenti .
Tipologia.
Nella variegata tipologia dei recinti si riscontrano diverse soluzioni adottate per sfruttare le condizioni naturali dell’ambiente. Abbiamo così recinti ricavati collegando tra loro con muretti di pietre a secco i massi già in posto. In alcuni casi il recinto è chiuso su un lato dalla sponda di un laghetto, da uno scoscendimento del terreno, da una parete di roccia, da un muretto di confine. Quanto alla composizione dei complessi di strutture, gli elementi “recinto” e “capanna” si combinano in modo
vario, come mostrato nella legenda della tabella. Alcune precisazioni. I “recinti multipli” sono solitamente costituiti da spazi chiusi da muretti a secco accostati a formare un ampia struttura, in genere a due comparti. Probabilmente questa divisione trova la sua spiegazione in quanto diremo più avanti in sede di interpretazione funzionale delle strutture. Le “capanne” a volte sono addossate al recinto stesso, ma con accesso separato, altre volte situate a poca distanza da esso. Esse, di forma prevalentemente rettangolare (ma ve ne sono anche di forma ellittica e dovrebbero essere le più antiche secondo gli studi francesi) hanno in genere dimensioni di qualche metro di lato.
Quanto alle dimensioni delle strutture la tabella mostra come l’ampia gamma vada dai 63 ai 6645 m2 con una concentrazione di quasi il 60% nella fascia tra i 100 e i 400 m2.
Circolo pastorale restaurato
dotato di tre moldidori
sito in località Casera Campitello,
in Val Salatis, in Alpago.
PARTE SECONDA
UNA POSSIBILE INTERPRETAZIONE FUNZIONALE DELLE STRUTTURE
Sin dagli inizi avevamo maturato la convinzione che le strutture oggetto della nostra ricerca fossero al servizio dell’ allevamento degli ovini. In questa direzione ci orientavano indiscutibilmente già le prime indicazioni dei pastori interrogati negli scorsi anni novanta. Il procedere dell’indagine non fece che confermare in questa ipotesi di lavoro, come diremo più avanti.
Le fonti storiche: dall’ Odissea a Varrone
Il libro IX dell’ Odissea, prestandosi a una lettura anche in chiave etnografica, offre quella che probabilmente è la più antica attestazione scritta dell’uso pastorale dei recinti per i caprovini.
Omero, Odissea, IX passim:
« ...e qui molti animali minuti, sia pecore che capre, passavano la notte; ma intorno era stato costruito un alto recinto con pietre di cava e con lunghi pini e con querce dall’alto fogliame … steccati c’erano, per gli agnelli e i capretti, e separata ogni età vi stava chiusa, a parte i primi nati, a parte i secondi, a parte ancora i lattonzoli:
Lui nell’ampia caverna spinse le pecore pingui, tutte quante ne aveva da mungere; ma i maschi li lasciò fuori, montoni, caproni, all’aperto nell’ alto steccato. Seduto, quindi mungeva le pecore e le capre belanti ognuna per ordine, e cacciò sotto a tutte il lattonzolo…»
Marco Terenzio Varrone, nel suo De re rustica, a proposito degli stazzi delle pecore prescrive che il suolo sia «eruderatum et proclivum» (sgombro da sassi e in pendio) in modo di poter essere facilmente ripulito, non solo perché l’ umidità corrompe la lana degli animali, ma anche perché infetta di questi le unghie (procurando loro il morbo detto zoppina; n.d.r.). Aggiunge Varrone che bisogna fare dei recinti separati per le pecore pregne o malate. I pastori, quando il gregge è lontano dagli stazzi, portano con sé «crates aut retia» cioè graticci o reti.
Gli studi moderni
Un’importante fonte di conoscenza sull’ allevamento degli ovini in Italia è rappresentata dalle ricerche linguistiche ed etnografiche condotte negli anni dal 1919 al 1935 dallo zurighese Paul Scheuermeier. Estrapoliamo dalla sua opera in italiano alcune notizie attinenti all’argomento dei recinti che stiamo trattando, notizie che trovano preciso riscontro (o talvolta rettifica) nei dati emersi dalle interviste a pastori da noi condotte.
