NUMERO SPECIALE INTERAMENTE DEDICATO AL
MESOLITICO NELL’AGORDINO
a cura di alberto bertini e del gruppo arca
IL MESOLITICO NELL’AGORDINO
a cura di Alberto Bertini
Con il termine Mesolitico, coniato agli inizi del 1900, si intendono quei complessi che possono essere attribuiti al periodo compreso tra la fine del Paleolitico Superiore ed il Neolitico e cioè, per l’Italia settentrionale, dai 10000 ai 6500 anni dal presente. Per complesso si intende definire quell’insieme di fattori caratterizzanti sia gli aspetti materiali delle industrie litiche, che i modi di sopravvivenza, che le manifestazioni cultuali e artistiche di un determinato periodo.
Questo periodo dura alcuni millenni nel corso dei quali gli ultimi gruppi di cacciatori-raccoglitori mostrano progressivi adattamenti alle mutate condizioni climatiche che si sono instaurate circa 10000 anni fa nel continente europeo al termine dell'ultima era glaciale detta wurmiana. Il periodo geologico corrispondente a questa fase viene indicato con il termine Olocene. Alla fine della glaciazione, che nella zona agordina e dolomitica in generale termina circa 13000 anni fa, segue un periodo di miglioramento climatico che porta la zona a condizioni simili alle attuali e, per l’uomo, a importanti modifiche nelle zone alpine: nuovi spazi liberati dalle lingue glaciali che si spingevano verso la pianura possono essere quindi colonizzati; la vegetazione subisce graduali trasformazioni: specie vegetali tipiche di steppa e tundra sono sostituite da foreste che aumentano così la loro estensione. Questo cambiamento porta ad un incremento di quelle specie animali, come caprioli, cervi, cinghiali, il cui ambiente ideale è rappresentato da foreste. Altri fenomeni legati al ritiro dei ghiacci nelle vallate di alta quota possono invece opporsi alla penetrazione di uomini ed animali in questi territori: si tratta delle gigantesche frane che si staccano dalle pareti rocciose, una volta terminata la spinta dei ghiacci sui fianchi delle montagne. Esempi di questo tipo non mancano certo in Agordino, come al Col dei Pass, colle costituito da frane staccatesi dai fianchi della Moiazza, la frana di Peden vicino a Taibon, dove la lingua del ghiacciaio della valle di San Lucano confluiva in quella del Cordevole, la frana ai Piedi del Piz Guda vicino a Malga Ciapela, ecc.
Per considerare gli spostamenti dei gruppi di cacciatori mesolitici nel nostro territorio, bisogna cercare di ricostruire, ove possibile, le condizioni morfologiche delle vallate dolomitiche: ad esempio, circa 9850 anni fa (datazione ottenuta con Carbonio14) si mette in moto la grande frana che, dalla zona del Pralongià, arriva a lambire l’abitato di Corvara in Val Badia: ulteriori movimenti sono riferibili a circa 4800, 3800 e 2300 anni fa. Questo vuol dire che il collegamento tra Agordino e le zone settentrionali delle Dolomiti era probabilmente possibile solo attraverso quote elevate, come ad esempio l’Altopiano di Cherz o il Pralongià. (A. Corsini et alii, ’Dinamica olocenica dei versanti di Corvara in Badia’, 8° Convegno Glaciologico italiano).
Circa 8900 anni fa (anche se esiste nella datazione uno scarto di +/- 1100 anni) nella Valle del Mis una grande frana scesa dal Monte Colentas, nel gruppo del Piz di Mezzodì, sbarra il torrente Mis e crea un lago di discrete dimensioni che occupa il fondovalle nella zona dell’attuale frazione di Bitti. ( G.B. Pellegrini – geomorfologia della Valle del Mis, Feltre 2001).
Per quanto riguarda la vallata agordina vale la pena di ricordare che la conca di Agordo era occupata da un grande lago, causato dallo sbarramento del torrente Cordevole ad opera dei grandi conoidi dei torrenti Missiaga e Bordina. Il ritrovamento di tronchi d’albero ancora in posizione di crescita tra sedimenti lacustri, ha permesso di assegnare a questo bacino un’età di 5870 +/- 75 anni da ora.
L'Olocene inizia con il Preboreale, caratterizzato da clima arido-temperato, cui viene attribuita un età corrispondente a 10200 - 8700 anni dal presente. Alla fine di questo periodo le foreste si espandono soprattutto nell'arco alpino. Tra 8700 e 7500 anni fa il clima cambia e diventa caldo- secco: a questa fase climatica viene dato il nome di Boreale.
