LA PREISTORIA –  parte prima:

Paleolitico e Mesolitico

 

La scienza della Preistoria

    o Paletnologia

 

Come ogni disciplina storica, la Paletnologia si pone il compito di definire i caratteri, di ricercare l'origine, lo sviluppo e la durata delle culture e civiltà sviluppatesi nel mondo prima dell'uso della scrittura e comunque senza aver lasciato alcuna documentazione scritta. Si intende per cultura quell'insieme di tipi dovuti ad invenzione e che rivelatisi funzionali sono stati adottati da una comunità e quindi sono divenuti elementi ricorrenti e caratterizzanti. Spesso la definizione di civiltà è sinonimo di cultura, ma in generale con tale termine viene inteso un insieme di culture che hanno uno o più elementi in comune; così parliamo di civiltà neolitica caratterizzata da un'economia basata sull'agricoltura e sull'allevamento, di civiltà del bronzo, ecc. Per raggiungere la conoscenza della storia dell'uomo dalla sua comparsa sulla Terra sino al periodo dei primi documenti scritti ci si giova dell'esame tipologico degli strumenti e armi di pietra (industrie litiche), dei manufatti su osso (industria ossea), delle ceramiche, degli oggetti metallici, della provenienza delle materie prime, delle abitazioni, delle sepolture, delle manifestazioni artistiche, dei prodotti artigianali, cioè l'esame di tutto ciò che si è conservato delle popolazioni che si sono succedute sulla Terra nel vasto arco di tempo comprendente gli ultimi 1.800.000 anni. Va tenuto presente che è possibile stabilire la successione delle fasi culturali solamente se queste trovano riferimento ad una precisa posizione stratigrafica. Tenuto conto che le culture dell'antica umanità riflettono le risposte che le varie comunità sono state capaci di dare alle situazioni climatico - ambientali nelle quali sono venute a trovarsi nel corso della loro storia, è indispensabile l'utilizzazione dei dati offerti dalle scienze naturali (paletnobotanica, archeozoologia, geologia, paleontologia, sedimentologia, climatologia, ecc.), in base ai quali è possibile ricostruire gli ambienti nei quali vissero le antiche popolazioni. Per la conoscenza del mondo spirituale dell'antica umanità ci si giova dello studio delle manifestazioni artistiche, dei tipi di sepolture, di vari riti e culti; alcuni elementi di ordine socio-economico si possono ricavare dai confronti con popoli primitivi attualmente viventi o scomparsi da poco, i quali si possono considerare come continuazione o persistenza di quelli preistorici. Per completare le conoscenze storiche un fondamentale contributo viene oggi offerto dalle datazioni radiometriche assolute. Si è giunti a questa impostazione moderna dello studio della Preistoria a partire dagli anni sessanta circa. Ancora agli inizi del 1800 la grande parte degli studiosi attribuiva all'umanità un'età di 4000-6000 anni e questa convinzione, per lo più derivante da calcoli effettuati in base al racconto biblico, cominciò a modificarsi mentre andavano affermandosi le teorie sull'evoluzione e sul trasformismo. 

Tra il 1821 e il 1834, a seguito delle ricerche avvenute nel Sud della Francia, nel Belgio ed in Inghilterra ad opera degli studiosi Buckland, Schmerling, Tournal e Christol, venne dimostrata la contemporaneità dell'uomo con alcune specie di Mammiferi fossili, ai quali veniva attribuita un'età non inferiore ai 75.000 anni. Nello stesso periodo il danese C. J. Thomsen distingueva nella storia dell'antico uomo un'età della Pietra, una del Bronzo e una del Ferro. J. Boucher de Crèvecoeur de Perthes pubblicò alcuni studi tra il 1847 e il 1865 nei quali sosteneva l'alta antichità dell'uomo. Egli, fra l'altro, dimostrò che l'età della Pietra scheggiata precedeva quella della Pietra levigata; nel 1866 queste furono denominate da J. Lubbock rispettivamente Paloeolitico e Neolitico. Da allora in poi gli studi di Preistoria ebbero un grande impulso soprattutto in Francia a opera di G. de Mortillet e di H. Breuil, tanto che la nomenclatura della maggior parte delle culture e delle industrie litiche del Paleolitico deriva dalle località francesi dove furono trovate per la prima volta.

 

L'uomo per tutta la prima parte del Neozoico, detta Pleistocene, visse in diretta dipendenza dalle condizioni dell'ambiente, procurando il cibo mediante la caccia e la raccolta. A questa prima fase della storia dell'umanità appartengono tutte le culture e le industrie litiche (denominazione usata quando non si possiedono altri dati all'infuori degli strumenti litici) del Paleolitico. L'uomo paleolitico fu spettatore di sensazionali mutamenti climatici i quali coinvolsero tutta la Terra durante il Pleistocene. Infatti, causa variazione di  fattori naturali, ebbe luogo per almeno cinque volte un abbassamento della temperatura media annua nel semianno calorico estivo e, come conseguenza, un abbassamento del limite delle nevi persistenti. Si ebbero dunque, durante il Neozoico, cinque periodi glaciali, o glaciazioni, denominati rispettivamente Donau, Günz, Mindel, Riss, Würm, durante i quali le masse glaciali aumentarono notevolmente di volume e occuparono tutta la pianura dell'Europa centro-settentrionale, l'Irlanda, l'Inghilterra, il Canada e le regioni orientali degli Stati Uniti. 

I ghiacciai andarono soggetti in determinati periodi di tempo, denominati interglaciali, a scioglimento e ritiro fino ai limiti attuali e anche oltre, come conseguenza del ritorno sulla Terra di una temperatura media annua uguale o di poco superiore all'attuale. Lo spostamento e il ritiro dei ghiacciai causarono una variazione sensibile del livello del mare e misero allo scoperto, nei periodi glaciali, grandi estensioni di terre oggi sommerse; così, p. es., nell'ultimo massimo glaciale il mare era ca. 120 m più basso dell'attuale, per cui l'Inghilterra era riunita al continente, la pianura Padana si estendeva sino all'altezza di Zara - Pescara, ecc.; nei periodi interglaciali, viceversa, il mare ricoprì terre e coste oggi allo scoperto. Nelle zone non soggette al fenomeno glaciale, nei periodi anaglaciali si verificarono aumenti della piovosità, che modificarono, p. es., una parte della regione desertica africana, la quale venne ricoperta da distese erbose e piante di tipo subtropicale; indizi di un clima più umido durante le glaciazioni quaternarie sono stati riscontrati anche nel Messico, nel deserto sudafricano, nell'Asia centrale.