Le fonti orali dirette e indirette
«I ricoveri per le pecore - Se si vogliono tenere riunite le pecore per controllarle meglio durante la notte, o se si vuole che esse anche durante il giorno pascolino insieme per concimare un determinato terreno, si rinchiudono in un recinto o addiaccio. In questo secondo caso il recinto è mobile, ma può essere anche fisso o trasportabile. [...]
Si distinguono vari tipi di recinti, a seconda del modo in cui sono costruiti:
Recinti mobili: […] Addiaccio a cancello: parecchie cancellate mobili, lunghe alcuni metri, vengono unite insieme a formare un recinto.
Recinti fissi: […] Addiaccio in pietra: addiaccio costituito da grosse pietre poste l'una sopra l'altra e ostruito alla sommità con sterpi e arbusti […]
Sistemazione dell'addiaccio - Le pecore vengono stabbiate per concimare il terreno, per tenerle unite e proteggerle e soprattutto per poterle mungere meglio. Per dividere gli animali munti dagli altri, lo stabbio in genere è diviso in due parti, un recinto di mungitura e un recinto di riposo.
Nel primo vengono condotte le pecore prima della mungitura, nel secondo dopo la mungitura. Questa viene compiuta in uno stretto passaggio o in più passaggi vicini, attraverso i quali le pecore vengono fatte passare una dopo l'altra. Qui, nel luogo della mungitura, […] seduto su una pietra o uno sgabello, sta il pastore e tiene davanti a sé un secchio, in cui raccogliere il latte munto, appoggiato su un sasso più basso».
«Quand’ero bambino, vedere camminare tante pecore assieme mi dava un certo non so che… vederle camminare, pascolare, quasi sempre col muso basso mi faceva pensare che fossero tristi, così tutte uguali, con il loro maglione bianco, salvo qualcuna nera, qua e là».
Augusto Casal, pastore in Cimia.
Le nostre interviste ai pastori, rivolte a ottenere per comparazione indicazioni utili dal punto di vista etnoarcheologico (nella direzione prospettata nei contributi di M. Migliavacca), hanno interessato solamente poche zone campione, che però, attraversando da un capo all’altro l’intero territorio provinciale, dal Comèlico all’ Agordino, al Feltrino, al Bellunese sino all’Alpago, rappresentano significativi punti di contatto con differenti realtà storico-culturali dalle Dolomiti sino alle Prealpi .
Queste testimonianze, seppur scarse, sono tuttavia concordi nell’indicare questi recinti come strutture per la mungitura degli ovini (in Alpago e Val Belluna moltrìn, in Comèlico mandrata). Partiamo da un’efficace sintesi di tali testimonianze, che è il seguente testo desunto dalla descrizione della struttura recentemente restaurata, posta in località Casera Campitello in Val Salàtis (Chies d’Alpago). Il cartello esplicativo così informa:
«Il Moltrin, di forma circolare, era costituito da un muro di sassi con un’ampia apertura che permetteva l’accesso degli animali radunati per essere munti; dopo il loro ingresso il recinto veniva chiuso tramite una staccionata di legno (portella). All’estremità opposta vi erano tre sottili aperture, dette Moldidór, dove, a tre a tre, venivano sospinti gli animali da mungere. Alle loro spalle i pastori sedevano su tre grosse pietre che fungevano da sgabello. Una volta munte le pecore uscivano dal recinto attraverso il Moldidór.
Le pecore invece dormivano in un recinto, costruito con le portelle – usate anche per chiudere il moltrin, - che veniva spostato di giorno in giorno in modo che gli animali concimassero in modo uniforme tutta la superficie a pascolo limitrofa allo stallone, senza creare zone di accumulo del letame che sarebbero state invase dalle ortiche».
Il modello di moltrìn sopra descritto rappresenta evidentemente una forma già evoluta e di età più recente: lo dicono il suo relativamente buono stato di conservazione e alcuni particolari costruttivi come le uscite dette moldidóri dotate spesso di sedile in pietra per l’operatore. Nella stessa Val Salàtis però è dato trovare, giustapposte nello stesso sito a queste “moderne” strutture, in una sorta di stratificazione cronologica, forme ben più arcaiche. Appartengono a questa categoria di strutture - più rozze in quanto prive delle caratteristiche descritte sopra - la maggioranza di quelle individuate nei vari settori del territorio montano della provincia. In queste si può individuare una sola apertura e in certi casi una divisione interna, spiegata dalle fonti come separazione per lo smistamento delle pecore da mungere e quelle già munte.