L'ultimo periodo dell'Olocene viene definito Atlantico e va da circa 7500 a 4500 anni fa: è caratterizzato da clima caldo-umido e corrisponde, per l’Italia settentrionale, alla fase finale del Mesolitico e alle prime manifestazioni del Neolitico.
SCENA DI CACCIA AI CERVI DAL RIPARO DELL’ARAÑA ( Spagna)
(da Hernandez Pacheco)
La scena evidenzia come nelle battute di caccia del mesolitico
sia già in uso l’arco
Durante il Mesolitico continuano quelle tecniche caratteristiche di lavorazione della pietra (selci, diaspri, cristalli di rocca) che, già acquisite nel precedente Paleolitico Superiore (Epigravettíano), portano ad una riduzione delle dimensioni degli strumenti litici, con comparsa del cosiddetto ritocco bipolare e della tecnica del microbulino. I cambiamenti climatici portano anche ad un aumento delle risorse naturali a disposizione dei gruppi di cacciatori-raccoglitori: nelle aree montane si cacciano grandi e piccoli mammiferi (resti di marmotte sono stati rinvenuti tra i cibi nel sito di Plan de Frea in Alto Adige), si raccolgono vegetali e molluschi e ci si dedica all'uccellagione. In pianura la pesca viene praticata in maniera sistematica dalle genti mesolitiche (es. laguna di Venezia). Durante il periodo estivo i gruppi, che risiedevano stabilmente in ripari sotto roccia nei fondovalle durante i mesi invernali, si spostano nelle aree montane per cacciare grossi branchi di mammiferi (caprioli, cervi, stambecchi).
Gli insediamenti mesolitici montani estivi si sono rivelati essenzialmente di due tipi: o campi residenziali, quasi sempre collocati su dossi vicino a laghetti, utilizzando a volte anche massi aggettanti che offrivano riparo e protezione, o bivacchi di caccia, posti in posizioni strategiche, nei pressi di forcelle, pozze d'acqua, passaggi obbligati per la selvaggina; in questi ultimi siti, percentualmente, si sono rinvenuti meno strumenti simili a quelli ritrovati negli accampamenti del fondovalle mentre numerose compaiono le cosiddette armature, cioè selci da inserire sulle punte dell’asta delle frecce, fissati con miscugli di resina e argilla.Nell'Italia settentrionale, per quanto riguarda le tecniche di lavorazione della selce, si distinguono due periodi, il Sauveterriano, corrispondente alle fasi climatiche del Preboreale e Boreale, e il Castelnoviano che corrisponde invece alla fase detta Atlantico.
Ecco una sintesi temporale delle caratteristiche dell’industria litica:
FASE |
ETA' |
CARATTERISTICIIE |
Sauveterriana antica |
7950 - 7400 a.C. |
Armature triangolari di forma isoscele a tre lati ritoccati; lamelle a dorso e troncatura |
Sauveterriana media |
7400 - 6550 a. C. |
Associazione dì armature (segmenti di cerchio, triangoli e punte a due dorsi allungati) |
Sauveterriana recente |
6550 - 6200 a. C. |
Armature triangolari (triangoli scaleni ) |
Sauveterriana finale |
6200 - 5800 a. C. |
Armature triangolari di forma scalena allungata. I lati sono ritoccati. Punte corte a base larga a due dorsi |
Castelnoviana antica e media |
5800 - 4500 a. C. |
Armature trapezoidali e lame lenticolari |
Pre-neolitica antica o Castelnoviana finale |
Circa 4500 a. C. |
Comparsa delle prime ceramiche a fianco dell’industria litica. |
RITROVAMENTI DEL GRUPPO ARCA
EFFETTUATI A PASSO VALLES, PIAN DELLA LORA,
FORCELLA ALLEGHE E FORCELLA CESURETTE.
Nell'Agordino e zone limitrofe sono stati segnalati e pubblicati ben 20 siti mesolitici: uno di questi, in particolare, ha restituito reperti di eccezionale valore ed interesse scientifico. Si tratta del sito di Mondeval de Sora, attribuito dagli archeologi alla fase Castelnoviana del Mesolitico recente. Numerosi altri ritrovamenti, rappresentati da lame, lamelle, geometrici triangolari e trapezoidali sono stati effettuati nel corso degli ultimi decenni sui passi oppure in prossimità di pozze o piccoli laghi che dal Trentino portano nella Valle del Cordevole.
