‘ De vedana compendium ’
dalle
origini al secolo XII
°°°
Ipotesi di lavoro
1.
LA QUESTIONE
Con questo
Notiziario proponiamo all’attenzione dei lettori un tema dibattuto, per un
tempo non breve e nemmeno recente, riguardante alcuni accadimenti
della zona di Vedana-san Gottardo avvenuti secoli fa. Quanto viene oggi
raccontato e tramandato attorno a quel territorio consiste in una mistura
incoerente di leggende, di notizie, di discussioni antiche, di racconti
geologici e altro; nonostante la ricchezza di informazioni esistenti, si è
formata attorno a quella che tuttora è ancora la Certosa di Vedana un’aura di
indeterminazione e quindi di dimenticanza dei fatti; ma proprio per il
notevole spessore di incrostazioni storiche concentrate in
quel minuscolo territorio, vale la pena di tentare la ricostruzione della
situazione e degli eventi passati.
Il titolo della
nostra ricerca, scherzosamente pretenzioso, vuole solo indicare la
consistente raccolta di citazioni che viene messa a
disposizione del lettore per una valutazione personale dell’argomentazione
trattata.
Il materiale preso in esame in questa prima
fase sarà costituito sia dalle tradizioni riferite al periodo romano
imperiale, sia dalle ‘dotte tradizioni’, che compaiono dal
secolo XVI in poi, relative al XII secolo, premettendo a tutto ciò il
ricordo, indatabile nella sua origine, della presenza di acqua
‘santa’ in zona.
2. LE TRADIZIONI SUL TEMPO ANTICO
Da
‘ACQUE, PREGIUDIZI E LEGGENDE BELLUNESI’, di Angela Nardo-Cibele,
Belluno:
‘…
l’acqua che sgorga presso ai cento santuari che s’elevano sulla cima dei
colli addossati alle montagne e talvolta sul fianco di queste, è quasi sempre
sorta per miracolo di un Santo e ne porta il nome. Così c’è l’acqua di
s. Gottardo, di s. Lucano, di s. Liberale, di s. Mamante, e tutte hanno
benefiche virtù per guarire diverse malattie…’.
Da
‘NOTIZIE DEL LUOGO E MONASTERO DI VEDANA’, di don F.
Pellegrini: ‘…Nè
le surriferite sono le sole leggende che corrano sulle bocche del volgo intorno
a questi luoghi; poichè quì sulle rive del Cordévole si narra che Salvatore,
o primo, o dei primi vescovi di Belluno, traesse di nascosto la vita fra gli
stenti e le penitenze per fuggire le persecuzioni nel Il o III secolo
dell'era volgare … Questa
tradizione sulla diffusione del cristianesimo nei tempi imperiali romani,
non solo combina cogli altri indizi che proverebbero l'esistenza di
abitazioni o di ville romane ben prima del tempo volgarmente assegnato alla
supposta catastrofe del monte Marziano… ‘.
Da
‘STORIA DELL’AGORDINO’ di don F.Tamis, vol II: ‘… Narra la
tradizione che sulle sponde del Cordevole, vicino a Vedana, esistevano le
catacombe, dove si raccoglievano i primi cristiani della plaga bellunese
e della Valle della Ninfa Cordusio, durante il periodo triste delle
persecuzioni…’.
Da ‘LA CERTOSA DI
VEDANA - APPUNTI STORICI‘,articoli di Fra Cristoforo,
Archivio
Storico Di Belluno Feltre e Cadore, pagg. 660-661-662, ANNO VII - 1935
‘… Il nome di “Vedana,” è legato da secoli a quello della
famiglia Religiosa di S. Brunone: nel Veneto,
chi dice “Vedana”, dice i Certosini. In realtà il nome,
col quale si vuol chiamare l'antico Monastero, non era proprio della località
dove esso fu fondato, ma del monte che vi sovrasta, e ciò molto prima
che questi Monaci cominciassero ad abitare in quel cantuccio remoto; anzi, prima
assai che alle roccie della vallata del Cordevole dominasse il Convento attuale
di Vedana, la località era già consacrata
per lunga tradizione alla religione ed alla carità …’.
3. LE DOTTE TRADIZIONI (1550-2004)
Da
‘ANTICHITÀ BELLUNESI - VIAGGIO
LUNGO IL PIAVE NEL SECOLO XVI’
di
Pierio Valeriano, scritto verso la metà del ‘500
‘…
Il fiume Cordevole… I nostri antenati pensavano che il nome gli fosse venuto
da Cordua, villaggio esistente una volta vicino a Vedana,
celeberrima abbazia dei certosini. Qui presso s’innalza un monte che, per la continua
opera di erosione del Cordevole precipitò rovinando improvvisamente, seppellì
il villaggio e sbarrò l’alveo del fiume che allora era rivolto verso il
Mis con il quale si congiungeva sotto l’altura di San Pietro a Sospirolo. …
Il monte franato, di nome Martiano (Martinianus), incute ancora terrore a
tutti con l’altissimo segno della spaccatura. Qua e là rimangono, manifesti
indizi di quella catastrofe, le ingenti moli dei massi rocciosi lanciati da ogni
parte per oltre quindici stadi a devastazione dei campi ancor oggi improduttivi
e ricoperti da rovi …’.