A ciò possiamo aggiungere alcune considerazioni ricavate dall’ osservazione diretta dei recinti: normalmente essi sono posti in pendio con le uscite (ove individuabili) a monte; in alternativa si dà qualche caso di recinzione che contorna i bordi di una dolina; in qualche altro è evidente la scelta di un suolo a lastre di pietra naturale (per esempio la struttura di Malga Federa di Cortina d’Ampezzo). Tutto questo risponde a esigenze di igiene in relazione allo scarico naturale delle deiezioni (si vedano le indicazioni di Varrone sopra riferite).
I punti fermi che si ricavano dalla nostra disamina delle fonti sia scritte sia orali sono i seguenti:
1. La mungitura degli ovini richiede apposite strutture fisse, nel nostro caso recinti di pietre a secco. Infatti, è comprovata la necessità di rinchiudere le pecore in un luogo dove poterle controllare
e immobilizzare durante l’operazione, cosa che non avviene per altri tipi di animali siano essi grossi o minuti (leggi caprini o bovini).
Alcune strutture di minori dimensioni potevano essere adibite a scopi diversi come l’isolamento di animali malati, di pecore vicine al parto o di agnelli.
2. L’addiaccio delle pecore invece, qualora organizzato per scopi di stabulazione ossia concimazione razionale dei pascoli, avviene in recinti mobili costituiti da strutture di legno o di reti.
3. Le alte quote non erano un tempo frequentate dalle mucche. Solo dal XVI - XVII secolo si registra, infatti, su tutto l’arco delle Alpi un graduale passaggio dall’ allevamento ovino a quello bovino e la montagna bellunese non si sottrae a questo fenomeno come attesta, per esempio, il Maresio Bazolle. È pur vero che talune indicazioni da parte di informatori contemporanei parlano dell’uso recente di tali strutture per rinchiudervi animali bovini o equini o persino suini, ma è forte il dubbio che si tratti solo di un riuso in tempi moderni di quelli che originariamente erano recinti destinati agli ovini.
4. Secondo l’ esperienza francese le “capanne”, cui si è fatto cenno a proposito della tipologia dei manufatti, sono ovviamente ricoveri dei pastori addetti alla custodia del gregge. Alcuni ripari di minori dimensioni potrebbero essere stati destinati a “cellari” per la conservazione dei prodotti caseari (p.e. Val Granda, Vallar).
5. Indici di vetustà. Abbiamo appurato dalle fonti scritte e orali che i recinti di mungitura degli ovini devono rispondere ad alcuni criteri costruttivi. In particolare la recinzione, che non supera il metro d’altezza dal terreno, è però in molti casi completata da un alzato vegetale di frasche ecc.
Ciò premesso, in maniera del tutto empirica, ma non lontana dal vero crediamo che si possano assumere come criteri per giudicare la vetustà di una struttura i seguenti fattori:
· Il grado di interramento nel suolo e di disgregazione del manufatto: si va dai moltrini di recente uso e/o restauro a strutture quasi totalmente interrate come quella della forcella Cervoi. Crediamo che non a caso nei presso di quest’ ultima siano stati ritrovati reperti di cultura materiale che risalgono all’età del Rame.
· La tecnica costruttiva che va dal recinto ricavato sfruttando massi già in posto – come già accennato – col risultato di un perimetro piuttosto irregolare, a quello della costruzione geometricamente studiata per realizzare una forma a ferro di cavallo quasi perfetta.
· L’assenza, riscontrata nella grande maggioranza dei casi esaminati, di concentrazioni di vegetazione nitròfila ( rómici e ortiche) all’interno dei recinti. Riteniamo che anche questo dato possa essere interpretato come indice di vetustà della struttura e di abbandono della stessa da lunga data, in quanto il terreno avrebbe perso col lungo trascorrere del tempo la sua acidità dovuta al ristagno delle deiezioni animali. Tale assenza potrebbe però anche deporre a favore del fatto che in realtà il recinto era usato solo per brevi intervalli di tempo durante la giornata in occasione appunto delle operazioni di mungitura.
