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NOVEMBRE     2007   18       

                                               

                         

ARCHEOLOGIA AL PIAN DELLA LORA

IN VAL CIVETTA  

 Il progetto è stato parzialmente realizzato  con il contributo del

Consorzio dei Comuni del Bacino Imbrifero Montano del Piave di Belluno

 

  SCAVO MESOLITICO

 

È stato nell’anno 2000 che sul n° 45/XXIII della rivista Dolomiti Bellunesi è comparso un articolo di Piergiorgio Cesco Frare e Carlo Mondini, attivi soci degli Amici del Museo di Belluno, nel quale si annunciava tra molte altre segnalazioni il ritrovamento di una quindicina di reperti di selce, tra lame e schegge, databili al Mesolitico, nei pressi di un luogo chiamato Pian de la Lora situato più o meno a mezza via tra il rifugio Vazzoler e il rifugio Tissi nel gruppo del Civetta, sul sentiero l’Alta Via n°1 delle Dolomiti.

Risale invece all’anno 2002 la realizzazione nello stesso vallone di una serie di esplorazioni da parte di soci del Gruppo ARCA; è merito di Mirella Munaro l’aver individuato ad una trentina di metri dal precedente ritrovamento (allora sconosciuto al Gruppo) tre schegge portate in superficie dal calpestio di cavalli; un successivo sopralluogo, attuato anche col geologo Alberto Bertini , ha mostrato, con due piccoli saggi, la presenza tra le radici dell’erba di un pezzo significativo ai fini della datazione: una armatura definita trapezio riferibile al Mesolitico ‘finale’ e cioè collocabile dal 7500 a.C. al 5500 a.C.; per armatura si intende una delle componenti in selce da innestare o sulla punta per perforare o lateralmente nell’asta della freccia ai fini di creare con più elementi una specie di arpione; assieme al trapezio sono emersi anche alcuni microbulini; essi consistono nel residuo di lavorazione delle lame di selce allo scopo di ricavarne armature o strumenti; la relativa abbondanza dei resti di lavorazione della selce (lame, schegge, microbulini, armature) e la prossimità di una depressione con molta probabilità ospitante in passato un laghetto ha permesso di pensare al sito non come un semplice luogo di passaggio ma come ad un vero e proprio accampamento per antichi cacciatori, quale punto adatto alla stanzialità estiva e base di partenza verso le forcelle circostanti per la caccia di grossi ungulati (cervi, stambecchi, …).

 Il Notiziario ARCA n° 8 del novembre 2002, dedicato proprio al Mesolitico nell’Agordino, riporta sia del ritrovamento del Pian de la Lora che di alcuni altri siti individuati dal nostro Gruppo.

 Per avere l’immagine aggiornata sui ritrovamenti mesolitici della provincia di Belluno è stata curata da Piergiorgio Cesco Frare e da Carlo Mondini la pubblicazione dal titolo: ‘’Il Mesolitico in provincia di Belluno – il quadro dei ritrovamenti’, edita nel 2005, quale supplemento al fasc. 329 dell’Archivio Storico di Belluno Feltre Cadore, quaderno n°6; nel testo sono segnalati e commentati più di centocinquanta siti scoperti dagli appassionati di archeologia della nostra Provincia, soprattutto ad opera degli Amici del Museo di Belluno.  Fra tutti questi siti scoperti finora sono stati scavati quelli di Mondeval e del Cansiglio

 Ed ora, tornando al Pian de la Lora, nel 2006 si è delineata l’idea di accomunare le forze dei due gruppi archeologici, bellunese ed agordino, allo scopo di verificare quanto l’ipotesi dell’accampamento estivo fosse fondata. Nella sua instancabile attività, Carlo Mondini ha avuto l’occasione di conoscere uno specializzando, Carlo Franco, che si sta formando anche in Polonia sotto l’egida del prof. Koslowski, un conoscitore anche del Mesolitico italiano; la proposta  di dirigere uno scavo in alta quota e in area dolomitica utile alla stesura della propria tesi di dottorato ha trovato entusiasta il dott. Franco; dopo aver verificato la indisponibilità alla direzione scientifica del progetto da parte di professori dell’Università di Ferrara, ci si è riferiti all’Università di Venezia, e cioè al prof. Paolo Biagi che ha accettato; dopo aver avviato le necessarie pratiche verso la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto e successivamente verso il Ministero competente, nella tarda primavera del 2007 si è svolta una visita al sito da parte del prof. Biagi e del dott. Franco: la maestosità del gruppo del Civetta, il tempo tempestoso, il sito con le vicine tracce dell’antico laghetto che la piovosità permetteva ancora di intravedere, la presenza di selci.                                                                                                     