Il gruppo Archeologico ARCA ha deciso quindi di approfondire le ricerche in Agordino, partendo da indicazioni reperibili nella specifica bibliografia e analizzando nuove zone che si prestano per le loro caratteristiche ad essere sede di ulteriori ritrovamenti. La campagna di ricerche si è svolta prevalentemente durante l'anno 2002, con numerose escursioni soprattutto verso la fine dell'estate. Queste indagini hanno permesso di confermare la presenza dell'uomo mesolitico nelle località già note e di scoprire nuove tracce in altri siti ubicati in territorio agordino.
PASSO VALLES
Il passo Valles (m.2031) mette in comunicazione la valle del Biois con il Trentino: è insellato sulle rocce rossastre appartenenti alle cosiddette Arenarie della Val Gardena. Si tratta di sabbie che derivano dall'erosione, avvenuta circa 260-250 milioni di anni fa, dei rilievi formati dai porfidi della piattaforma porfirica atesina, un'enorme caldera vulcanica che si estendeva dalla conca di Bolzano fino alle vicinanze di Trento. La parte più orientale di questo edificio vulcanico arrivava fino all'Agordino: si tratta dei porfidi rosso-violacei che formano il gruppo Cima Bocche, Col Margherita, Cima Pradazzo, a ovest del Passo Valles.
schegge di lavorazione della selce di Passo Valles
I quattro siti scoperti nell'estate 2002 dai soci dell'ARCA, a poca distanza dalle selci ritrovate anni fa, si collocano infatti in corrispondenza di avvallamenti legati all'azione glaciale sui porfidi: in prossimità di queste depressioni, peraltro numerose in tutta l’area, l'acqua può ristagnare e dare origine a pozze di discrete dimensioni, utilizzate dagli animali per abbeverarsi. Nella zona a sud della Casera Pradazzo, sono stati trovati strumenti in selce marrone ai bordi di una depressione che, nonostante i vistosi fenomeni di interramento, anche oggi si riempie d'acqua nei periodi particolarmente piovosi. Altri manufatti in selce sono stati trovati nei pressi dello stagno ubicato ai bordi della strada sterrata che porta dal passo al lago di Cavìa, al confine tra la provincia di Trento e quella di Belluno, sia sulla sommità di un piccolo rilievo dominante da sud ovest lo stagno tuttora ricco d'acqua sia su di un pianetto a sud est dello stesso. Ulteriori ricerche hanno permesso di trovare un altro sito in vista della medesima pozza, nei pressi di un ripiano parzialmente nascosto, dove passa il sentiero-scorciatoia che sale dalla Casera Pradazzo all'omonima forcella. Le selci rinvenute si trovavano in superficie: i siti sono stati comunque più volte rimaneggiati a causa dei lavori per la costruzione della vecchia sciovia. La zona in questione si prestava bene ad essere utilizzata dagli uomini del mesolitico in quanto, oltre ai numerosi piccoli bacini legati alla morfologia glaciale, si trova in posizione molto panoramica dominante le vallate trentine fino ai Lagorai.
PIAN DELLA LORA
Questa località, situata nel gruppo del Civetta, era nota agli archeologi già da un paio anni per il ritrovamento di un discreto numero di manufatti in selce ad opera di P. e N. Cesco-Frare (ne “I monti della preistoria” - Le Dolomiti Bellunesi, Natale 2000). Verso la fine dell'estate 2002 sono state effettuate dal gruppo ARCA alcune escursioni nella zona alla ricerca di ulteriori testimonianze della presenza umana nel gruppo dolomitico del Civetta. Casualmente all’inizio sono state rinvenute selci di colore marrone su un'altura a quota 1920 metri, in prossimità di un dosso dominante la conca del Pian della Lora.
Lamelle staccate dal nucleo e pronte per essere
trasformate in strumenti e armature.