Queste variazioni climatiche causarono notevoli spostamenti delle flore e delle faune: durante i periodi interglaciali le zone botaniche equatoriali si spinsero verso i poli ed elementi della vegetazione subtropicale giunsero sino alle Alpi, mentre una fauna calda ( elefante, ippopotamo, tigre) arrivò sino nella regione del Norfolk (Contea dell’est-Inghilterra); nei periodi glaciali il limite superiore della vegetazione scese anche sino al livello del mare e alla fauna calda si vennero sostituendo la fauna alpina e

 la fauna nordico-continentale fredda. Durante la seconda, più breve parte del Neozoico, chiamata Olocene, si verificarono ulteriori variazioni climatiche, di intensità però minore, mentre l'uomo imparò a produrre il cibo, cercando di rendersi sempre più indipendente dall'ambiente in cui viveva e dando origine alle culture neolitiche e successivamente a quella dei metalli. La Preistoria si divide nelle civiltà o stadi culturali del Paleolitico, del Mesolitico, del Neolitico, dell'età dei Metalli, quest'ultima comprendente l'età del Rame (o Eneolitico o Calcolitico), l' età del Bronzo e l'età del Ferro  

 

Homo

 Genere della famiglia Ominidi al quale appartengono l’uomo moderno (H. sapiens) e alcune specie estinte (H. habilis, H. rudolfensis, H. ergaster, H. erectus). La categoria tassonomica Homo fu introdotta nel 1758 dal naturalista svedese Linneo, nella sua opera Systema Naturae, per ospitare esclusivamente H. sapiens. Solo a partire dalla seconda metà del XIX secolo, con la scoperta del primo reperto di Neandertal avvenuta nel 1856 e di alcuni resti trovati a Giava nel 1890-91, al genere Homo vengono assegnate anche specie fossili.

Nelle descrizioni tassonomiche moderne, il genere Homo viene descritto sulla base di caratteristiche che lo discriminano da altri membri estinti della famiglia e dalle scimmie antropomorfe viventi. Tra le altre, W. E. Le Gros Clark suggerì le dimensioni del cervello, la morfologia del cranio e dei denti.

Lo studio dell'evoluzione degli Ominidi è progredito significativamente negli ultimi decenni grazie alla scoperta di importanti nuovi fossili, avvenuta in vari territori e in particolare (per quanto riguarda le fasi più antiche) in Africa, e a seguito di fondamentali avanzamenti metodologici della paleoantropologia. Il perfezionamento e la diffusione di metodi di datazione assoluta hanno consentito un più preciso inquadramento geocronologico dei fossili umani. Confronti biomolecolari ( cromosomi, DNA, proteine ) tra l'uomo e altri Primati viventi (in particolare, scimpanzé e gorilla) hanno inoltre fornito elementi di dibattito spesso decisivi nel chiarire alcuni aspetti filogenetici.       

Tra Oligocene e Miocene (25-20 milioni di anni fa) compaiono Primati che chiaramente preludono alla comparsa delle scimmie attuali. In particolare, nel Miocene inferiore si può individuare in Proconsul africanus il più antico e indubbio rappresentante dei Catarrini cui appartengono le scimmie antropomorfe e l'uomo attuali. Un'ulteriore radiazione evolutiva avvenne in coincidenza di periodi con clima più fresco e arido nel Miocene medio-superiore, quando in regioni tropicali e subtropicali la savana si espanse, e vennero ridotte le aree coperte da foresta. A 14 milioni di anni fa si fa risalire il Kenyapithecus di Fort Ternan (Kenya) da cui discenderebbe Ramapithecus, antenato        dell’orangutan vissuto in Eurasia 12-8 milioni di anni fa. Tra 8 e 5 milioni di anni fa (Miocene finale), gruppi di Primati superiori svilupparono i preadattamenti ad una particolare forma di locomozione: l'andatura eretta. I resti fossili di questi Primati sono oggi ancora sostanzialmente sconosciuti.

          Tuttavia, poiché nessun primate precedente dimostra adattamenti anatomici alla stazione eretta, che invece appare affermata con i primi australopiteci (ca. 4 milioni di anni), si ritiene che i preominidi siano vissuti tra 8 e 5 milioni di anni fa. I dati biomolecolari indicano inoltre che l'ultimo antenato comune dell'uomo e delle scimmie antropomorfe africane attuali (gorilla e scimpanzé) visse circa 6-5 milioni di anni fa.        

Da Australopithecus  a Homo

 I più antichi Ominidi attualmente conosciuti appartengono ai generi Ardipithecus, Australopithecus e Paranthropus. La maggioranza dei paleoantropologi ritiene che gli antenati del genere Homo siano da ricercarsi in una specie di australopiteci gracili vissuta in Africa tra 3 e 2,5 milioni di anni fa. Nel 1964 Louis Leakey, Phillip Tobias e John Napier annunciarono il ritrovamento, nella Gola di Olduvai, di alcuni frammenti cranici associati a strumenti litici estremamente primitivi. Gli autori proposero di assegnare tali reperti a una nuova specie, H. habilis, individuando in essa le tendenze evolutive che hanno portato alla comparsa di H. erectus e, successivamente, H. sapiens. Sebbene l’associazione con utensili litici non facesse formalmente parte della diagnosi, la sua importanza è evidente dal tipo di denominazione assegnata alla specie, che denota, oltre l’abilità di manipolazione, anche l’ attribuzione di un sofisticato comportamento culturale.

L’introduzione della nuova specie fu accolta dalla comunità scientifica con notevole scetticismo in quanto allora nessuno dubitava della relazione filogenetica diretta tra Australopithecus africanus e H. erectus. Inoltre, i resti di Olduvai presentavano una capacità cranica ridotta (ca. 600 cc) rispetto a quella allora considerata diagnostica del genere Homo. Il pensiero dominante dell’ epoca non riteneva comunque plausibile la comparsa del genere Homo già in epoca pliocenica.

 

Homo habilis e Homo rudolfensis

Il riconoscimento formale della specie H. habilis, avvenne solo nel 1972 con la scoperta del cranio KNM-ER 1470 a Koobi Fora (Kenya), un reperto che ora alcuni autori vorrebbero classificare in una specie diversa. Resti fossili attualmente attribuiti a H. habilis sono stati rinvenuti in Etiopia (Omo), Kenya (Olduvai e Koobi Fora) e Sud Africa (Sterkfontein e Swartkrans). I reperti più antichi attribuiti con certezza a H. habilis sono venuti alla luce negli strati della formazione di Chemeron, nei pressi del lago Baringo in Kenya, datati ca. 2,4 milioni di anni. La più recente documentazione fossile di H. habilis è invece costituita da resti trovati a Olduvai in depositi risalenti a ca. 1,6 milioni di anni fa.

        Homo habilis è il primo ominide in cui si evidenzia una chiara tendenza all’aumento del volume encefalico. La scatola cranica è più voluminosa rispetto ad Australopithecus, mostrando una variabilità intraspecifica compresa tra 600 e 800 cc. Inoltre, la presenza di particolari solchi rilevati sui calchi endocranici e lo sviluppo delle aree di Broca e Wernicke, hanno indotto alcuni antropologi ad ipotizzare che questi Ominidi possedessero le basi neurologiche del linguaggio concettuale. Le ossa degli arti indicano che H. habilis fu un bipede efficiente e i fossili della mano suggeriscono la capacità di una fine manipolazione degli oggetti. Il lavoro di Mary Leakey a Olduvai ha permesso di attribuire ad H. habilis le industrie olduvaiane, culture arcaiche che comprendono schegge e strumenti su ciottolo a scheggiatura unifacciale (choppers) o bifacciale (chopping tools). Tale associazione, confermata dai reperti trovati anche a Sterkfontain, Koobi Fora e Omo, ha persuaso molti autori a interpretare la capacità di costruire strumenti come un fattore fondamentale degli eventi che hanno determinato il successo evolutivo della linea umana.   