Da
‘HISTORIA DI CIVIDAL DI BELLUNO’ di Giorgio Piloni, 1607
Anno
1114: ‘… Fu quest’anno così gran terremoto
nell’Italia, che non fu in molti secoli sentito il maggiore: percio che
rovinorno per tutte le Città le torri, le muraglie, li campanili con gran
mortalità de huomini. Cascò nella Città di Belluno gran parte della muraglia
verso mezzogiorno, cascorno doi torre e molti casamenti di quella: s’aperse
un monte verso il luoco di Avedana, e cascò parte di quello, sopelendo sotto di
se un grosso villaggio con tutti quelli, che ivi se ritrovorno: e questo fu
il settimo giorno del mese di Gennaro…(pag. 74)
…
Era sopra questo fiume Cordevale un villaggio, Cordouua, detto appresso
Vedana, Eremitorio de Padri Cartusiensi: il qual fu sepolto da un monte, che
li soprastava, Martiniano chiamato; il qual rovinò per un terremoto
grandissimo, come ho dimostrato di sopra. e pochi giorni poi furono tanti toni,
lampi, e saette con così gran tempesta, che non fu mai veduta la
maggiore …’. (pag. 80)
Da ‘STORIA DI
FELTRE’ del P.M. Antonio Cambruzzi (scritto nel 1681)
Volume Primo, pag. 155-Feltre –1874 - Premiata Tipografia Sociale Panfilo
Castaldi Editrice
’…
L'anno 1117 segui un grandissimo terremoto, che cagionò molti danni
nella Marca trivigiana. Perciò caduto un monte presso Vedana,
nel territorio Feltrino, chiamato Marciano, seppellì le ville di Cordova
e Cornia con tutti gli abitanti …’.
Da ‘MEMORIE
HISTORICHE DI FELTRE’ di Antonio Dal Corno, in Venezia-1710,
paragrafo 60., pagg. 27-28
Anno 1114 …‘Mentre Feltre per la pietà
Divina giaceva in grembo alla pace per molti anni, le Stelle Maligne congiurando
à suoi danni gli fece conoscere le felicità humane non haver alcuna cosa
stabile, e permanente: Insorse all’improvviso un grandissimo Terremoto, che rovinò molti nobili, e ricchi edifizij, sotterrò
numerose persone, e fece cadere con danni immensi moltissimi Monti, fra quali è
celebre il Monte Martiano, per
la cui caduta…restorno sepolte le Ville di Cordouva, e Cornia rimanendo in loro vece un Lago, di Vedana fino al presente
nominato …’.
Da ‘DIZ. STORICO
LETT. ED ART.’ di Florio
Miari. Belluno, 1845
- Nota a pag. 41 del
testo ‘Acque, Pregiudizi e Leggende bellunesi’,
relativa alla LEGGENDA DI CORNIA:
‘…
Giorgio Piloni nella Storia di Belluno ed il Conte Antonio dal Corno in quella
di Feltre, riferiscono che nel 7 gennaio dell'anno 1111 una forte scossa
di terremoto rovinò gran parte delle mura di Belluno e molte abitazioni
verso il mezzogiorno e fece cadere ancora il monte Marziano o Martiniano
dal quale avvenimento il Cordevole, fatto prima un lago, ebbe a cangiare il suo
corso e restarono sepolte le ville di Cordova e di Cornia. Sopra
queste rovine giace il convento di Vedana che servì a monaci ed a monache
del tempo, poscia ai padri Certosini, ed ora è di privata ragione …’.
Da ‘CRONACHE BELLUNESI INEDITE’
di Florio Miari
NOTA (a pag. 181): ‘… il Cordevole
che qui ricordo è un torrente che nasce nel vicino Tirolo (a Livinallongo) e
scendendo dall’Agordino va a perdersi nel Piave. … Forse il suo nome deriva
dalla villa di Cordova, una delle città che si sono perdute con
la caduta del monte Marziano…’.
Da ‘NOTIZIE DEL LUOGO E MONASTERO DI VEDANA,
di don Francesco Pellegrini
Tipo‑Litografia
Guernieri, Belluno
1875, pagg. 2 e
3
‘…Ciò
conferisce d'altronde a farci indirettamente ritenere per falsa
quell'altra opinione, sebbene ricevuta già da più secoli e comunemente
ritenuta ed accolta dalla maggior parte dei nostri scrittori; essere cioè
dovute le ruine che ne circondano e i macigni qui d'intorno largamente
dísseminati allo sfasciamento di un monte, per effetto di un terremoto;
o sia quello dell'anno 79 dell'era volgare, o del 350 quando, si
disse, cadde il monte Pineto ad ostruire il canale di S. Croce e a deviare il
Piave, o quello finalmente del 1014, che, al dire del Piloni, fece
ruinare il monte Marziano e seppellire sotto alle sue macerie i villaggi di Còrdova
e di Cornia. Tutte queste asserzioni di storici e cronisti posteriori di molti
secoli, destituite di ogni prova testimoniale e non confortate da plausibili
argomenti, non reggono alla prova della rigorosa e assennata critica
istorica; la quale non può accettare la testimonianza tardiva
del Piloni che visse al declinare del XVI secolo e al principio dei seguente,
cioè cinque secoli e mezzo dopo: esse invece sono argomento del come i nostri
scrittori si ingegnavano a dar ragione di un fenomeno strano e per loro
incomprensibile; del quale noi non chiederemo già conto alle pagine
dell'istoria, ma aspetteremo che i responsi delle scienza naturali ce ne
rivelino il mistero, e specialmente quelli della geologia;…’
Da “DISSESTI
IDROGEOLOGICI ED EVENTI CALAMITOSI NELL’AGORDINO DAL 1000 AL 1966”, di Maria Del Din Dall’Armi, Circolo Culturale Agordino, Ist. Bell. di Ric. Soc.
