Le prime due fasi del progetto sono state realizzate anche con il contributo del

       Consorzio dei Comuni del Bacino Imbrifero Montano del Piave di Belluno

 

Progetto di ricerca in convenzione con l’Università di Milano

Le miniere di rame del territorio Agordino:

Ricostruzione della storia estrattiva e della diffusione del metallo  

Con questo articolo presentiamo un progetto che ARCA ha cercato di concretizzare fin dai primi anni della sua attività.

L’idea portante è consistita, da una parte, nella constatazione che nei musei di Belluno e di Treviso si rileva abbondante presenza di reperti metallici (di rame e di bronzo) relativi all’età del Rame, del Bronzo e del Ferro ritrovati in contesti tombali, o con recuperi occasionali o nel greto del fiume Piave, dall’altra nella domanda sulla provenienza di questo metallo, che, come è stato più volte suggerito in scritti locali ma senza riscontri scientifici, potrebbe provenire dalle mineralizzazioni più vicine e cioè da quelle agordine. Tale idea ha trovato consonanza anche colla Soprintendenza Archeologica di Padova, o meglio colla funzionaria che segue nel Bellunese gli scavi dell’Eneolitico e del Bronzo, la dott.ssa E. Bianchin Citton.             

Rimaneva la difficoltà di trovare un referente scientifico adatto, mancanza non di poco conto poiché il mondo archeologico italiano non brilla certo per ricerche scientifiche nel campo dell’archeometallurgia, un settore che invece vede altri paesi all’avanguardia: è raro infatti che nelle vetrine dei musei italiani ci sia, accanto ad oggetti metallici, l’indicazione della loro composizione chimica.

Nel 2005, grazie alla partecipazione di soci a convegni di archeometallurgia, si è potuto contattare la persona e l’ente adeguati allo scopo: il Gruppo di ricerca del prof. Gilberto Artioli del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Milano.

Nel 2006 il Gruppo ARCA e il prof. Artioli hanno stilato il progetto che ha per titolo: ”Le miniere di rame del territorio Agordino: Ricostruzione della storia estrattiva e della diffusione del metallo”; è previsto che l’iniziativa si sviluppi nelle seguenti 3 fasi e con la stipula di due convenzioni:

Fase 1:  una fase di campionamento dei minerali

Fase 2: lo studio mineralogico e chimico dei minerali

Fase 3: lo studio chimico e isotopico di frammenti metallici, semilavorati e manufatti.

La prima convenzione stipulata tra il Gruppo ARCA e l’Università di Milano ha finanziato le prime due fasi, che sono state regolarmente svolte entro i tempi previsti  (fine  2006 - inizio 2007).

 L’ente Consorzio-BIM PIAVE ha contribuito finora con un finanziamento di 1.500 €.

Il personale coinvolto in queste prime due fasi è stato:

v     coordinamento: G. Artioli - UNIMI

v     campionamento: M. Olivotto, Zollet Service – gruppo ARCA – CNR/IDPA

v     ricerche bibliografiche: M. Olivotto, Zollet Service – F. Colpani, UNIMI

v     preparazione campioni ed analisi mineralogiche: G. Artioli, F. Colpani, UNIMI

v     preparazione soluzioni ed analisi chimiche: S. Recchia, M. Marelli – UNINSUBRIA

v     analisi statistica avanzata: B. Giussani - UNINSUBRIA

Riportiamo dalla convenzione le finalità e gli obiettivi del progetto:

“Il presente progetto si pone come obbiettivo quello di caratterizzare in dettaglio i minerali metalliferi delle miniere agordine nel contesto della panoramica più ampia delle miniere cuprifere alpine, e di cercare per quanto possibile le evidenze archeologiche dello sfruttamento antico delle miniere. In prospettiva, il progetto vuole quindi sviluppare le seguenti tematiche di ricerca:

1. Determinazione mineralogica, chimica ed isotopica delle principali mineralizzazioni esistenti. Riconoscimento dei parametri discriminanti rispetto alle altre mineralizzazioni alpine.

2. Studio sistematico delle evidenze di sfruttamento minerario e di trattamento del minerale metallifero, con particolare riguardo alle scorie di fusione e al rame di estrazione semilavorato. Ricostruzione dei processi di smelting.

3. Analisi metallografica, chimica, ed isotopica di oggetti in rame protostorici e storici, al fine di definire la provenienza e la diffusione.

4. Valorizzazione delle attività estrattive storiche della zona in relazione ad un più ampio contesto spaziale e temporale”. 