             L’ampia variabilità morfologica delle dimensioni craniche e dello scheletro facciale riscontrata nei reperti di Koobi Fora, ha indotto alcuni studiosi ad ipotizzare la presenza di più di una specie del genere Homo nel periodo compreso tra 2 e 1,6 milioni di anni. Oltre a individui piuttosto gracili e dotati di crani più piccoli (p. es. KNM-ER 1813), ne esistevano infatti altri con maggiori dimensioni corporee e cervello più voluminoso (p. es. KNM-ER 1470). Alcuni paleoantropologi considerano le forme gracili, che hanno mantenuto caratteristiche primitive a livello dello scheletro postcraniale, come appartenenti ad H. habilis, mentre le forme di maggiori dimensioni sono attribuite alla specie H. rudolfensis. Altri studiosi preferiscono invece ipotizzare la presenza contemporanea di H. habilis e una forma tardiva di Australopithecus africanus o più semplicemente riconoscono in tale variabilità un marcato dimorfismo sessuale intraspecifico. In ogni caso, queste specie coabitarono nello stesso ambiente con Australopithecus boisei, ma solo da una di esse ha avuto origine H. erectus mentre le altre si sono estinte.

 

                 Homo erectus

 Con la comparsa di H. erectus, avvenuta ca. 2 milioni di anni fa, si osserva un’ampia diffusione geografica del genere Homo e l’introduzione di acquisizioni tecniche e comportamentali di estrema importanza per l’evoluzione umana: l'invenzione dei primi bifacciali e la capacità di controllo del fuoco. I più antichi ritrovamenti di H. erectus risalgono al 1891-92, quando Eugène Dubois scoprì a Giava una calotta cranica e un femore risalenti a circa 900.000 anni fa. Dubois assegnò i resti a una nuova specie, Pithecanthropus erectus ( l’uomo-scimmia eretto ), individuando in essa l’anello mancante tra le scimmie antropomorfe e l’ uomo. Nei primi decenni del XX secolo, altri fossili con caratteristiche simili vennero alla luce in Cina, in Africa e in altre località di Giava. Ogni scoperta fu invariabilmente assegnata ad una nuova unità tassonomica (Pithecanthropus robustus, Sinanthropus pekinensis, Meganthropus palaeojavanicus, Atlanthropus mauritanicus, Telanthropus capensis, ecc.), ma attualmente la maggioranza dei paleoantropologi attribuisce tali resti a H. erectus.

La maggior parte del materiale fossile di questa specie è stata scoperta in Asia, in particolare nel sito di Sangiran (Giava), dove a partire dal 1936 sono stati rinvenuti numerosi fossili risalenti a circa un milione di anni fa. In Cina, accurati scavi condotti tra il 1927 e il 1937 nella caverna di Zhoukoudian, restituirono i resti frammentari di almeno 40 individui e circa 100.000 manufatti litici. I primi ritrovamenti di H. erectus in Africa, avvenuti nel 1949 a Swartkrans, e successivamente a Ternifine (Algeria), dimostrarono l’ampia distribuzione geografica della specie. A partire dagli anni '60 la presenza di H. erectus fu documentata anche in Africa orientale. Nella Gola di Olduvai esistono prove ben documentate della presenza di H. erectus in un arco di tempo che va da 1,4 a 0,6 milioni di anni fa. Il ritrovamento di diversi fossili a Koobi Fora, in Kenya, ha inoltre permesso di stabilire che già 1,8-1,7 milioni di anni fa erano presenti in Africa popolazioni simili a quelle asiatiche ma caratterizzate da alcuni tratti anatomici peculiari.

L’antichità delle testimonianze fossili in Africa e in Asia, suggerisce che H. erectus fosse presente in Europa alla fine del Pleistocene inferiore, ma i fossili attualmente disponibili risalgono solo al Pleistocene medio. Tracce del popolamento europeo di H. erectus sono rappresentate da manufatti litici trovati nella grotta Le Vallonet e a Soleihac (Francia), a Isernia La Pineta (Italia) e a Karlich ( Germania ). Il più antico fossile europeo di H. erectus è da una mandibola scoperta a Dmanisi, in Georgia, la cui età che potrebbe essere di ca. 1,5 milioni di anni. Sfortunatamente, i reperti di età successive risalgono a 600.000 anni fa, lasciando un vuoto di ca. 400.000 nella documentazione fossile. Tra questi i più noti sono la mandibola trovata a Mauer ( Germania ), il cranio di Petralona (Grecia), gli oltre 50 reperti provenienti dalla grotta dell’Arago (Francia), il frammento cranico di Vértesszöllös (Ungheria), e circa 90 reperti fossili cranici portati alla luce nella Cueva Mayor di Ibeas, presso Atapuerca (Spagna).

             Nel complesso si tratta di popolazioni piuttosto differenziate rispetto agli altri reperti di H. erectus e alcuni studiosi le considerano forme arcaiche di H. sapiens.

           Le differenze anatomiche che distinguono H. erectus da H. sapiens riguardano le dimensioni e la forma del cranio e dei denti, mentre le ossa degli arti, sebbene più robuste, sono simili a quelle dell’uomo moderno. H. erectus possedeva una capacità cranica di dimensioni ridotte, variabile tra 750 e 1225 cc. Le caratteristiche anatomiche del cranio sono costituite dalla fronte sfuggente e dalla presenza di un torus sopraorbitario e di uno occipitale. Il massiccio facciale presenta inoltre una faccia larga moderatamente prognata, naso largo, mandibola priva di mento e dentatura robusta. Esistono tuttavia numerose eccezioni a questo piano strutturale generale, espressione di una considerevole variabilità morfologica. Alcuni paleoantropologi hanno enfatizzato la differenza tra i reperti asiatici e alcuni resti africani proponendo di assegnare alla specie H. erectus solo i fossili rinvenuti in Asia. Il paleoantropologo Bernard Wood ha recentemente introdotto la denominazione H. ergaster per contraddistinguere le popolazioni di Koobi Fora e Nariokotome. Secondo questa interpretazione, H. ergaster si sarebbe evoluto verso forme umane più moderne, mentre H. erectus fu una specie che si sviluppò e diffuse, soprattutto in Asia, parallelamente alla linea evolutiva che ha dato origine a H. sapiens. Altri studiosi forniscono invece una interpretazione in termini di variabilità intraspecifica che connoterebbe H. erectus come una specie politipica con ampia diffusione geografica.