e Cult. - Serie ‘Storia’, n° 12:
‘… in concomitanza con il grande terremoto citato
dallo storico Piloni (1114) e dal Cambruzzi nella “Storia di Feltre”,
vol. l°, le pareti del Sasso Bianco, sovrastanti la Val Pettorina, si
sarebbero sfaldate travolgendo il villaggio di Col di Rocca nel quale sorgeva
una delle prime chiesette della valle, dedicata a S. Pietro Apostolo
… formando con l'acqua del torrente Pettorina un lago che giungeva fino al
paese di Sottoguda.
Si noti che il paese di Palue (derivato da Palude) dimostra che il lago
comprendeva quella data zona e oltre. …
… La tradizione è riportata dal Cancelliere vescovile nella
relazione della visita pastorale dell'anno 1626 (sezione Parrocchie, N.9,
Visite Pastorali‑Archivio Vescovile).... Il fatto viene così ricordato nel periodico 'Val Pettorìna".’
Da ‘BELLUNO NEI SECOLI, DALLE ORIGINI ALLA FINE DEL
XVIII SECOLO’
di Susin Luigi - stampa
Tipografia Piave Belluno - 1997, pag. 32
‘…
durante il suo episcopato [vescovo Rainaldo, dal 1100 al 1118], correva l’anno 1115, ci fu un
violentissimo terremoto che provocò il crollo di mezza città. Riferisce
lo storico Piloni che nel frangente, franò anche un tratto di cinta muraria
risalente al tempo del vescovo Giovanni e che si sgretolò addirittura il
Monte Peròn a ridosso dell’omonima frazione.
In realtà la frana del Peròn viene oggi fatta
risalire al Pleistocene superiore, vale a dire durante l’ultima glaciazione
iniziatasi circa 100 mila anni fa e che terminò agli inizi del Neocene…’.
Da ‘CERTOSA DI VEDANA’ nel
testo ‘Sedico’, Pro Loco Monti del Sole,
tipolitografia
DBS - aprile 2004, pag. 15
‘… Piace ricordare a
tale proposito due famose leggende sulle ‘Masiere’ che narrano della catastrofica
frana del soprastante monte Peron (allora Monte Martiano) sulle
splendide, ma corrotte, città di Cornia e di Cordòva, ree di non aver offerto
ospitalità a Gesù pellegrino, e della meravigliosa visione, apparsa a due
poveri pastori, in fondo ad una crepa fra i massi della cattedrale di Cornia
risplendente alla luce dei ceri accesi attorno al tabernacolo …’.
Riassumiamo le informazioni
desumibili dai brani succitati:
-
essi conservano, per la zona, il ricordo di una romanizzazione
diffusa;
-
richiamano il catastrofico evento, terremoto o frana,
che interessò monti e città non solo del Veneto
- menzionano una o due
‘città’ o villaggi, posti allo sbocco del Cordevole nella piana, la
cui precisa posizione nello spazio, e in parte anche nel tempo, è però
lasciata indeterminata;
-
ricordano, collegandoli all’evento sopraddetto, la scomparsa di Cornia
e/o di Cordova e il crollo
del monte Martiniano (o Martiano o Marciano),
indentificato dal Susin e altri col monte Peron.
Si può quindi dire che tali dotte
tradizioni non forniscono ulteriori e significativi spunti sulla catastofe
al di là di quelli rintracciabili, con alcune varianti, nel più
completo testo a nostra disposizione e cioè nella cronaca riportata
nella Historia del Piloni; la relazione di don F. Pellegrini
rappresenta invece uno scritto critico in cui viene
espressa prudenza nel valutare le tradizioni, lasciando alla scienza geologica
l’ultima parola.
Per poter dire qualcosa di nuovo è
perciò necessario riferirsi anche ad altre fonti, proponendo nel
contempo un metodo ricostruttivo forse inusuale.
4. PREMESSA METODOLOGICA
Nel trattare
l’argomento non intendiamo considerarci storici di professione: data la scarsa
documentazione al riguardo, questo ci obbligherebbe a percorsi intellettuali un
po’ più ponderati; non vogliamo certo sostituirci ai geologi-geomorfologi: le
metodologie scientifiche hanno fornito il loro responso e le accogliamo con
rispetto; non vogliamo nemmeno essere giornalisti pseudoscientifici che
oscillano tra il ‘sensazionale’ e il ‘misterioso’.