· L’assenza, pure riscontrata in molti casi, di qualsiasi traccia di elementi lignei che pure dovevano far parte dell’alzato dei recinti e soprattutto delle strutture di copertura delle capanne.
· Qualche autore francese ha formulato l’ipotesi che le strutture poste alle quote più alte siano anche le più antiche. Ciò non pare del tutto infondato se si considera che i limiti superiori della foresta furono progressivamente abbassati nel corso dei millenni per effetto degli incendi pastorali a scopo di bonifica e del pascolamento stesso degli animali. Sempre secondo studi condotti sulle Alpi francesi l’attuale linea superiore della foresta si trova si trova 500 metri più in basso rispetto a quella del climax. Ed è un dato che in certe zone (p.e. in Comelico) le strutture dall’aspetto più antico sono tutte situate qualche centinaio di metri sopra il limite delle moderne malghe.
Infine una considerazione di carattere generale: il fatto che pochissime siano le testimonianze raccolte circa la funzione e l’esistenza stessa di certe strutture attesta di per sé la loro antichità. In questo caso l’oblio è significativo almeno quanto il ricordo.
CONCLUSIONI
Dai primi sommari esami macroscopici e dalle scarse informazioni ottenute dalle fonti scritte e orali riguardo alle strutture qui descritte nascono più che risposte importanti domande circa la presenza sul territorio delle strutture descritte in questo lavoro.
Scopo. Come già detto, ci pare di poter affermare che per la grande maggioranza si è alla presenza di recinti di mungitura degli ovini, tranne probabilmente nel caso delle strutture di maggiori dimensioni come per esempio quella dei Monti Alti di Ornella, che con i suoi circa 6.650 m2 appare assolutamente spropositata per la bisogna. Per questo tipo di strutture si potrebbe pensare che esse assolvessero scopi diversi come quelli adombrati dallo Scheuermeier ( sorveglianza di grandi greggi, concimazione controllata di vaste porzioni di pascolo ).
Autori. A costruirle furono pastori locali o transumanti? Ci pare il caso di dare a questo punto un chiarimento terminologico, visti i non infrequenti casi di confusione tra i termini “alpeggio” e “transumanza” spesso considerati sinonimi. Entrambi sono spostamenti stagionali e ciclici di bestiame e pastori da e verso pascoli situati in altitudine. Ma mentre l'alpeggio è uno spostamento a breve raggio verso pascoli parecchio più elevati dei villaggi originari, la transumanza è invece uno spostamento a lungo raggio, che si svolge sempre dalla pianura verso pascoli in altitudine e viceversa a seconda delle stagioni. Le distanze da percorrere sono in questo caso notevoli, non solo in senso verticale, ma anche orizzontale, spesso da una regione ad un'altra. In via del tutto teorica si dovrebbe ammettere che le strutture da noi considerate fossero al servizio dell’alpeggio, poiché le greggi transumanti, almeno in tempi recenti, per quanto è dato da sapere, erano composte da animali da lana e da carne che dunque non abbisognavano di strutture per la mungitura. Un esame però più approfondito dell’argomento rivela che in realtà non era esattamente così in tempi relativamente vicini a noi. Per esempio qualche contratto steso nei secoli XV-XVII per l’affitto di pascoli montani del Comèlico a pastori transumanti dei territori trevigiani testimonia che questi producevano anche formaggio.
Epoca di costruzione. È questa naturalmente la domanda cruciale dal punto di vista archeologico. Per analogia con le strutture già indagate e pubblicate, anche molte di quelle da noi individuate potrebbero iscriversi in un arco temporale che va dalla protostoria al Medioevo, come documenta puntualmente un articolo di Foradori et alii. Qualche indizio a questo proposito è fornito da un articolo di Mondini riguardante i ritrovamenti di manufatti preistorici a forcella Cirvói nei pressi di un recinto all’apparenza assai antico.