Recenti scoperte hanno dimostrato la presenza di H. erectus in Asia in epoche molto più antiche di quanto fosse ritenuto in passato. Il riesame della datazione di alcuni reperti indonesiani trovati a Mojokerto e a Sangiran alla fine degli anni '70, ha permesso di stabilire un’età di 1,8-1,6 milioni di anni, attestando la contemporaneità di questi resti con i fossili africani più antichi. Inoltre, nel 1995 sono stati scoperti resti dentari associati a utensili litici nei depositi del Pleistocene inferiore della grotta di Longgupo, in Cina centrale. Questa scoperta non solo conferma la presenza di ominidi in Asia già 1,9 milioni di anni fa, ma l’anatomia sembrerebbe indicare l'appartenenza a una specie più primitiva di H. erectus, probabilmente affine a H. ergaster o addirittura a H. habilis. Queste nuove scoperte suggeriscono che il primo ominide ad aver lasciato l'Africa fu primitivo almeno quanto H. ergaster e implicano che H. erectus potrebbe aver avuto origine in Asia e solo successivamente si sia diffuso in Europa e Africa.

Una controversia che alimenta un appassionato dibattito tra i paleoantropologi consiste nella modalità con le quali ha avuto luogo la transizione tra H. erectus e H. sapiens. La teoria della continuità multiregionale prevede che le diverse popolazioni geografiche di H. erectus abbiano dato origine a ominidi più moderni in una progressione graduale ininterrotta. Secondo i sostenitori dell’origine africana di H. sapiens, H. erectus è invece una specie diffusasi prevalentemente nel continente asiatico. Essi attribuiscono le popolazioni africane più arcaiche ad una specie separata, H. ergaster, che successivamente ha dato origine a H. sapiens. Per i sostenitori di questo secondo modello, H. erectus costituisce una specie troppo specializzata per essere ancestrale alle popolazioni più moderne.

 

Homo sapiens

Fossili umani anatomicamente moderni furono scoperti per la prima volta nel 1868 nel riparo sottoroccia di Crô - Magnon ( Francia). Negli anni seguenti, altri siti europei restituirono reperti umani associati a ossa animali o artefatti che ne comprovavano l’ antichità. Tra gli altri, particolare importanza ebbero i ritrovamenti effettuati in alcune località della Moravia (a Mladec, Brno e Predmostí), in Francia (a Chancelade e Combe-Chapelle) e in Italia (nelle caverne dei Balzi Rossi a Grimaldi). Il risultato di questi e numerosi altri scavi effettuati in tempi più recenti hanno fornito la testimonianza diretta della presenza di popolazioni umane anatomicamente moderne in numerose regioni dell’ Europa circa 35.000 anni fa.

  I ritrovamenti avvenuti a partire dalla seconda metà del XX secolo in Africa, nel Vicino Oriente, in Asia e in Australia hanno permesso di ricostruire un quadro preciso della variabilità delle caratteristiche fisiche nello spazio e nel tempo, fornendo le basi per formulare alcune ipotesi in merito all’origine delle popolazioni anatomicamente moderne della nostra specie.

Il processo evolutivo che ha determinato la transizione da H. erectus a H. sapiens ha prodotto notevoli cambiamenti strutturali e funzionali dell’anatomia. Le principali caratteristiche craniche che contraddistinguono la specie H. sapiens sono il cospicuo aumento del volume encefalico medio (1350 cc), la volta elevata, la fronte arrotondata e verticale, i rilievi sopraorbitari poco marcati e la regione occipitale arrotondata. Sulla mandibola è presente un mento osseo e i denti hanno piccole dimensioni e morfologia semplice. Le ossa lunghe degli arti sono relativamente gracili e fornite di diafisi (parte centrale delle ossa lunghe) poco incurvate. La comparsa di popolazioni umane più moderne è inoltre associata alle prime manifestazioni di una sensibilità artistica e allo sviluppo di tecnologie più raffinate e di più efficienti strategie di sfruttamento delle risorse naturali.

Testimonianze che preludono la comparsa di H. sapiens si riscontrano in resti che risalgono a circa 400.000 anni fa, tra i quali la mandibola di Mauer e il cranio di Broken Hill (ora Kabwe). In passato fossili di Heidelberg e Kabwe sono stati assegnati a specie distinte sia da H. erectus sia da H. sapiens, denominate rispettivamente H. heidelbergensis e H. rhodesiensis. Attualmente sono considerati forme arcaiche di H. sapiens, così come lo sono i crani di Saldanha (Sud Africa) e Omo 2 (Etiopia) scoperti in tempi più recenti. Maggiore incertezza riguarda invece i reperti di Bodo (Etiopia), Salé (Marocco) e Ndutu ( Tanzania ), che la maggior parte degli studiosi considera varianti evolute di H. erectus. Analogamente, i reperti europei di Bilzingsleben ( Germania ), Vértesszöllös ( Ungheria ), Arago (Francia) e Petralona ( Grecia) sono da lungo tempo oggetto di accese dispute e vengono attribuiti, a seconda degli autori, a forme evolute di erectus o a popolazioni di sapiens arcaici. Durante lo stesso periodo al quale sono riferiti tali fossili, H. erectus continuò a vivere in Asia orientale, come testimoniato dai resti di Hexian (Cina), datati probabilmente 250.000 anni, e di Ngandong (Giava), risalenti a 100.000 anni fa.

Circa 400.000 anni fa, in Europa ebbe luogo un ulteriore cambiamento evolutivo, rappresentato dal differenziamento di nuova linea che diede origine all’uomo di Neanderthal. I resti fossili portati alla luce nei siti di Pontnewydd (Galles), Swanscombe (Inghilterra), Biache (Francia) e Steinheim ( Germania ) mostrano già alcune delle specializzazioni anatomiche tipiche dei successivi neanderthaliani. Il ritrovamento avvenuto nel 1992 nella grotta di Atapuerca, in Spagna, ha rivelato che popolazioni neanderthaliane classiche erano già presenti circa 300.000 anni fa.

L’origine dell’uomo moderno costituisce, come già accennato, una controversia che alimenta un appassionato dibattito tra i paleoantropologi. Le varie ipotesi proposte nel tempo sono riconducibili a due modelli principali.

             Quello denominato «Eva africana» o «arca di Noè», ipotizza un’origine unica, avvenuta in Africa in tempi relativamente recenti, alla quale sono seguiti processi migratori che hanno portato alla diffusione dell’uomo moderno nel resto del mondo. L’altro, definito modello dell’origine multipla o della continuità regionale, suggerisce che popolazioni ancestrali di H. erectus si siano evolute, gradualmente e in ogni parte del mondo, in forme arcaiche di H. sapiens dalle quali avrebbe poi avuto origine l’uomo moderno. Questo modello a candelabro prevede che sia possibile individuare nelle popolazioni moderne caratteristiche anatomiche presenti in epoche antiche. Inoltre, la comparsa di testimonianze fossili dell’uomo moderno dovrebbe essere quasi contemporanea nelle diverse regioni del vecchio mondo.