Allo scopo il Gruppo Arca ha portato a termine, nell’autunno 2005, la fase di ricerca dei minerali procurando il materiale (minerale e/o scorie di lavorazione e/o metallo semilavorato, a seconda di quanto si è potuto individuare) relativo a tre miniere agordine, divenute oggetto di studio: la miniera di Valle Imperina, la miniera di Valbona in Val di Gares e la zona mineraria delle Lòppe nei pressi di Pattine/Vallalta in Val del Mis.                                            

 Da pochi giorni abbiamo invece avuto dal prof. Artioli la relazione finale riguardante le prime due fasi del progetto; non riportiamo gli aspetti meramente tecnici dei processi analitici seguiti, ma stralciamo da essa alcuni punti della discussione sui risultati e sulle conclusioni finali:

“Discussione

I risultati mineralogici e chimici ottenuti sono il punto di partenza per avere la segnatura geochimica delle mineralizzazioni agordine, al fine di potere riconoscere prodotti di estrazione (rame semilavorato, scorie) ed eventualmente identificare oggetti prodotti con il rame estratto nella zona.

Ovviamente l’utilizzo dei traccianti geochimici deve essere effettuato con cautela (Ixer, 1999) e fino ad ora l’utilizzo dei elementi chimici maggiori o minori e degli isotopi del Pb è stato applicato con successo limitato, a causa della complessità dei processi in gioco, che includono la variabilità dei giacimenti, l’effetto delle condizioni di estrazione del metallo durante i processi di smelting, e la difficoltà intrinseca di avere databases di riferimento per i minerali ed i metalli (Waterbolk and Butler, 1965; Pernicka 1999; Pernicka, 2004).

Anche l’abbondante utilizzo in letteratura dei rapporti isotopici del Pb quali traccianti per ricostruire la provenienza del metallo non è esente da critiche e discussioni (Scaife et al. 1999; Gale and Stos-Gale, 2000), ed è universalmente accettato che analogie nei rapporti isotopici sono una condizione necessaria ma non sufficiente per l’interpretazione dei giacimenti di provenienza.

Considerando quindi queste premesse di carattere generale, è evidente che i dati ottenuti sui giacimenti agordini hanno significato solo se relazionati a dati chimici ed isotopici di ampia portata, che testimonino la possibile discriminazione rispetto ad altri giacimenti alpini, balcanici, o di aree limitrofe. 

(omissis)

“I risultati ottenuti in questa prima parte del progetto sono di estremo interesse in quanto permettono di concludere che:

(1) i dati analitici utilizzati sono perfettamente in grado di discriminare i depositi agordini rispetto agli altri depositi cupriferi alpini ed appenninici, e

(2) l’analisi del campione di rame utilizzato come esempio permette di concludere che i parametri geochimici utilizzati sono conservati nel metallo ed anzi permettono di discriminare adeguatamente la sua provenienza.

I risultati ottenuti durante questa fase iniziale dello studio sono estremamente incoraggianti. Si auspica quindi una prosecuzione dell’ottima collaborazione iniziata con ARCA”.

Con queste prime positive risultanze il  nostro Gruppo intenderebbe proseguire nella realizzazione della terza fase del progetto: la più significativa ma anche la più costosa, quella che, si spera, potrà informarci da quali mineralizzazioni possa PROVENIRE il ‘metallo archeologico’; sarà nella stesura della seconda convenzione, riguardante la terza fase, che a pieno titolo entrerà nel progetto  anche la Soprintendenza ai Beni Archeologici del Veneto con la messa a disposizione di reperti veneti (e bellunesi) importanti. 

A proposito della terza fase, si è in attesa della nuova deliberazione del Consorzio BIM-PIAVE che auspichiamo possa essere favorevole al finanziamento, almeno parziale, della nostra iniziativa.

                                      Gabriele Fogliata   

Sempre nell’ambito del progetto, riportiamo ora un contributo di  D. Preloran che inquadra le formazioni cuprifere agordine, oggetto dello studio sopra descritto.                                                                                     

    Il quadro minerario ed estrattivo

Mineralizzazioni a BORNITE, CALCOPIRITE, PIRITE CUPRIFERA dell’Agordino

                 Le mineralizzazioni a pirite cuprifera dell’Agordino si trovano in tre ambienti geologici distinti, di cui solo due sono di interesse minerario:

1° gruppo:  Mineralizzazioni piritoso cuprifere nel Basamento scistoso-cristallino (giacimenti di Esalazione Sedimentaria).