   

 

                   

                                                                                                                                                                  

Campo allestito per lo scavo in Val Civetta  Pausa  di mezzogiorno

 

 

I Gruppi si sono quindi dedicati alla ricerca di sponsorizzazioni che fornissero i mezzi minimi necessari alla realizzazione del progetto. Questa è una nota dolente che fino a qualche giorno fa abbiamo dovuto registrare: le magre finanze dei Gruppi hanno supportato le spese dell’indagine archeologica; non disperando, a posteriori, il Consorzio-BIM PIAVE ha erogato un parziale finanziamento alla nostra iniziativa; cogliamo qui l’occasione per un sentito ringraziamento.

La localizzazione in alta quota del sito ha poi creato non pochi problemi logistici: la salita dalla capanna Trieste alle Case Favretti, passando per il rifugio Vazzoler, è fattibile con un mezzo fuoristrada; per raggiungere il sito è richiesta poi un’altra mezzora di cammino su sentiero non carrabile; un primo progetto prevedeva la sistemazione dei partecipanti (dieci persone circa) in una capiente tenda sia per la pausa notturna sia per l’uso cucina che per l’accoglienza degli operatori in caso di maltempo; naturalmente si dovevano portare in quota anche i materiali di scavo e i viveri necessari per una decina di giornate; tale progetto si è rivelato irrealizzabile soprattutto perché si puntava sul trasporto ‘eccezionale’ di tutto il necessario da parte di un elicottero del Corpo Forestale dello Stato che poi non ha potuto operare; il secondo progetto, quello realizzato, si è rivelato il più gradevole anche se meno da boy-scouts: l’appoggio al rifugio Vazzoler sia per la notte che per la cena, sia per i servizi di doccia calda che per il pranzo al sacco, sommato alla gentilezza dei gestori, ha risolto brillantemente una possibile serie di sicure problematiche, ancor più che il clima del periodo è stato poco favorevole. L’esigenza di portare fino all’altezza delle Case Favretti il materiale necessario allo scavo ha incontrato l’estrema disponibilità del socio Giacomo Mottes che col suo fuoristrada ha trasportato persone e cose sia ad inizio che a fine cantiere.

Lo scavo è avvenuto dal 7 al 13 luglio 2007. In complesso si è operato per cinque giornate piene con una presenza e disponibilità di una decina di persone in media al giorno.       

Una volta iniziato lo scavo, il clima umano, all’inizio un po’ teso, si è rasserenato man mano che con le cazzuole venivano portati alla luce i reperti e quindi che il sito confermava le sue potenzialità; nota simpatica, trovandoci poi a lavorare sull’Alta Via n° 1, in pieno mese di luglio, si è dovuto quasi creare un ufficio informazioni per fornire agli escursionisti di passagio, italiani e stranieri, i chiarimenti e le risposte alle loro curiosità e interessamento. Tutta la terra asportata è stata setacciata a umido con l’aiuto dell’acqua del vicino torrente.

Nelle cinque giornate sono stati aperti alcuni metri quadrati di scavo. L’indagine ha portato alla luce una quantità di materiale maggiore di quanto fosse preventivato.

 

 

Il Gruppo Archeologico Agordino ARCA ringrazia tutti i volontari che hanno reso possibile questa campagna di scavo: G. Bernardi, C. Mondini, M. Bernard, V. Tormen, F.Tormen, P.G e N. Cesco Frare, G. Fogliata, M.R. Salmazo, M.Chiarini, E.Galeone, E. Fogliata, V. Varni, M.Conedera, M.Dalla Vecchia, C. De Biasio, M. Monestier, N. Bulf. Un grazie particolare all’archeologo, direttore di scavo, Carlo Franco che ha gratuitamente prestato la sua opera. Si ringrazia inoltre la famiglia Favretti, proprietaria del terreno. I giornalisti locali hanno dimostrato notevole interesse per la nostra iniziativa e l’hanno fatta conoscere ai lettori bellunesi. 

Il gruppo Arca

                                                                    

 

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