Prove a sostegno di un’origine africana recente derivano sia dall’analisi della variabilità genetica delle popolazioni attuali sia dalla documentazione paleontologica. Recenti indagini molecolari condotte a livello del DNA mitocondriale di 182 popolazioni attuali indicano che l’uomo moderno sia derivato da un antenato comune vissuto probabilmente in Africa 200.000 anni fa. Questi risultati sono avvalorati dal ritrovamento di resti umani di tipo moderno risalenti a ca.130.000 anni fa, avvenuto in due grotte sudafricane (Border Cave e Klasies River Mouth) e nella località Omo-Kibish in Etiopia. Tali reperti testimoniano la presenza dell’uomo moderno in Africa nel periodo in cui l’Europa era popolata esclusivamente dall’uomo di Neanderthal. Inoltre, la documentazione fossile rinvenuta nel Vicino Oriente a Skhûl e Qafzeh consente di stabilire che gruppi di neanderthaliani e popolazioni di uomini anatomicamente moderni umani condivisero i medesimi territori  circa 100.000 anni fa. Tuttavia, a partire da ca. 40.000 anni fa le popolazioni anatomicamente moderne furono le sole presenti nella regione. La diffusione delle popolazioni di tipo moderno in Europa avvenne probabilmente in questo periodo, come testimoniato anche dall’avvento della cultura materiale del Paleolitico superiore.

            A sostegno del modello evolutivo dell’origine multipla di H. sapiens sarebbe invece l’apparente continuità morfologica dei fossili dell’Estremo Oriente, riscontrabile nelle testimonianze fossili trovate in Cina, come anche tra H. erectus di Giava e alcuni dei più antichi resti australiani. La principale debolezza di questa teoria risiede nel fatto che in Europa mancano forme di transizione tra popolazioni arcaiche e moderne. Viceversa, la documentazione più dettagliata di questa continuità evolutiva si riscontra principalmente in Africa. I resti di Border Cave, Klasies River e Omo-Kibish non solo mostrano similitudini anatomiche con l’uomo moderno, ma anche con fossili di maggiore antichità trovati in altri siti dell’Africa. Il ritrovamento nel 2002 nella  caverna di Blombos ( Sudafrica) di un graffito risalente a ca. 77.000 anni fa valorizza quest'ipotesi. Il graffito, che rappresenterebbe la prima “traccia artistica” dell'uomo, potrebbe contribuire a far riscrivere la storia dell'evoluzione dell'uomo moderno anticipandola di millenni in quanto l'incisione precede di quasi 40.000 anni le pitture rupestri europee più antiche.

Comunque sia avvenuta la transizione da H. erectus a H. sapiens, è certo che popolazioni con caratteristiche anatomiche di tipo moderno erano ubiquitarie in Africa, Asia e Europa tra 35.000 e 25.000 anni fa. Circa nello stesso periodo, ma forse già in epoche ancora più antiche, iniziarono le prime migrazioni che portarono alla colonizzazione dell’ Australia.

Informazioni indirette sul tipo di organizzazione sociale delle popolazioni del tardo Pleistocene derivano dalla documentazione archeologica La struttura sociale dei gruppi del Paleolitico fu probabilmente influenzata dal tipo di ambiente in cui vissero. Le popolazioni che occupavano ambienti marginali, capaci di fornire sostentamento a piccoli gruppi, erano probabilmente organizzate in bande di famiglie imparentate, analogamente a molte società di cacciatori-raccoglitori di età storica dell’Australia e dell’Africa. Le popolazioni che invece vivevano in ambienti con maggiori risorse possono avere formato strutture sociali con un’organizzazione più complessa. Rispetto alle epoche precedenti si riscontra inoltre un maggiore contatto e scambio di merci tra popolazioni lontane.

 

            ► Homo Neandertal

            Tipo umano arcaico; gli individui rappresentanti di tale gruppo vissero in Europa e nel Vicino Oriente durante il tardo Pleistocene (120.000-30.000 anni fa). La scoperta dell'uomo di Neanderthal ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo della paleoantropologia per il contributo determinante nel fare accettare alla comunità scientifica e all’opinione pubblica la teoria dell’ evoluzione umana introdotta da C. Darwin. L'uomo di Neanderthal costituisce una forma di umanità molto evoluta, ma differisce dall’uomo moderno sotto il profilo strettamente anatomico per alcune caratteristiche craniche e per la considerevole robustezza scheletrica. Tali differenze sono stata espresse classificando l’uomo di Neanderthal in unità tassonomiche diverse (Paleanthropus neanderthalensis, Homo primigenius, Homo antiquus, Homo sapiens fossilis, ecc). In tempi recenti l’uomo di Neanderthal è stato spesso considerato una forma tardiva di Homo sapiens arcaico, denominata Homo sapiens neanderthalensis, ma un numero sempre maggiore di studiosi propende per il riconoscimento di una vera e propria specie, Homo neanderthalensis (Homo). 

Il primo ritrovamento documentato è rappresentato da un cranio frammentario scoperto nel 1829 nella grotta di Engis, vicino a Liegi, in Belgio. Nel 1848 in una grotta della cava di Forbes, a Gibilterra, venne alla luce un altro cranio parziale, ma come nel caso del reperto di Engis, non fu riconosciuto il vero significato del reperto. La scoperta dei neanderthaliani viene fatta coincidere con il rinvenimento, nel 1856, di una calotta cranica e di alcune ossa dello scheletro nella grotta di Feldhofer, nella valle di Neander presso Düsseldorf, in Germania. I fossili, interpretati inizialmente come resti di orso, furono successivamente identificati come umani dall’anatomista tedesco H. Schaafhausen, che li attribuì a una forma umana arcaica vissuta in Europa settentrionale.
        Negli anni successivi furono effettuate nuove scoperte (in Belgio, nella grotta di Spy d’Orneau) che determinarono il definitivo riconoscimento dell’uomo di Neanderthal. In uno strato contenente manufatti in pietra e resti di specie animali estinte (rinoceronte lanoso, mammut, orso e iena), furono portati alla luce gli scheletri incompleti di due individui simili al fossile di Neander. L’associazione dei resti con faune estinte costituiva una prova inconfutabile dell’ antichità dei reperti umani. La documentazione fossile dell’ uomo di Neanderthal aumentò cospicuamente negli anni successivi. Le scoperte effettuate a Krapina, presso Zagabria in Croazia, e nei siti francesi di La Chapelle-aux-Saints nella Corrèze, Le Moustier e La Ferrassie in Dordogna, La Quina nella Charente, hanno consentito una descrizione dettagliata dell’aspetto di queste popolazioni e fornito informazioni sul loro stile di vita.