Che in molti casi si tratti di manufatti antichi - giova ripeterlo - è provato non solo dall’aspetto fatiscente ma anche in via indiretta dal fatto che la loro memoria è stata quasi completamente cancellata nella tradizione popolare, tranne i pochi casi specifici riferiti all’Alpago, dove queste strutture erano in uso sino ai nostri tempi, al servizio di un ancor relativamente fiorente allevamento di ovini da carne, da latte e da lana. Naturalmente, la conferma del grado di vetustà delle strutture potrà venire solamente da analisi radiometriche o da eventuali reperti individuati con analisi stratigrafiche: in definitiva con vere e proprie campagne di ricerca archeologica che auspichiamo si possano realizzare in un prossimo futuro.
Nella premessa dicevamo che scopo primario del nostro lavoro è di fornire un punto di partenza per eventuali ricerche sul campo da parte di organismi istituzionali. Aggiungiamo che esso vuol essere anche un messaggio destinato ai pubblici organismi: ai Comuni, affinché tengano conto, in sede di programmazione e gestione del territorio, della presenza di queste vestigia culturali; ai Parchi, sul cui territorio molte di queste strutture insistono, affinché le considerino parte importante delle loro risorse culturali; alle Soprintendenze competenti in materia (Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici, Soprintendenza per i beni archeologici) perché valutino se tal genere di beni culturali sia suscettibile di ricerca e di tutela.
Desideriamo, infine, rivolgerci a tutti quelli che frequentano per vari scopi le nostre montagne, perché acquistino consapevolezza di questo patrimonio culturale nascosto, evitando di manometterlo magari con l’intento di bonificare il territorio o, peggio, per seguire la frivola moda di “scrivere” con le pietre sui pascoli faticosamente strappati nel corso di secoli all’ingrato ambiente delle alte quote.
Allegati
(tabella e mappe):
Come già accennato, per ora, con questo lavoro intendiamo offrire agli interessati (gruppi di ricerca, studiosi, amministrazioni e altro), oltre ad un primo abbozzo di interpretazione funzionale della struttura principale, cioè il recinto, un data-base dei siti pastorali finora individuati sul territorio della nostra provincia, finalizzato alla ricostruzione del quadro sincronico e diacronico della pastorizia d’alpeggio.
Tabella:
Legenda e note per la lettura
Nella pratica si è proceduto a un inventario delle strutture dall’aspetto più antico da noi individuate, che sono descritte in una scheda, fotografate, rilevate col GPS e cartografate. Oltre che le necessarie prospezioni sul territorio, nella ricerca ci si è avvalsi, in prima battuta, di uno strumento essenziale: il Geoportale Nazionale del Ministero dell’Ambiente, utensile che ci ha permesso di individuare in molti casi, attraverso le ortofoto, le strutture sul terreno, di misurarne i perimetri e le aree e di attribuire loro una provvisoria georeferenziazione; un secondo strumento, per noi altrettanto importante, è stato il software del Consorzio Dolomiti Belluno: il DVD 3Dolomiti, contenente i dati geografici provenienti dagli archivi della Regione del Veneto, ci ha consentito di affinare la georeferenziazione dei siti della provincia di Belluno.
Mappe:
Note per la lettura
Le mappe riportano le posizioni georeferenziate dei siti pastorali della Provincia di Belluno coinvolti nello studio.
I siti pastorali, cioè per noi i recinti, vengono rappresentati con simboli, le cui forme si differenziano in base alla quota o in base alla loro superficie, secondo le indicazioni dalla relativa legenda.
La loro distribuzione viene rappresentata
- sulla MAPPA 1, relativa a tutta la Provincia
- sulla MAPPA 2, riguardante in dettaglio i siti pastorali dell’ Agordino (l’articolo pubblicato sulla rivista Frammenti riporta anche le mappe dei siti delle altre tre zone della Provincia).
Autori: Piergiorgio Cesco Frare,
Gabriele Fogliata
Disegni: Fausto Tormen
Gestione GIS: Maurizio Olivotto
FONTI ORALI:
Per la strutturazione del presente studio sono stati intervistati: Antonio Somià Pasqualon e Giovanni De Lorenzo Dàndola per i pascoli delle valli del Digón e di Visdende in Comèlico; Nicolò Barattin e Oscar Bortoluzzi per l’Alpago; Gildo Luisetto per i pascoli delle valli dell’Ardo e del Medón; Augusto Casal per il pascolo di Cìmia (S. Gregorio nelle Alpi); Gino Benvegnù per I Doff-Caóz (Taibon Agordino).