Più che
un’analisi molto approfondita (e perciò esaustiva di ampli archivi che non
avremmo la forza di affrontare) cercheremo invece di realizzare una ricerca
in estensione, modestamente interdisciplinare, che si spera
possa produrre una nuova base di lettura degli avvenimenti e costituire uno
stimolo e un riferimento per ulteriori indagini e conferme.
Entrando nel
merito, il tentativo è quello di costruire un quadro di un certo periodo
storico e di un certo luogo utilizzando il metodo di porre a confronto informazioni
provenienti da documenti, da constatazioni, da leggende, da mappe, da teorie,
senza la pretesa di considerarle tutte, nel tentativo di renderle, al
massimo grado, coerenti tra loro: noi ci proviamo.
Il
crogiolo dei ragionamenti conterrà notizie, fatti e altro da fondere
assieme, riguardanti il secondo secolo del secondo millennio della nostra
era (1100 -1200) allo scopo di mettere a fuoco solo alcuni aspetti
e precisamente:
-
QUALI RISCONTRI PER L’ESISTENZA DI CORNIA E DI CORDOVA?
-
QUALE VERIDICITÀ DELLA LORO SCOMPARSA?
Per il raggiungimento dell’obiettivo
delineato prenderemo in considerazione soprattutto le seguenti fonti:
·
la cronaca dello storico Piloni, riguardante
l’anno 1114
·
la carta geomorfologica di Belluno, edita
nell’anno 2000
·
le notizie sul terremoto del 1114 (o 1111? o
1117?)
·
le leggende di Cornia e quelle di Cordova (e
di entrambe)
·
le mappe trevigiane e trentine, stampate
dalla metà del ‘500 sino a fine ‘600
·
i reperti archeologici trovati da non molti
anni in zona.
Il
lavoro si articolerà
in diverse ‘tappe’, ognuna costituita da tre fasi: la prima
fase porrà in evidenza un insieme di dati leggendari o cronachistici
(che qui chiamiamo elemento); la seconda fase proporrà dati
documentali (documenti) che permetteranno di far
emergere il più possibile dalla leggenda i contenuti dell’elemento; la
terza fase, poi, consisterà nella presentazione di un quadro parziale,
detto acquisizione, che descriverà i punti discussi fondandoli,
con la maggior coerenza possibile, sulla ‘storicità’ dei documenti.
La
sintesi finale verrà a delinearsi intersecando tra loro le varie acquisizioni.
5.
ELEMENTI …
DOCUMENTI … ACQUISIZIONI
…
5.1-
ROMANIZZAZIONE DELLA ZONA
Primo
Elemento: dalle tradizioni si
percepisce una diffusa presenza romana costituita da ricordi riguardanti
‘ville’, ‘catacombe’, ‘primi cristiani ’, ‘s.
Salvatore’, ‘persecuzioni’,
‘sorgente salutare’, etc.
Fig. 1- monete romane del III - IV secolo d. C. trovate a s. Gottardo
Documenti
(di tipo archeologico): nel 1997 sono state individuate dagli ‘Amici del Museo
di Belluno’ nei prati di s. Gottardo una quarantina di monete romane e sei ‘sortes’,
cioè placchette in bronzo con
segni (ancora da interpretare), nei pressi del muro-est della Certosa una situla
romana e, nel 2000, da un socio ARCA, sul Col Bartold, un’altra moneta romana.
Fig.3 - ’sorte’ diS. Gottardo
Fig. 2 - Situla di Vedana del I - II secolo d. C.
Prima Acquisizione:
viene confermata la ‘romanità’ della zona di Vedana a partire
almeno dal secondo secolo d.C.; la posizione e la poca profondità a cui sono
stati rinvenuti i reperti archeologici indica, d’altra parte, che quei due
particolari suoli, posti tra s. Gottardo e il lato est della Certosa, non
hanno subito sconvolgimenti violenti dai primi secoli dopo Cristo ad oggi.
5.2-
ACCADIMENTO ‘TERREMOTO’
Ora
proponiamo il Secondo Elemento, rifacendoci alla cronaca riportata
dal Piloni; esso consiste nel racconto del terremoto avvenuto verso il 1114,
che seppellì il villaggio di Cordova, posto dove ora è situata la
Certosa; nei medesimi giorni viene registrata in loco ‘una gran
tempesta’.
Ci
chiediamo quanta attendibilità è attribuibile alla cronaca del Piloni
riguardante la posizione del ‘luoco’ e gli avvenimenti ‘terremoto’
e ‘tempesta’, all’inizio del XII secolo; per rispondere e
comprendere quanto affidabile possa essere lo scritto, diviene necessario
analizzare i dati geomorfologici della zona e un catalogo dei terremoti.
Documenti:
A) LE MASIERE DI VEDANA: Dalle
‘Note Illustrative della Carta Geomorfologica d’Italia alla scala
1:50000- Belluno’, della Regione del Veneto, coordinatore
prof. G.B.Pellegrini ….