Nel corso degli anni ‘30 la conoscenza sulla distribuzione geografica dei neanderthaliani si estese ulteriormente grazie alla scoperta di numerosi reperti nella grotta di Tabun sul Monte Carmelo, in Palestina, nella grotta di Teshik-Tash, in Uzbekistan, nella caverna di Shanidar in Iraq e nelle grotte di Amud e Kebara in Israele. Tali ritrovamenti hanno permesso di stabilire che nei siti musteriani del Vicino Oriente erano presenti due forme umane: i neanderthaliani orientali a Tabun, Amud, Shanidar, Kebara e Teshik-Tash e le popolazioni anatomicamente moderne a Skhûl e Qafzeh. Resti fossili di neanderthaliani erano già stati scoperti in Italia nella Grotta delle Fate di Finale Ligure (1887-89) e nella Grotta Guattari, dove A. C. Blanc nel 1939 scoprì un cranio di maschio adulto (Circeo I). Il cranio Circeo I è attualmente considerato il reperto italiano più rappresentativo dell’ uomo di Neanderthal, sia per la completezza e lo stato di conservazione, sia per le possibili implicazioni di tipo culturale che potrebbe suggerire. È stato infatti ipotizzato che il cranio costituisca una testimonianza della cerebrofagia rituale e di culto dei crani praticato da queste popolazioni.

Le conoscenze attuali delle caratteristiche fisiche dell’uomo di Neanderthal derivano dallo studio dei resti di oltre 300 individui provenienti da circa 70 siti. Peculiari sono la volta cranica appiattita, la fronte sfuggente e la regione occipitale stirata. I rilievi sopraorbitari sono piuttosto sviluppati e formano un torus ininterrotto. Lo scheletro facciale presenta un considerevole prognatismo e la mandibola è priva di mento osseo. L’anatomia cranica e facciale dei neanderthaliani è stata interpretata come un adattamento a condizioni climatiche piuttosto rigide, ma probabilmente si tratta di una specializzazione biomeccanica legata alla struttura corporea globale. La struttura delle ossa riflette un’eccezionale forza muscolare, così come lo spessore delle ossa della gamba implica la capacità di sopportare lunghi periodi di uso intenso. Il cervello dell’uomo di Neanderthal aveva un volume (1200-1750 cc.) e una struttura generale comparabili a quello dell’uomo moderno. La possibilità che queste popolazioni facessero uso di un sistema di comunicazione orale costituisce un interrogativo ancora privo di risposta. Alcuni tratti anatomici della base cranica inducono tuttavia ad ipotizzare che i neanderthaliani non fossero in grado di emettere l’intera gamma di suoni dell’uomo attuale.

 

                 La caccia ha rappresentato per l'uomo di Neanderthal un’attività di primaria importanza. Le prede quali l’orso delle caverne, il bisonte, il cervo, la renna e il mammut, venivano disarticolate e depezzate al fine di utilizzarne le carni e la pelle. A questo scopo erano impiegati particolari strumenti in pietra: punte, amigdale, grattatoi, raschiatoi, ecc. I costumi venatori imposero abitudini di tipo nomadico, in quanto l’occupazione del territorio era vincolata dalla presenza di selvaggina e di materie prime per la produzione di utensili. I neanderthaliani occuparono località diverse traendo vantaggio dalla disponibilità stagionale delle risorse; grotte e ripari sotto roccia furono largamente utilizzati come siti abitativi, specialmente durante i periodi di freddo intenso. L’origine dell’uomo di Neanderthal è da ricondursi a popolazioni arcaiche vissute in Europa circa 400.000 anni fa, del tipo di quelle rinvenute a Swanscombe ( Inghilterra), Biache (Francia) e Steinheim (Germania). Il ritrovamento avvenuto nel 1992 nella grotta di Atapuerca, in Spagna, ha rivelato che popolazioni neanderthaliane classiche erano già presenti circa 300.000 anni fa.

L’uomo di Neanderthal scomparve dall’Europa e dall’Asia occidentale circa 30.000 anni fa, in base alla datazione dei resti di Saint Césaire (Francia) che costituiscono la più recente testimonianza fossile dell’uomo di Neanderthal. L’estinzione fu probabilmente dovuta all’ avvento delle prime popolazioni dell’uomo anatomicamente moderno con le quali si ritiene siano stati in competizione per le risorse. L’uomo attuale sarebbe pertanto giunto in Europa a seguito di migrazioni da altre aree di origine e non per evoluzione graduale a partire da un antenato neandertaliano.

 

     ■ Le industrie litiche del Paleolitico

È lo stadio, nella storia dell'antica umanità, durante il quale l'uomo visse con i prodotti della caccia e della raccolta. Le industrie dei cacciatori paleolitici consistono in armi e utensili fatti con pietra e in seguito anche con corno e con osso. Si trovano nei luoghi dove queste genti sostarono e abitarono, cioè sui terrazzi fluviali, ai margini dei laghi, conglobate nei depositi alluvionali o sparse in superficie e nei depositi delle caverne insieme con le ossa di animali, cioè i resti dei pasti dei cacciatori. In base alla tecnica di lavorazione e alla evoluzione nella tipologia delle industrie umane il Paleolitico viene diviso in Paleolitico inferiore, Paleolitico medio e Paleolitico superiore.

Paleolitico inferiore. Le industrie litiche del Paleolitico inferiore sono raggruppate in due cicli: quelle dell'industria su ciottolo nel quale il ciottolo o l'arnione, mediante distacco di schegge è stato trasformato in utensile; il ciclo dell'industria su scheggia nel quale gli utensili venivano ricavati dalle lame staccate dal ciottolo o dall'arnione.

  CICLO DELLE INDUSTRIE SU CIOTTOLO

Le forme più semplici e più antiche rinvenute nella gola di Olduvai in Tanzania, datate a ca. 1.800.000 anni fa, sono i choppers e i chopping tools, cioè ciottoli che presentano rispettivamente distacco di schegge ad una estremità su una sola faccia oppure su due facce. Questi manufatti su ciottolo appartengono alla Pebble culture, della quale fanno parte diverse facies (olduvaiana, caufana, ungarica, ecc.). Dai choppers e chopping-tools per estensione del distacco di schegge lungo il perimetro del ciottolo si arriva alle forme bifacciali, i cui tipi più antichi fabbricati dall'Homo erectus si fanno risalire a 1.400.000 anni fa. Per le caratteristiche della tecnica di lavorazione e della tipologia un tempo si distingueva l'industria chelleana o abbevillana dall'industria acheuleana. Oggi si ha la tendenza ad abolire il termine di Chelleano o Abbevilliano e distinguere invece l'Acheuleano, in base alle caratteristiche tipologiche, in inferiore, medio e superiore. Tuttavia, poiché non esiste una totale concordanza in tale senso, noi ci atterremo alla vecchia nomenclatura.

L'industria chelleana prende il nome del giacimento di Chelles presso Parigi, scoperto nel 1878 (si è poi preferito usare per questa industria la denominazione di abbevilliana da Abbeville, giacimento nella valle della Somme). Strumento tipico è l'amigdala. Questa industria proviene da giacimenti all'aperto della Francia, dove per l'associazione con resti di «fauna calda» vengono assegnate all'interglaciale.                                                                                                  

Nell'Acheuleano antico i bifacciali sono di lavorazione più grossolana con distacco ancora di grandi schegge. L'Acheuleano è presente in giacimenti o stazioni all'aperto e raramente in grotte dei territori dell'Europa occidentale, dell'Africa e dell’Asia.