L’opuscolo “La pastorizia in Alpago” è da considerare tra le fonti orali, in quanto riporta indagini eseguite tra i vecchi pastori.
Feltre |
PT2 |
Malga Pietena |
11° 51’ 35.67” |
46° 06’ 19.07” |
1.884 |
1.100 |
40 |
Forno di Zoldo |
PR1 |
Malga di Pramper |
12° 8' 52.44'' |
46° 18' 07.56'' |
1.533 |
1.250 |
10 |
Limana |
CR1 |
Cor |
12° 15' 03.24'' |
46° 01' 44.50'' |
1.291 |
170 |
40 |
Limana |
PZ1 |
Pezza |
12° 15' 13.89'' |
46° 02' 18.56'' |
1.451 |
480 |
20 |
Limana |
PZ2 |
Pezza |
12° 15' 3.59'' |
46° 02' 22.67'' |
1.413 |
225 |
10 |
Limana |
PZ3 |
Pezza |
12° 15' 5.58'' |
46° 02' 29.22'' |
1.409 |
300 |
30 |
Limana |
PZ4 |
Pezza |
12° 15' 06.7'' |
46° 02' 20.1'' |
1.423 |
430 |
30 |
Livin del Col di Lana |
SL1 |
Selegaccia |
11° 54' 59.83'' |
46° 27' 57.17'' |
2.150 |
100 |
10 |
Livin del Col di Lana |
SL2 |
Selegaccia |
11° 54' 59.86'' |
46° 27' 57.19'' |
2.150 |
110 |
10 |
Livin del Col di Lana |
MA1 |
Monti Alti di Ornella |
11° 53' 18.96'' |
46° 28' 09.12'' |
2.260 |
6.645 |
30 |
Livin del Col di Lana |
MA2 |
Monti Alti di Ornella |
11° 53' 21.3'' |
46° 28' 07.78'' |
2.253 |
400 |
10 |
Livin del Col di Lana |
VS1 |
Col Vescovo |
11° 51' 36.9'' |
46° 28' 40.3'' |
2.280 |
650 |
10 |
Longarone |
EN1 |
Campigol d'Endra |
12° 15' 28.7'' |
46° 17' 18.8'' |
1.508 |
1.500 |
60 |
Pieve d'Alpago |
DO1 |
Dolada |
12° 21' 10.7'' |
46° 11' 41.7'' |
1.605 |
82 |
30 |
Pieve d'Alpago |
DO2 |
Dolada |
12° 21' 11.4'' |
46° 11' 42.6'' |
1.607 |
363 |
30 |
Pieve d'Alpago |
DO3 |
Dolada |
12° 21' 12.6'' |
46° 11' 42.7'' |
1.598 |
115 |
10 |
Pieve d'Alpago |
VM1 |
Venal di Montanés |
12° 23' 20.04'' |
46° 12' 46.44'' |
1.503 |
150 |
30 |
Ponte nelle Alpi |
CV1 |
Forcella Cervoi |
12° 14' 03.9'' |
46°12' 48.8'' |
1.690 |
360 |
30 |
Ponte nelle Alpi |
CV2 |
Forcella Cervoi |
12° 14' 04.9'' |
46°12' 48.8'' |
1.680 |
250 |
10 |
Quero |
FS1 |
Fontana Secca |
11° 50' 40.2'' |
45° 55' 21.36'' |
1.395 |
2.750 |
10 |
Rocca Pietore |
CG1 |
Col di Gai |
11° 54' 15.48'' |
46° 24' 41,07'' |
1.968 |
120 |
30 |
S. Gregorio n. Alpi |
PA1 |
Palia |
12° 01’ 0.6” |
46° 07’ 53.22” |
1.604 |
500 |
10 |
San Pietro di Cad. |
CB1 |
Campobon |
12° 36' 06.0'' |
46° 39' 09.1'' |
2.150 |
170 |
10 |
San Pietro di Cad. |
CN1 |
Croda Nera |
12° 36' 38.3'' |
46° 39' 06.0 |
2.140 |
95 |
30 |
San Pietro di Cad. |
DG1 |
Dignas |
12° 35' 17.2'' |
46° 38' 47.1'' |
1.770 |