Il Pellegrini così descrive le
prime conoscenze geologiche sulle Masiere:
‘…
Il grande macereto di frana che si estende per 5,5 km di lunghezza dai
piedi della parete verticale del m. Peron (1486m), nei dintorni di Mas (385m)
fino a Landris (331m), venne attribuito da tutti gli Autori che se ne
occuparono (Taramelli, Squinabol, Dal Piaz, Venzo) come materiale di una frana
staccatasi per crollo dal m. Peron, quando un ghiacciaio occupava ancora
la Valle del Cordevole, già separato però da quello del Piave….’
Nuovi
dati raccolti permettono invece al geologo di specificare che:
‘ … L’età di alcuni
frammenti lignei (provenienti dalla zona di Le Roe), raccolti
in un cuneo di argilla iniettato verso l’alto nei depositi soprastanti è di
(circa) 38.000, 42.000 e più di 43.000 anni BP (analisi al C14)…’,
mentre
altri dati indicano che:
‘…
L’età di (circa) 19.700 di depositi lacustri singlaciali, sottostanti
al ‘Deposito glaciale a calcari e dolomie’ e alla ‘Marocca di Vedana’
chiarisce che i grandi crolli del m. Peron si sono verificati dopo
questa data.’ ….
G.B.
Pellegrini aggiunge però:
‘Non si esclude che le
ultime manifestazioni franose possano essere avvenute, come aveva ipotizzato il
Taramelli, quando già il ghiacciaio aveva lasciato libera la Conca del Mas.’
…
Le Note continuano ponendo in
evidenza che:
‘… Altre forme e
lineamenti geomorfologici in grado di produrre amplificazioni delle onde
sismiche sono le creste molto affilate e le scarpate … e i margini di
forme strutturali molto marcate e acclivi presenti, in modo particolare sui
fianchi della ‘Sinclinale Bellunese’ …
… Pertanto, condizioni
sfavorevoli all’insediamento si rilevano, in maniera generica, al piede di
pareti rocciose di grande altezza o al margine di coni e falde detritiche molto
acclivi, specie se disboscate, nei tratti terminali della valle del Mis,
della valle del Cordevole,…
…
In tutte queste situazioni può verificarsi l’aggravamento del
fenomeno di frane di crollo per l’effetto scatenante di scosse sismiche
anche di debole intensità oltre che, naturalmente, in occasione di precipitazioni
torrenziali o di lunga durata. …’
Abbiamo
proposto le succitate note per evidenziare come il più recente quadro
geo-morfologico a disposizione non escluda l’accadimento ‘frana
del monte Vedana’, anzi, descriva quanto alta sia la probabilità
di un simile evento se accentuato dalla concomitanza di grande terremoto e
di precipitazioni notevoli. Facciamo inoltre notare che la
raccolta dei dati geologici sinora effettuata è stata finalizzata alla descrizione
del fenomeno ‘Masiere nella loro globalità’; tale fenomeno
è risultato databile all’incirca tra i 40.000 e i 20.000 anni fa; non
sono invece ancora state evidenziate eventuali manifestazioni franose, poste
nelle vicinanze del monte Vedana, molto più limitate nella
loro entità e successive ai grandi eventi glaciali e postglaciali.
B)
Per vedere se il terremoto del ‘1114’ sia ‘storicizzabile’ alla data
riferita dal Piloni, riportiamo ora le notizie sui sismi avvenuti nei primi anni
del secolo XII, che troviamo nel catalogo storico (trentino) derivato dal
catalogo ALPOR 77 dell’Osservatorio Geofisico Strumentale di Trieste,
il quale a sua volta si basa sul "General Catalogue of Italian
Earthquakes" (C.N.E.N., 1973).
Il
Servizio Geologico ha apportato correzioni e aggiunte per gli eventi sismici
verificatisi nell’area regionale del Trentino - Alto Adige, fondate sulla
attenta consultazione delle fonti documentarie originali; riportiamo notizia dei
due terremoti avvenuti a cavallo del 1114:
…
1111: lo storico Bertelli
(1689) riporta la cronaca di un sisma di notevole intensità (non citato in
nessun catalogo) che " … fracassò per il Trentino alcuni monti,
particolarmente nella valle di Lagnaro sotto Lizzana, nei monti di Nago, nella
valle d’Arco, sopra Dro ed altrove caddero pezzi di montagne che atterrando
case e ville apportarono grandissimi danni nonché spaventi orribili, le ruine
delle quali per anco si vedono al presente, altri credono che detti terremoti
succedessero al tempo del vescovo Altomanno".