Un'altra piccola selce è stata rinvenuta in prossimità di un masso dolomitico all'estremità di un ripiano in cui abbondano depositi palustri, spesso saturi d'acqua. Questo ripiano è impostato su terreni appartenenti alla formazione geologica di Raibl, avente un'età di circa 223 milioni di anni, formata in prevalenza da rocce terrigene derivanti dall'erosione di rilievi emersi in quei tempi lontani, nell'area dolomitica. Nella zona del Pian della Lora, così come alla vicina Forcella del Col Rean, questa formazione geologica possiede un elevato contenuto di matrice limoso-argillosa per cui tende a formare depressioni impermeabili in cui l'acqua, anche se per brevi periodi, può accumularsi. E' proprio in prossimità di due piccole pozze d'acqua, rilevate rispetto al fondovalle, che nell’ultima uscita autunnale in zona sono state rinvenute dai soci dell'ARCA numerose piccole schegge di lavorazione e alcuni strumenti in selce, a testimonianza di una presenza stagionale stabile in questo luogo. Questo ripiano costituisce un ottimo punto per un eventuale accampamento di caccia in quanto è in posizione dominante, ma riparato, sul Pian della Lora, un bacino la cui origine è legata ad escavazione glaciale, sbarrato verso nord da un imponente apparato morenico. La presenza di questi fattori permette alle acque di fusione e meteoriche di accumularsi e dare origine a laghi che, a seconda dei periodi, possono avere notevole estensione.
La Lora, che dà il nome alla conca, è un inghiottitoio carsico ben visibile a nord del ripiano, ricoperto da ingenti spessori di argille: spesso il foro si ostruisce contribuendo al mancato deflusso delle acque e al conseguente formarsi di un lago effimero.
FORCELLA ALLEGHE
La Forcella d'Alleghe corrisponde ad una depressione valliva di origine glaciale tra le ripide pareti dolomitiche del Monte Coldai e la dorsale del Col di Baldi-Roa Bianca. Nei pressi della forcella, dalla parte zoldana, esisteva in passato un laghetto di modeste dimensioni, come testimoniato dai depositi palustri di discreto spessore che oggi occupano la zona. Il sito di età mesolitica, già individuato da Cesco Frare, Mondini e Villabruna, è ubicato proprio ai bordi sopraelevati di questa piccola conca, utilizzata in passato come luogo di abbeveraggio dagli animali. La visita alla forcella, da parte di soci dell’ARCA assieme a P. e N. Cesco Frare nel mese di settembre 2002, ha permesso il ritrovamento nel sito già noto di una quindicina di schegge di selce e, dalla parte agordina della forcella, di un cortice di arnione con evidenti tracce di selce.
FORCELLA CESURETTE
La Forcella Cesurette (m. 1801) è un'ampia depressione tra le valli glaciali di Gares e di San Lucano. Notizie su ritrovamenti di materiale preistorico su questo valico risalgono all'anno 2000, quando un articolo di Cesco-Frare e Mondini apparso sulla rivista ‘Le Dolomiti Bellunesi’, porta a conoscenza dei lettori il rinvenimento occasionale ad opera di un escursionista di Treviso di un nucleo di selce con scheggiatura caratteristica del periodo. Alcuni soci dell' ARCA, nella stessa estate, a conferma di antica presenza umana nel Mesolitico, hanno ritrovato alcune schegge di lavorazione di selce, portate in superficie dal calpestio degli animali poste sulla sommità di un piccolo rilievo sito in posizione dominante (Fig 4).
Alberto Bertini
SITI MESOLITICI DELL’AGORDINO
CITATI IN PUBBLICAZIONI (tav. 1):
LOCALITÀ QUOTA (m.s.l.m.) |
STRUMENTI |
NOTE |
BIBLIOGRAFIA |
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1
|
Lago Valparola tra m.2140 e m.2150 (m.2192) |
Manufatti in selce e cristallo di rocca della Val Pusteria |
2 siti mesolitici del SAUVETERRIANO |
Guide naturalistiche delle Alpi Venete . Itinerario 4, 1991.Broglio-Corai Val parola, in Preistoria Alpina, 16, 1980. |
2
|
Passo Campolongo m.1875 |
MESOLITICO INDETER- MINATO |
Guide naturalistiche delle Alpi Venete . Itinerario 1, 1988. |