175 |
30 |
San Vito di Cad. |
FO1 |
Forame |
12° 03' 24.48'' |
46°29' 38.76'' |
2.204 |
300 |
30 |
San Vito di Cad. |
MV1 |
Mal. Mondevàl di sop |
12° 05' 22.92'' |
46° 27' 41.68'' |
2.204 |
120 |
30 |
S. Stefano di Cad. |
CH1 |
Col Chiastelin |
12° 40' 26.76'' |
46° 38' 35.16'' |
2.150 |
108 |
30 |
Sedico |
FR1 |
Casera delle Fratte |
12° 07' 08.6'' |
46° 13' 47.1'' |
700 |
150 |
30 |
Selva di Cadore |
TZ1 |
Tabià di Zonia |
12° 2' 56.5'' |
46°28' 39.5'' |
1.990 |
865 |
10 |
Selva di Cadore |
VZ1 |
Casera Vallazza |
12° 04' 44.76" |
46° 27' 36.0'' |
2.258 |
300 |
10 |
Sovramonte |
BV1 |
Busa delle Vette |
11° 50' 55.32" |
46° 05' 47.04" |
1.859 |
560 |
20 |
Taibon Agordino |
GD1 |
Gardes |
11° 56' 47.40'' |
46°18' 39.96'' |
1.930 |
250 |
60 |
Taibon Agordino |
CF1 |
Case Favretti |
12° 01' 1.2" |
46° 21' 32.04" |
1.840 |
63 |
30 |
Taibon Agordino |
DF1 |
Forcella di Caoz |
11° 54' 52.81'' |
46° 19' 18.3'' |
2.010 |
200 |
30 |
Taibon Agordino |
DF2 |
I Doff |
11° 54' 45.35'' |
46° 19' 6.6'' |
1.870 |
2.470 |
10 |
Tambre |
PL1 |
Casera Palantina |
12° 28' 37.63'' |
46° 07' 11.17'' |
1.512 |
190 |
10 |
Tambre |
PL2 |
Casera Palantina |
12° 28' 39.07'' |
46° 07' 08.29'' |
1.523 |
315 |
10 |
Tambre |
PL3 |
Casera Palantina |
12° 28' 44.94'' |
46° 07' 07.57'' |
1.538 |
150 |
10 |
Tambre |
PL4 |
Casera Palantina |
12° 28' 47.02'' |
46° 07' 05.98'' |
1.558 |
115 |
50 |
Tambre |
PL5 |
Casera Palantina |
12° 28' 46,0'' |
46° 07' 11.4'' |
1.528 |
160 |
10 |
Tambre |
PL6 |
Casera Palantina |
12° 28' 38.67'' |
46° 07' 15.38'' |
1.551 |
110 |
10 |
Belluno |
PF1 |
Pian dei Fioch |
12° 14' 6.97'' |
46° 11' 40.99'' |
1.798 |
365 |
10 |
Belluno |
ZP1 |
Malghe Zoppei |
12° 16’ 16.17” |
46° 03’ 09.36” |
1.316 |
400 |
10 |
Belluno |
LB1 |
Le Buse |
12° 14' 38.7" |
46° 11' 25.98" |
1.526 |
270 |
40 |
Belluno |
PM1 |
Pianaz |
12° 10' 3.6'' |
46° 11' 53.1'' |
1.000 |
300 |
40 |
Belluno |
TM1 |
Tre Maschi |
12° 14' 16.79'' |
46° 11' 45.17'' |
1.898 |
228 |
50 |
Chies d'Alpago |
AT1 |
Busa Antànder |
12° 25’ 58.8” |
46° 10’ 21.9” |
1.312 |
110 |
10 |
Chies d'Alpago |
CA1 |
Casera Astor |
12° 27' 38.1'' |
46° 09' 27.7'' |
1.372 |
190 |
50 |
Chies d'Alpago |
CA2 |
Casera Astor |
12° 27' 36.18'' |
46° 09' 27.0'' |
1.378 |
87 |
10 |
Chies d'Alpago |
CA3 |
Casera Astor |
12° 27' 47.1'' |
46° 09' 27.8'' |
1.360 |
150 |
30 |
Chies d'Alpago |
CA4 |