3
gennaio 1117:
‘…in questa data moltissime fonti raccontano di un violentissimo
terremoto che ha colpito l’Italia settentrionale. Ingentissimi danni
furono prodotti a Belluno, Venezia, Padova (cadde la Basilica di S. Giustina) e
Verona (crollò parte dell’Arena) ed in gran parte della Lombardia. Le scosse
pare siano proseguite per una quarantina di giorni e si ha notizia che il
terremoto sia stato preceduto da un evento alluvionale che aveva
provocato la rottura degli argini del Po e dell’Adige.’…
C) Pur non
costituendo con certezza un dato relativo al ‘1114’, la tradizione,
riportata dal Cancelliere vescovile già sopra citata e relativa alla
frana del Sasso Bianco di Col di Rocca Pietore, permette di aggiungere all’estensione
dell’evento, che ha agito sul corso del Cordevole, a Vedana, a Belluno, nella
Marca Trevigiana, a Venezia, a Padova, a Verona, in Lombardia, sul Po e
sull’Adige, anche la zona di Rocca Pietore.
Seconda
Acquisizione: Trascurando la diversità della data,
la descrizione del secondo sisma del Catalogo, quello del 1117, aderisce
maggiormente alla ‘fonte Piloni’, infatti anch’essa riporta la
concomitanza del terremoto con l’evento alluvionale. Valutati i documenti A e
B e forse C, possiamo quindi accettare come ‘veridico’ l’accadimento
‘terremoto e gran tempesta’, avvenuto allo sbocco del Canale
di Agordo in una data oscillante tra il 1114 e il 1117.
Come conseguenza si può dedurre
che la cronaca del Piloni, riferita all’evento, risulta
abbastanza affidabile; nel seguito, quindi, verrà considerata
essa stessa un documento al quale, se necessario, poter ricorrere.
5.3-
UNO O DUE VILLAGGI ?
Il
Terzo Elemento consiste nel considerare tre
cronache e due leggende per chiederci quanti erano i villaggi coinvolti e,
successivamente, in che rapporto tali siti si ponessero tra loro; da esse
ricaviamo infatti altre notizie sui toponimi, da molti ritenuti puramente
leggendari, di ‘Cornia’ e di ‘Cordova; inizieremo poi a
tessere il ragionamento su queste citazioni, ponendole tra loro a confronto;
esse sono:
- la cronaca di Giorgio Piloni che,
come già riportato, afferma: ‘… Era sopra questo fiume Cordevale un
villaggio, Cordouua, detto appresso Vedana, Eremitorio de Padri
Cartusiensi: il qual fu sepolto da un monte, che li soprastava, Martiniano
chiamato;…’
- le Storie del Cambruzzi e
del Dal Corno che trattano entrambe di due villaggi, Cordova e Cornia
e, rispettivamente, della caduta del monte Marciano (presso
Vedana) o Martiano (presso l’attuale lago di Vedana)
-
la ‘Leggenda delle masière di Gron’, nella quale vengono
indicati due paesi, Cornia e Cordova, toccati dalla
punizione divina (due ‘prosperose città’, paragonate a Sodoma e
Gomorra) e che vengono posizionati in modo generico ‘… là dove la valle
del Cordevole si allarga per assumere quell’aspetto triste, lugubre che le
danno le masiere di Gron…’; da quanto si racconta i paesi sembrano però
posti più vicini a Gron che al Peron…
- la ‘Leggenda di Cornia’,
riportata nel calendario 1995 della Parrocchia di Sedico, che narra: ‘Era
Cornia una città ricchissima, situata vicino al Cordevole, nella
zona ora occupata dalle Masière, tra Mas, Peron e Gron’ (dette questa
volta Masière del Mas): è su queste masière glaciali che il
commento alla leggenda vede collocarsi i massi della frana ‘caduta però
dal monte Peron’.
Anche
con queste poche citazioni ci si trova in una vera girandola di toponimi: uno
o due villaggi, Cornia e/o Cordova; due monti distinti:
(monte) Peron, a sinistra Cordevole e monte Martiniano, a destra
Cordevole, oppure quest’ultimo addirittura fatto coincidere col monte
Peron.
Documenti:
A) Per dar voce al toponimo Cordova,
il solo citato dal Piloni, presentiamo un dato mai prima
utilizzato, che fornisce un consistente e determinante
supporto documentale e che si ricava da mappe sia trentino-tirolesi che
venete databili dal 1548 al 1678; solamente una mappa di G. Gastaldi del
1546 riporta l’abitato Cordoval sulla sinistra Cordevole: il
fiume però viene chiamato ‘Lardo F.’, mostrando così un’eccessiva
inattendibilità; mentre ben sei mappe riportano in riva
destra Cordevole, nella zona attuale di Vedana-san Gottardo, vari toponimi
di abitato tutti riferibili a Cordova, quali: Cordovol
sulle carte del 1548 del 1585 e del 1621, Cordoval su carte del
1649 e del 1662, Cordouol Stadt su una carta del
1678. Pur nel dubbio che i cartografi abbiano riportato acriticamente da una
carta all’altra gli stessi toponimi per centinaia di anni, si può però dire
che la carta del 1548 (‘Marca Trevigiana’ di G. Gastaldi) presenta
una tradizione cartografica completamente diversa da quella delle successive
citate carte tirolesi: ciò assicura da ben due prospettive differenti la
preesistenza del toponimo Cordovol.