|
3 |
Monte Cherz m.2035 |
MESOLITICO INDETER- MINATO |
Cesco-Frare, Mondini Quaderni di Archeologia del Polesine, Vol II, 2001 |
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4 |
Passo Falzarego m.2200 (m.2105?) |
Litotecnica laminare |
Il sito è stato scoperto nel giu-lug 1981. Grosso masso di frana con parete aggettante ( forse resti di ossa animali combuste) |
Bagolini, Loss, Nisi Preistoria Alpina, AA.VV. Immagini dal tempo. Comune di Belluno, 1992 |
5 |
Passo Giau 1 m. 2300 |
MESOLITICO INDETER- MINATO |
Bagolini, Loss, Nisi Preistoria Alpina, AA.VV. Immagini dal tempo. Comune di Belluno, 1992 |
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6 |
Passo Giau 2 m. 2200 |
Manufatti vari, geometrici triangolari |
SAUVETERRIANO |
Mondini, Villabruna Sepolture preistoriche nelle dolomiti. Atti del Convegno della Fondazione Angelini, 1994. |
7 |
Mondeval de Sora m.2150 |
Sepoltura mesolitica con corredo, Altri 15 siti in zona |
Eccezionale conservazione di materia organica CASTELNOVIANO |
Guide naturalistiche delle Alpi Venete . Itinerario 1, 1988. |
8 |
Forcella Pecol m.1789 |
CASTELNOVIANO |
Mondini, Villabruna La preistoria nella Provincia di Belluno, Verona 1988 |
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9 |
Forcella Alleghe m.1816 |
1 lama in selce, 2 lamelle in selce, 2 trapezi, 3 frammenti, lame con ritocco |
Forcella con ampie depressioni paludose. Resti di antiche pozze CASTELNOVIANO |
Mondini-Villabruna. Tracce di Cacciatori Mesolitici in Provincia di Belluno. Dolomiti 1982 |
10 |
Lago Coldai m.2190 |
1 lamella grigia lunga cm. 3 |
Lago glaciale sostenuto da morena MESOLITICO INDETER- MINATO |
Mondini-Villabruna. Tracce di Cacciatori Mesolitici in Provincia di Belluno. Dolomiti 1982 |
11 |
Passo Coldai |
MESOLITICO INDETER- MINATO |
Mondini, Villabruna La preistoria nella Provincia di Belluno, Verona 1988 |
CITATI IN PUBBLICAZIONI (tav. 2):
LOCALITÀ QUOTA (m.s.l.m.) |
STRUMENTI |
NOTE |
BIBLIOGRAFIA |
|
12 |
Forcella Staulanza m. 1773 ( m.1933?) |
1 lama cm. 5, margine senza ritocco 1 microlamella, 1 pseudo-geometrico, 7 schegge |
Strumenti rinvenuti durante i lavori di allargamento della strada statale Frustoli carboniosi MESOLITICO INDETER- MINATO |
Mondini-Villabruna. Tracce di Cacciatori Mesolitici in Provincia di Belluno. Dolomiti 1982 AA.VV. Immagini dal tempo. Comune di Belluno, 1992 |
13 |
I Lac – Monte Pelmo m.1980 |
Strumenti in selce e diaspro, Geometrici triangolari |
Sito SAUVETERRIANO. Comune di Zoldo Alto |
Cesco-Frare, Mondini. I Monti Della Preistoria. Le Dolomiti Bellunesi, Natale 2000. |
14 |
Casere Ru Torto – Monte Pelmo |
Manufatti in selce |
MESOLITICO INDETER- MINATO |
Cesco-Frare, Mondini in Quaderni di Archeologia del Polesine, vol II, 2001 |
15 |
Passo San Pellegrino |
AA.VV. Immagini dal tempo. Comune di Belluno, 1992 |
||
16 |
Passo Valles m. 2031 |
SAUVETERRIANO? |
AA.VV. Immagini dal tempo. Comune di Belluno, 1992 |
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17 |
Pian della Lora (Civetta) m.1930 |
Una quindicina di manufatti in selce grigia, nocciola e marrone della Val Belluna |
Bivacco Punto di avvistamento CASTELNOVIANO |
Cesco-Frare, Mondini. I Monti Della Preistoria. Le Dolomiti Bellunesi, Natale 2000 |
18 |
Col Del Camp m.1840 |
1 lamella in selce marrone |
Comune di Taibon MESOLITICO INDETER- MINATO |
Cesco-Frare, Mondini. I Monti Della Preistoria. Le Dolomiti Bellunesi, Natale 2000 |
19 |
Forcella Cesurette m. 1801 |
Nucleo di selce con scheg - giatura |
Rinvenuta dal sig. Zandò di Treviso MESOLITICO INDETER- MINATO |
Cesco-Frare, Mondini. I Monti Della Preistoria. Le Dolomiti Bellunesi, Natale 2000 |
20 |
Forcella Aurine m.1299 |
77 selci, 80 residui di lavorazione |
Pozze paludose (prosciugate), tracce di focolari. Scavo cm.40x cm.40 CASTELNOVIANO? |
Mondini-Villabruna. Tracce di Cacciatori Mesolitici in Provincia di Belluno. Dolomiti 1982 |