             ► CICLO  DELLE  INDUSTRIE SU SCHEGGIA

Si presenta con diverse facies. In Polonia, Francia, Italia, Inghilterra, è presente l'industria clactoniana (da Clacton on Sea, nell'Essex, Inghilterra) caratterizzata da strumenti su scheggia staccata dal nucleo mediante percussione sull'incudine (Clactoniano). Nel Punjab (regione nordoccidentale della penisola indiana) è presente l'industria saoniana, mentre a Chou-Kou-Tien, in Cina, unitamente a choppers e piccoli chopping-tools, si hanno raschiatoi e schegge di quarzo staccate con la tecnica bipolare.

Oggi quasi tutti gli studiosi sono concordi nel considerare il Levalloisiano (da Levallois-Perret in Francia) come una tecnica e non come un'industria. La tecnica levalloisiana deriva dall'aver scoperto il modo di produrre, attraverso la preparazione del nucleo, schegge di forma predeterminata.

Non possediamo finora documentazioni sulle manifestazioni spirituali, sulle credenze religiose, sull'organizzazione sociale delle popolazioni del Paleolitico inferiore; i resti industriali dimostrano comunque che queste genti erano psicologicamente inferiori, rispetto alle popolazioni del Paleolitico medio, e con ciò si spiega l'uniformità e la monotonia tipologica, per un lunghissimo periodo di tempo, delle industrie del Paleolitico inferiore. 

▪ Paleolitico medio.

Comprende industrie che si sono sviluppate nell' arco di tempo compreso tra le due ultime grandi glaciazioni (conosciute come Riss e Würm). Al Paleolitico medio appartengono ancora industrie di tipo acheuleano finale, quale l'industria micocchiana (dal giacimento di La Micoque in Dordogna), diffusa in Francia, Germania, Crimea.

   L’industria litica più significativa del Paleolitico medio è rappresentata dal Musteriano. E’ presente in Europa, Africa, Asia con numerose facies. Alcuni aspetti della cultura musteriana sono dovuti all'ambiente dove sono sorti o alla qualità della materia prima utilizzata per la fabbricazione degli strumenti. Nel complesso il Musteriano è attribuito a popolazioni umane di tipo neanderthaliano di cui si hanno numerosi reperti scoperti in importanti siti (La Quina, Le Moustier, Chapelle-aux-Saints, grotta Guattari al Circeo).

 ▪ Paleolitico superiore.

La sua origine è un problema ancora aperto. Nel territorio del Vicino Oriente e dell'Africa nordoccidentale sono presenti complessi di tipo paleolitico superiore che si intercalano alle industrie musteriane, quali l'amudiano dei giacimenti di Adlun, Tabun, Jabrud nella zona siro-libanese datato a 45.000 anni fa, caratterizzato soprattutto da lame con margini finemente ritoccati. In Europa i resti più antichi si fanno risalire a 40.000 anni or sono e la sua durata è stata di ca. 30.000 anni, durante i quali si affermarono le culture castelperroniana ( Castelperroniano), aurignaziana ( Aurignaziano), szeletiana, solutreana (Solutreano), maddaleniana (Maddaleniano) e tanti altri aspetti, alcuni ancora mal definiti. Gli studiosi non sono concordi sull'origine delle culture del Paleolitico superiore dovute all'Homo sapiens sapiens. Secondo alcuni sarebbero state tutte introdotte in Europa, secondo altri solamente l'Aurignaziano, mentre le altre culture sarebbero di derivazione da complessi musteriani locali; il Solutreano deriverebbe da un complesso a foliati della fase arcaica del Paleolitico superiore, il Magdaleniano dal Gravettiano.

Le genti del Paleolitico superiore presentavano un notevole sviluppo psichico e somatico rispetto alle genti neanderthaliane e possedevano una nuova tecnica per la lavorazione della pietra, consistente nella produzione di lame, che venivano trasformate in vari strumenti. Gli strumenti più importanti del Paleolitico superiore sono: i bulini, vari tipi di raschiatoi, di grattatoi, di punte, di lame con incavi e di lame con un dorso. Anche le industrie su corno e su osso subirono durante il Paleolitico superiore un notevole sviluppo; strumenti tipici sono le punte di zagaglia tratte da schegge del corpo di ossa lunghe; inoltre i paleolitici fabbricarono pugnali, spatole e propulsori e i cosiddetti bastoni di comando, consistenti in frammenti di corna con uno o più fori, interpretati un tempo come emblemi di comando e oggi considerati quali raddrizzatori di frecce, ecc. Numerosi e vari furono gli ornamenti ottenuti con conchiglie e denti forati. Le industrie del Paleolitico superiore hanno in comune la tecnica della lavorazione della lama, ma presentano secondo i luoghi e il tempo aspetti particolari che saranno via via esaminati.

Per un sensibile raffreddamento della temperatura durante il glaciale würmiano vivevano nell'Europa centrale il mammut, il rinoceronte lanoso, la renna, lo stambecco, il camoscio, la marmotta, la pernice delle nevi ecc., tutti animali della fauna fredda nordico - continentale e alpina. Nell'Europa meridionale e specialmente in Italia ancora per un lungo periodo di tempo sopravvissero animali della fauna calda; solamente intorno ai 18.000 anni da oggi le contrade più meridionali della nostra penisola vennero popolate da roditori artici, in Puglia giunse il mammut e gli animali di habitat alpino scesero in pianura; intorno ai 12.000 anni fa arrivò il pinguino boreale.

I cacciatori del Paleolitico superiore ebbero pertanto a loro disposizione una ricca e varia selvaggina, la cui caccia era facilitata da un maggior numero di armi, da strumenti più perfezionati di quelli dei cacciatori musteriani e dall'uso delle trappole, di cui conosciamo varie forme perché vennero incise o dipinte sulle pareti delle caverne dei cacciatori di quell'epoca.