Carta del Gastaldi - 1548 Carta di Ygl — 1621
B) Riguardo a Cornia,
non abbiamo la relativa documentazione: anche se
nell’incartamento della Certosa di Vedana (busta 3, anno 1485) viene
citato il Monte de Cornia, purtroppo sembra trattarsi di un monte
posto in sinistra Piave verso Ponte nelle Alpi; prendiamo però atto
della memoria degli attuali abitanti che, attorno alle Masiere, tramanda
solamente il nome di Cornia … e non quello di Cordova.
Carta del Merian — 1649 Carta del Blaeu — 1662
Carta del Brandis — 1678
Terza Acquisizione
I documenti riportati permettono di
raggiungere un fondamentale risultato, e cioè che è esistito il
toponimo ‘Cordovol’ e, di conseguenza, il villaggio al quale esso era
riferito (detto Cordouua dal Piloni).
Per Cornia, la carenza di
documentazione sembrerebbe portare a trascurarne il ricordo; tuttavia la
pressante e diffusa tradizione al riguardo induce un
potente ‘effetto trascinamento’, tale da far supporre
l’esistenza anche del toponimo ‘Cornia’.
L’accettazione di entrambi i
toponimi pone però il seguente problema: spiegare perché i nomi ‘Cornia’
e ‘Cordova’, in alcuni racconti compaiano spesso in alternativa tra loro,
e in altri invece siano nominati entrambi; nasce così il dubbio che il
loro apparire e scomparire nasconda la corrispondenza a due realtà storiche
differenti, per esempio che non fossero entrambi dei villaggi: al
punto a cui siamo giunti mancano ancora constatazioni sufficienti per delineare
una soluzione in merito, che verrà però proposta nella sintesi finale.
5.4- POSIZIONE DEI DUE
VILLAGGI E DEL MONTE CADUTO
Quarto elemento:
alcune leggende e le cronache, dal Valeriano al Miari, Piloni, Cambruzzi e Dal
Corno compresi, collocano i due ‘villaggi’ nei pressi di Vedana,
quindi sulla destra orografica del Cordevole, mentre il monte
dirupato viene collocato a destra o a sinistra, ma più sulla destra
che sulla sinistra del torrente.
Documenti:
A) le mappe trentine e quella veneta utilizzate al punto 5.3 collocano indubitabilmente in destra
Cordevole il villaggio di Cordovol;
B) lo storico Piloni pone Cordouua
sulla destra Cordevole (e il Dal Corno vi colloca anche Cornia).
Quarta Acquisizione:
A questo stadio il quadro
descrittivo può arricchirsi di un ulteriore dato, e cioè che il toponimo Cordova
è situabile con certezza in destra Cordevole; analogamente per
il già citato ‘effetto trascinamento’ indotto dalle tradizioni, anche
Cornia è da localizzare in tale posizione.
Come corollari di quanto sopra
constatato, si può dire che:
- trovandosi sia Cornia che Cordova
in destra Cordevole si esclude che la frana, avvenuta in tempi
storici e causa di distruzione di entrambi, si sia staccata dal monte
Peron (che invece si trova sulla sinistra);
- accettando il nome di monte Martiniano riportato
dal Piloni (Martiano secondo il Dal Corno, o Marciano
per il Cambruzzi), che possiamo far coincidere
con l’attuale m. Vedana, la zona precipitata poteva riferirsi ad una parte
di monte posta ad oriente dell’attuale Piz de Vedana.
5.5- VILLAGGIO O PIEVE ?
Quinto Elemento:
prendendo spunto da un’altra ‘Leggenda di Cornia’ (riportata
da Acque, Pregiudizi e Leggende bellunesi) notiamo come i due toponimi in
essa utilizzati, ‘Pieve di Cornia’ e ‘Val di Cornia’,
siano molto più densi di informazioni dei precedenti nomi; nel
racconto non viene invece citato Cordova. Vi si aggiunge anche che
‘A l'era anca na olta an contadin che andea a Val de Cornia e là
tra le gretole de Gron, tra le masiere, I' à trovà… etc.’ indicando
con ciò che il cammino verso la valle si snodava probabilmente dalla zona di
Gron verso il monte.
Per poter in seguito utilizzare al
meglio le informazioni tratte da questa leggenda, diviene importante ricordare
la descrizione di ‘Pieve di …’, data da don F. Tamis nel
volume II della Storia dell’Agordino, e sarà questa
l’accezione utilizzata nel prosieguo del discorso: con ‘pieve’ si
indicava solitamente la struttura ecclesiastica, composta da chiesa e da monasterium
o canonica e da religiosi ivi dimoranti, che espletava la propria funzione
religiosa sopra un certo territorio; è spesso accaduto che un paese si
sia formato in tempo successivo attorno alla Pieve prendendone il nome;
inoltre, per estensione, il termine Pieve stava anche ad indicare
l’intero territorio afferente alla Pieve (in senso stretto);
questi due ultimi significati non verranno qui presi in considerazione.
Documenti: sulla Pieve di
Cornia e sulla Valle di Cornia mancano del tutto riscontri
documentali, dobbiamo però constatare che la nostra scelta di privilegiare
ugualmente i due toponimi, e non il semplice Cornia è
indotta, come sarà indicato nella sintesi finale, dal dover spiegare
perché in molti racconti Cornia e Cordova sembrano essere tra loro
intercambiabili.