Casera Astor |
12° 27' 45.79'' |
46° 09' 27.1'' |
1.354 |
95 |
10 |
Chies d'Alpago |
CM1 |
Stalla Campitello |
12° 28' 03.2'' |
46° 09' 24.9'' |
1.392 |
240 |
30 |
Chies d'Alpago |
ST1 |
Casera Pian di Stelle |
12° 28' 26.8'' |
46° 09' 20.7'' |
1.414 |
155 |
40 |
Chies d'Alpago |
VA1 |
Valars |
12° 23' 45.89'' |
46° 12' 06.48'' |
1.650 |
90 |
30 |
Chies d'Alpago |
VF1 |
Casera Venal |
12° 25' 24.06" |
46° 11' 56.47" |
1.266 |
80 |
10 |
Chies d'Alpago |
VF2 |
Casera Venal |
12° 25' 17.29" |
46°11' 55.57" |
1.262 |
180 |
10 |
Colle Santa Lucia |
MS1 |
Masarei di Piezza |
12° 02' 57.12'' |
46° 29' 10.68'' |
2.200 |
150 |
10 |
Comelico Superiore |
RG1 |
Costa di Rigoglietto |
12° 29' 43.00" |
46° 40' 19.12" |
2.180 |
450 |
10 |
Comelico Superiore |
VB1 |
Vambariuto |
12° 32' 27.38'' |
46° 39' 36.29'' |
2.130 |
850 |
10 |
Comelico Superiore |
PC1 |
Pala di Ciuzes |
12° 30' 31.68'' |
46° 40' 28.56' |
2.292 |
900 |
10 |
Comelico Superiore |
PP1 |
Vallone Popera |
12° 24' 11.37'' |
46° 38' 13.02'' |
2.064 |
90 |
10 |
Comelico Superiore |
SV1 |
La Silvella |
12° 29' 50.28" |
46° 40' 07.32" |
2.052 |
600 |
20 |
Comelico Superiore |
VG1 |
Val Granda |
12° 31' 23.9" |
46° 40' 07.84" |
2.230 |
800 |
30 |
Cortina d' Ampezzo |
FD1 |
Malga Federa |
12° 07' 08.40'' |
46° 29' 22.92'' |
1.768 |
550 |
30 |
Falcade |
FB1 |
Focobon |
11° 50' 58.92'' |
46° 19' 18.48'' |
1.935 |
1.020 |
10 |
Falcade |
FC1 |
Acqua di Foch |
11° 52' 27.6'' |
46° 23' 46.1'' |
2.141 |
100 |
10 |
Falcade |
FF3 |
Fochetti di Focobon |
11° 50' 26.6'' |
46° 19' 33.7'' |
2.103 |
480 |
10 |
Falcade |
PS1 |
Pian de la Schita |
11° 50' 47.76'' |
46° 23' 47.04'' |
2.189 |
600 |
10 |
Falcade |
ZA1 |
Malga Zingari Alti |
11° 49' 13.44'' |
46° 21' 32.47'' |
2.103 |
90 |
10 |
Falcade |
FF1 |
Fochetti di Focobon |
11° 50' 34.80" |
46° 19' 40.08" |
2.161 |
370 |
10 |
Falcade |
FF2 |
Fochetti di Focobon |
11° 50' 41" |
46° 19' 37.70" |
2.156 |
715 |
20 |
Farra d'Alpago |
FT1 |
Favergheretta |
12° 18' 16.56'' |
46° 05' 05.63'' |
1.510 |
420 |
40 |
Farra d'Alpago |
FV1 |
Monte Faverghera |
12° 18' 23.6'' |
46° 04' 48.2'' |
1.480 |
135 |
20 |
Feltre |
PN1 |
Malga Pieteneta |
11° 51’ 45.97” |
46° 06’ 11.77” |
1.800 |
125 |
30 |
Feltre |
PN2 |
Malga Pieteneta |
11° 51’ 48.68” |
46° 06’ 14.29” |
1.783 |
150 |
10 |
Feltre |
PT1 |
Malga Pietena |
11° 51’ 43.2” |
46° 06’ 26.17” |
1.900 |
835 |
10 |