              In Asia è importante il giacimento di Kara Kamar (Afghanistan) che ha dato una industria di tipo aurignaziano datata a 34.000 anni fa. Ricorderemo inoltre le industrie provenienti dai depositi nelle grotte Zarzi e Shanidar in Iraq, alcune appartenenti al Baradostiano datate a 33.000 anni fa.
            In Cina il Paleolitico superiore è presente nella grotta superiore di Chu-Kou-Tien e nel giacimento all'aperto in un terrazzo fluviale nel medio Ordos. In Siberia è famoso il giacimento di Maltà nella regione del lago Bajkal sia per le sue abitazioni sia per i prodotti artistici fra i quali compaiono statuette femminili, uccelli stilizzati e la figura di un mammut. Ormai è accertato che il Giappone è stato unito al continente asiatico per una buona parte del Pleistocene per cui non si esclude la possibilità che esistano industrie del Paleolitico inferiore, mentre siamo certi della presenza di giacimenti del Paleolitico superiore datati a 25-27.000 anni fa e nell'isola di Hokkaido è presente una industria su lama in ossidiana che è stata datata fra i 18.000 e i 6000 anni a. C.; lame a dorso abbattuto sono state trovate nel territorio di Tokyo. Dato l'immobilismo del Paleolitico asiatico è difficile fare un preciso riferimento cronologico e culturale per le industrie rinvenute nelle isole tra il Giappone e Giava e la stessa situazione sussiste per l'Australia, dove le datazioni più antiche di giacimenti con industrie di tipo paleolitico superiore si fanno risalire a 17.000 anni fa. In Africa sono presenti varie facies del Paleolitico superiore, fra le quali ricorderemo nel settentrione l'industria ateriana (Ateriano), la ibero-maurisiana (Ibero-maurisiano) e la capsiana (Capsiano).

           Il continente americano è stato popolato dall'uomo durante il Paleolitico superiore e la datazione più antica accettabile si può far risalire a 25.000 anni fa. La maggior parte dei giacimenti sono però compresi nell'arco di tempo fra i 15-10.000 anni a. C. Dalla grotta Sandia nel Nuovo Messico prende il nome la cultura omonima caratterizzata da punte bifacciali con tacca poco pronunciata, oppure scanalate (a Lucy) e grattatoi; industria successiva è quella denominata «di Clovis», dovuta a cacciatori i quali usavano punte lanceolate a base lievemente concava. Un'altra industria ancora mal definibile è presente in alcuni giacimenti presso Quito nell'Ecuador e consta di bulini multipli su troncatura ritoccata e bulini e grattatoi su ossidiana ed è stata datata tra i 7000 e i 3000 anni a. C. Nella provincia di Ayacucho, sugli altopianai del Perú, sono presenti stazioni all'aperto e entro grotte le quali contengono testimonianze di culture che si sono succedute nella zona, senza soluzione di continuità, nel periodo compreso tra il 20.000 e il 1500 a. C. A 13.000 anni si fanno risalire i resti umani e i manufatti rinvenuti a Marmes Rock, nei pressi di Washington.

 

   Mesolitico

Termine (dal greco mèsos, mediano, e lìthos, età di mezzo della pietra) con il quale si indica il periodo intercorso tra Paleolitico e Neolitico. Con la fine della glaciazione würmiana, il clima di tipo continentale freddo si andava via via modificando verso un clima caldo e secco. In Europa meridionale, la fauna fredda cominciò a ritirarsi verso il nord con una notevole ripercussione sull'economia dei cacciatori del Paleolitico superiore che si erano specializzati nella loro caccia. Durante il Mesolitico i discendenti dei cacciatori del Paleolitico superiore in alcuni territori continuarono a esercitare la caccia, ma nelle regioni più a sud diventano frequenti la pesca e la raccolta dei molluschi marini e terrestri e dei vegetali.

Le industrie mesolitiche sono di derivazione paleolitica superiore, ma variano da regione a regione per la scoperta e l’uso di diversi strumenti. In questo periodo comparve la razza brachicefala. Lo stile naturalistico delle produzioni artistiche venne progressivamente sostituito dallo stile schematico. Le produzioni artistiche mesolitiche sono state trovate nelle grotte e nei ripari della Spagna orientale. Le raffigurazioni consistono in scene di caccia, di guerra e di danza, e si possono considerare come ultime manifestazioni di popolazioni viventi ancora con un'economia basata esclusivamente sulla caccia; la figura umana è messa in massimo rilievo e gli uomini sono ritratti mentre stanno cacciando armati d’arco oppure mentre combattono fra di loro; le donne portano una gonna lunga alla caviglia e sono talvolta riunite in gruppi danzanti. Nel Mesolitico continua il rito della sepoltura singola con ricco corredo e con la presenza di ocra, ma compaiono anche sepolture collettive e si hanno indicazioni della pratica di decapitazione post mortem. Alcuni studiosi per indicare le industrie mesolitiche usano il termine Epipaleolitico.

          Nell’Europa settentrionale al Maddaleniano finale sono successe diverse industrie mesolitiche più o meno contemporanee. Ricorderemo in Danimarca la cultura di Lingby, sviluppata tra il IX e l'VIII millennio, i cui strumenti tipici sono le accette in corno di renna e le punte di selce a peduncolo corto e margine scarsamente ritoccato. Contemporanea è l’industria ahrensburghiana (da Ahrensburg in Germania) nella quale sono presenti piccoli utensili peduncolari con punta ottenuta da un margine tagliente e da uno troncato. Tra il IX e VIII millennio a. C. si situa pure la cultura polacca swideriana (da Swidry-Wielkie presso Varsavia), caratterizzata dalla presenza di una punta peduncolata assottigliata alle due estremità da ritocchi inversi.

 

 Robuste punte peduncolate di selce caratterizzano la cultura di Komsa nella Norvegia settentrionale, mentre nella cultura norvegese di Fosna è presente la punta peduncolata con troncatura ritoccata. Sempre in Norvegia è infine presente la cultura di Finnmark con utensili bifacciali, bulini, punte peduncolate, grattatoi, raschiatoi e picchi. A queste culture va aggiunta nel nord dell'Europa la cultura maglemosiana (Facies mesolitica affermatasi tra il VII e il VI millennio nelle pianure del Nordeuropa; prende il nome dal giacimento di Maglemose nell’isola di Sjaelland ( Danimarca ). Le genti del Maglemosiano vivevano nei pressi dei laghi e dei fiumi ed avevano un’economia basata sulla caccia e soprattutto sulla pesca.).

        Nell’Europa centrale il Mesolitico è rappresentato dalla cultura aziliana (dalla grotta di Mas-d’Azil nell’ Ariège) la quale consta di segmenti di cerchio a bordo abbattuto (coltellini aziliani), di grattatoi corti unguiformi o circolari e di arpioni piatti; l’arte è presente con linee parallele, punti, figure alberiformi, cruciformi, dipinte con ocra su ciottoli piatti. Altre culture dell’Europa centro-meridionale sono il Sauveteriano (Industria litica mesolitica caratterizzata dalla punta di Sauveterre ( lametta resa appiattita da ritocchi uni o bilaterali ), da minuscoli triangoli, grattatoi più o meno tondi, piccole schegge irregolari ) ed il Tardenoisiano. In Italia, alcuni giacimenti hanno restituito un’ industria litica di tradizione paleolitica superiore con tendenza microlitica, mentre in altre stazioni della Calabria, del Lazio, dell'Abruzzo, della Venezia Giulia e del Trentino sono presenti due fasi, la prima caratterizzata da triangoli micro litici ( Sauveterriano), la più recente da trapezi ( Castelnoviano ). Le culture mesolitiche perdurarono in Europa sino all'arrivo delle genti portatrici di quelle neolitiche per cui la durata del Mesolitico varia da regione a regione.