Nonostante la carenza
documentale, proponiamo dunque la Quinta Acquisizione che
consiste nel prendere in considerazione l’esistenza di una pieve, la Pieve
di Cornia, collocabile sulla destra Cordevole, attorniata da un proprio
territorio, la Val di Cornia. Pur rendendoci conto che questa pieve
sembra non aver lasciato alcuna traccia nella storia ecclesiastica bellunese, pensiamo
che ciò possa costituire un tema di necessaria ricerca ricco di possibili ed
interessanti approfondimenti (e forse di sorprese).
Proseguendo con l’impostazione
data finora, introduciamo un nostro ampliamento al quinto elemento:
ipotizziamo cioè che la Val di Cornia si
estendesse dalla zona compresa tra il monte Vedana a nord, le Masiere di
Gron-Vedana a sud, il torrente Cordevole ad est e il corso del torrente Mis ad
ovest; arriviamo inoltre a proporre che il territorio della Pieve di
Cornia comprendesse, oltre alla Val di Cornia, anche i Monti
del Sole, tra la Val del Mis e la Val del Cordevole fino ad Agre-Val
Pegolera, con i relativi ‘abitanti’, presumibilmente stagionali.
6.
SINTESI FINALE:
Il quadro conclusivo
fa proprie le cinque Acquisizioni e contemporaneamente definisce un
possibile rapporto intercorrente tra le due realtà indicate dai toponimi.
Tale
quadro si concreta nel:
Ø
sostenere l’esistenza, nel secolo XII,
Ø
sulla destra Cordevole,
Ø
di un villaggio chiamato Cordovol (Cordoval,
Cordova, Cordouua, Cordua),
Ø
circondato dal relativo territorio, e cioè
dalla Val di Cornia.
Ø
Cordovol doveva ospitare al suo
interno, o nei suoi immediati dintorni, una pieve, la Pieve di
Cornia;
Ø
il villaggio doveva essere posto alla
base del monte Martiniano (o Marziano o Marciano), ora detto monte
Vedana e,
Ø
con una certa tolleranza, occupava la zona che
attualmente va, in senso est-ovest, dalla Certosa di Vedana fino alla strada
per la frazione le Rosse;
Ø
il monte dirupò, in parte, per l’esteso terremoto
del 1117 (o del 1114):
Ø
la frana seppellì il ricco villaggio di Cordovol,
con la sua Pieve (di
Cornia) e con tutti i suoi abitanti.
Ø
I reperti archeologici attestano nei dintorni di
Cordovol, e cioè degli attuali Certosa di Vedana e s.
Gottardo una presenza umana ‘romanizzata’, fin dai primi secoli dopo
Cristo.
Ci rendiamo conto come l’aver
proposto l’esistenza di una pieve non documentata sia un notevole azzardo
ricostruttivo: solo così però risulta comprensibile perché
in alcuni scritti dicendo Cornia e/o Cordova, sembra si volesse indicare una
medesima realtà geografica, mentre in altri, dicendo Cornia e Cordova si
intendesse riferirsi a due differenti realtà sociali; in
altre parole è come se le fonti storiche indicassero laicamente
il ‘villaggio’, mentre le fonti popolari, che hanno tramandato
leggende alimentate dalla partecipazione alla vita parrocchiale, ricordassero religiosamente
la ‘pieve’.
A conclusione del nostro
ragionamento, per chiarire meglio la nostra posizione sul procedimento
argomentativo utilizzato, affermiamo che il quadro conclusivo proposto
non costituisce una ricostruzione storica (altrimenti esso dovrebbe trovare
il suo fondamento esclusivo nelle fonti documentali: questo modo di
procedere garantisce infatti agli storici affermazioni più prudenti e quindi
meno ipotetiche); siamo invece coscienti che la nostra proposta presenta, da
una parte, alcune affermazioni non documentate ma, dall’altra,
propone un ‘modello’ della situazione che ottimizza e
armonizza gli apporti delle tradizioni, dei documenti, delle leggende e della
geologia coordinandoli, come si diceva all’inizio, in un quadro il più
possibile coerente; ciò costituisce una ‘rete’ di dati
interrelati che permette di colmare eventuali lacune conoscitive; le manchevolezze
esistenti potrebbero essere imputabili solo a carenza di documentazione e
dovrebbero quindi servire da guida ad altre verifiche geomorfologiche e
da stimolo ad ulteriori indagini sia archivistiche che archeologiche.
La
ricerca è aperta a tutti i contributi…
g.f.
La zona di Vedana: Carta del Lombardo Veneto (1856)
I reperti di pag. 6 sono depositati
al Museo Civico di Belluno
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Le foto delle mappe proposte a pag. 9 sono tratte dal libro di Gino Tomasi dal titolo
’IL TERRITORIO TRENTINO-TIROLESE NELL’ANTICA CARTOGRAFIA’
Priuli e Verlucca Editori – 1997
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