2° gruppo: Mineralizzazioni piritose nei calcari del Ladinico e Carnico di scarso interesse  minerario dato il basso tenore di rame.

3°gruppo: Mineralizzazioni piritose nei tufi porfiritici del Ladinico (giacimenti a Impregnazione).

I giacimenti del 1° gruppo sono dislocati nella parte meridionale dell’Agordino e si sviluppano in direzione della Faglia della Val Sugana con andamento EST-OVEST; interessano i Comuni di Gosaldo, Rivamonte, Voltago, Agordo e La Valle.

Piccole miniere e ricerche sono sparse un po’ su tutto il territorio agordino; poche sono quelle attualmente databili e rintracciabili; la maggior parte sono scomparse e vengono ricordate e tramandate oralmente dalla gente del luogo oppure riportate nelle registrazioni delle investiture del periodo della Repubblica di Venezia; la più importante è la Miniera di Valle Imperina che fa parte del 1° gruppo (giacimenti di esalazione sedimentaria - Fig.1); dello stesso gruppo ma di importanza inferiore sono: la Miniera di  Moro Matiazza a La Valle Agordina, coltivata in passato da una sola persona, la quale nel ricordo popolare, portava il minerale a dorso di mulo a fondere in Valle Imperina. Nella parte ovest del giacimento di Valle Imperina, nel comune di Gosaldo, vi sono notevoli tracce di minerali piritosi e di relative gallerie e gli affioramenti sono nella zona di Beltrai e di Calfornia e la galleria in località Scoli.                                             

Altra e non meno importante è la miniera che forniva rame alle Lòppe, presso Pattine di Gosaldo, rimasta viva nella memoria locale ma scomparsa, quindi finora non più ubicabile con precisione.

            Le concessioni minerarie della Repubblica di Venezia riferite a questa zona riportano le seguenti investiture:

-- 22 dicembre 1700, nella Valle di Tiser, miniera di rame;

-- 26 settembre 1715, nella Valle di Ronc sotto la regola di Tiser, miniera indicante marcheseta ramigna ;

-- 15 settembre 1719, in Val di Cesco,

Le mineralizzazioni del 3° gruppo (giacimenti a Impregnazione – Fig 2). Questi giacimenti sono sicuramente di minore importanza sia a causa della loro genesi (che non permette accumulo di grandi quantità di minerale, per di più con minore concentrazione zonale), sia per il loro sfruttamento: anche se è il gruppo più diffuso sul territorio agordino esso non permetteva grandi lavori minerari; questa situazione in antico non era determinante in quanto i gruppi umani di allora abbisognavano di modeste quantità di minerale utile, in considerazione anche del fatto che la pratica mineraria era a conduzione familiare.

Tra le miniere in discorso la più importante è sicuramente la Miniera del Sas Negro  a Valbona coltivata, si dice, dai Remondini e dai Crotta probabilmente nel periodo tra il 1600 e il 1700; su questa miniera le notizie storiche sono molto discordanti oppure superficiali ed in molti casi errate; un esempio di questi errori è riportato negli Atti della Giornata di Studi Geominerari del 1967: un autore attribuisce al Jervis di aver ubicato la miniera nella valle di Gardes  in località Malgonera (dove esiste una antica ricerca di pirite cuprifera); se si leggono ‘I Tesori Sotterranei dell’Italia’, il Jervis parla di Gares non di Gardes; queste inesattezze sono frequenti e possono creare notevole confusione.

 Miniere di minor importanza riprese anche in tempi più recenti sono la Miniera di Ru de la Miniera di Rocca Pietore, la Miniera di Ru de Roi a Malga Ciapela, Marmolada, la Miniera di Ru da Molin nel San Negro di Rocca Pietore, la Miniera Casera Frata a Col di Pra di Taibon Ag., la Miniera di Val de Rejane sotto Forcella Cesurette di Taibon Ag, la Miniera di Cesurette, la Miniera di Califon nella Val di Allochet.

Dal 1666 al 1763 sono state registrate 25 investiture veneziane riguardanti le due zone interessate da giacimenti ad Impregnazione.

Per quanto riguarda la Miniera di Valle Imperina a partire dal 1400 le notizie storiche sono più numerose e precise, mentre per il periodo precedente sono completamente assenti; gli storici, anche se con grandi contraddizioni, fanno iniziare i lavori proprio in quell’epoca.

                                          Dino Preloran   

                     

                    Scorie a le Lòppe                        Valle Imperina, galleria di scolo           Miniera di Sas Negro di Valbona

 

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